Diritto internazionale dei diritti umani e dei conflitti armati: guerra e pace
Colombia: la guerra senza fine :: Studi per la pace  
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ultimo aggiornamento: 12.03.2008
   
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Colombia: la guerra senza fine
Paper

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cfr, anche il rapporto AMR 23/019/2005 di Amnesty International
dd. 1 settembre 2005
(in allegato in lingua inglese) Pubblicazioni
Centro italiano Studi per la pace
www.studiperlapace.it - no ©
Documento aggiornato al: 2005

 
Sommario

A pochi mesi dalle prossime elezioni, si tirano le somme dei risultati raggiunti dal governo del presidente colombiano Alvaro Urìbe. Nel 2002, in occasione della festa per l'insediamento del nuovo presidente, un attentato del gruppo di rivoluzionari delle Fuerzas Armadas Revolucionarias (FARC) ha provocato decine di morti e feriti. La rielezione del presidente oggi provocherebbe la stessa reazione?

 
Indice dei contenuti
 
1. Introduzione
2. Armamento di civili
3. La smobilitazione
4. Le libertà stroncate
5. Narcotraffico
6. Rapporti internazionali
7. Conclusioni
 
Abstract
 

Introduzione

La Colombia è da quaranta anni in guerra. Quaranta. La quantità di scempi, omicidi, sequestri di cui il paese è stato ed è tuttora testimone è così ampia da renderne impossibile una stima certa.

Il numero delle vittime dovrebbe aggirarsi attorno ai 300.000. In base all'ultimo rapporto di Amnesty International, negli ultimi 20 anni di conflitto sono morte almeno 70.000 persone, di cui la maggior parte civili. Quasi tre milioni di persone sono state costrette a rifugiarsi ( solo 280.000 nel 2004). Decine di migliaia di civili sono stati torturati e sequestrati. Lo stesso rapporto sostiene che la maggior parte degli omicidi e dei sequestri è opera dei paramilitari appoggiati dall'esercito.

All'origine di questo conflitto, praticamente l'ultimo in una America Latina quasi del tutto pacificata, vi è una enorme disparità sociale tra classi dirigenti e popolazione, che aveva già provocato gravissime violenze diversi anni prima dell'inizio "ufficiale" delle ostilità.

Alla base del conflitto ci sono gli scontri tra Esercito, milizie paramilitari (come le Autodifese Unite della Colombia - AUC) e gruppi armati di opposizione, esistenti sin dal 1950, quando durante una cruenta guerra civile tra conservatori e liberali si sono creati i due maggiori gruppi di guerriglia tuttora attivi: le Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia (FARC), che si calcola contino circa 20.000 combattenti, e l'Ejercito de Liberacion Nacional (ELN), con circa 4.000 combattenti. Anche i gruppi guerriglieri, cosi come esercito e paramilitari, sono responsabili di gravi infrazioni del diritto internazionale umanitario, colpevoli di abusi, omicidi di civili e sequestri.

Armamento di civili

Il governo ha reagito ai gruppi di guerriglieri promulgando un decreto (il 3.398 del 1965, convertito nella Legge 48 tre anni dopo) che permetteva all'esercito di creare gruppi di civili armati per perpetuare operazioni congiunte di "contro-insurrezione".

Le forze armate che si sono create a seguito di questo provvedimento, le suddette milizie paramilitari, hanno portato avanti una serie di operazioni in violazione con i diritti dei civili in nome di una millantata lotta contro la guerriglia. Molti membri delle elitès politiche ed economiche, soprattutto i possidenti terrieri e gli impresari agro-industriali, tollerano e a volte appoggiano la formazione di questi gruppi armati per parte dell'esercito perché necessari per impedire che la guerriglia sequestri le loro imprese e i loro terreni.

La smobilitazione

Da due anni il governo Urìbe ha intrapreso più attentamente un dialogo con le diverse forze paramilitari, prevedendo la loro smobilitazione entro la fine del 2005. Alla fine del 2004 cinque blocchi paramilitari hanno consegnato le armi. Ma la guerra è lontana dalla tregua: "il serpente è ancora vivo", detto con le parole del presidente.

Il rapporto di Amnesty International diffuso il 01/09/2005 dal titolo "Paramilitari a Medellìn: smobilitazione o legalizzazione?", mostra come la strategia di smobilitazione decisa dal governo della Colombia minacci di consolidare il paramilitarismo e tutto ciò che ne consegue: omicidi, sequestri e torture continuano ad essere compiute in quasi totale impunità. Dei quasi 6.000 paramilitari smobilitati dal 2003, solo 25 sono detenuti per le atrocità commesse. A Medellìn il Bloque Cacique Nutibara (BCN), uno dei gruppi militari smobilitati, continua ad agire come una forza militare, uccidendo e minacciando difensori dei diritti umani. Più che operare in gruppi ampi, i paramilitari di oggi si presentano come informatori dell'esercito o agenzie di sicurezza private.

Secondo il rapporto il principale difetto del processo di smobilitazione è costituito dalla "legge di giustizia e pace", varata da poco più di un mese, che intende regolare la smobilitazione, garantendo ai membri dei gruppi illegali che "smobilitano" significative riduzioni di pena. Dalla legge hanno già tratto beneficio migliaia di sospettati autori di violazioni dei diritti umani. Nel paese si è aperta la strada al riciclaggio dei paramilitari. Non prevedendo nessuna politica contro il reclutamento dei paramilitari, la legge non impedisce che alla smobilitazione segua un nuovo reclutamento dei migliori offerenti.

Con il rapporto, Amnesty International si rivolge alla comunità internazionale affinché non fornisca sostegno politico ed economico al processo di smobilitazione fino a quando il governo colombiano non introdurrà un apparato legale per la smobilitazione dei gruppi armati illegali conforme agli standard del diritto internazionale in materia di verità, giustizia e riparazione.

Le libertà stroncate

Le forze di sicurezza colombiane hanno adottato una strategia di "contro-insurrezione" che tende a considerare le vittime delle zone di conflitto non come vittime dei gruppi di guerriglia bensì come parte del nemico, simpatizzanti della guerriglia; difensori dei diritti umani, sindacalisti, giornalisti e attivisti sociali vengono continuamente perseguitati, così come le comunità civili colpevoli solo di abitare in zone considerate di importanza militare o economica.

Parte integrante di questa strategia è ancora una volta l'uso di civili armati come forze ausiliari. Per proteggersi da queste violente e ingiuste persecuzioni gruppi di civili si sono uniti dando vita a delle comunità, chiamate "comunità di pace", che non appoggiano nessuna fazione: né con i paramilitari, né con la guerriglia, né con l'esercito: solamente difesa del diritto alla neutralità.

La Comunità di pace di S. Josè di Apartado, in Urabà, ne è un esempio. Quando è stata fondata, nel 1997, i leader avevano richiesto al governo protezione affinché nessuna formazione armata entrasse nel loro territorio. E' un eufemismo dire che l'impegno del governo è stato scarso. Dal 1997 ad oggi sono state assassinate circa 160 persone appartenenti alla comunità. 160 in otto anni. L'ultimo scabroso fatto risale al 21 febbraio scorso, quando una fazione armata, identificata come la Brigata XVII dell'Esercito Governativo, si è insediata nella comunità e ha assassinato otto persone, tra cui tre bambini. Tra le vittime, il leader di S.Josè Luis Eduardo Guerra, che nel Luglio 2004, durante il Foro Sociale delle Americhe a Quito, aveva affermato:" che senso hanno gli hotel di lusso, gli esperti delle Ong e tanti intellettuali, che senso ha tutto ciò per noi che abbiamo così bisogno che ci aiutiate a non morire?!". L'appello è caduto nel vuoto. Cristiano Morsolin, in un articolo riportato da Narcomafie di Giugno del 2005, racconta come i familiari hanno dovuto cercare i corpi delle vittime, massacrate e abbandonate nei boschi, seguendo i voli concentrici degli avvoltoi. Morsolin si è affrettato a rendere noto il fatto alla Comunità europea, dal momento che la stampa colombiana taceva sull'accaduto. Un documento firmato da 60 europarlamentari della 'sinistra unita europea' è stato stilato per denunciare il triste evento. Il giornalista italiano, a seguito della denuncia, è stato costretto ad abbandonare in fretta il paese, perché il rischio di un attentato nei suoi confronti era altissimo.

Il Comitato per la protezione dei Giornalisti rivela che la Colombia è il secondo paese più pericoloso al mondo (dopo l'Algeria) per chi si occupa di informazione. Il lavoro del giornalista in Colombia è da tempo nella mira di gruppi criminali, guerriglieri, paramilitari, narcotrafficanti e politici corrotti. La libertà di stampa è sotto minaccia costante. Più di 120 sono i giornalisti uccisi negli ultimi 10 anni.

Narcotraffico

Primo produttore al mondo di cocaina, seguito con notevole distacco dal Perù e dalla Bolivia, la Colombia è responsabile della maggior parte della somministrazione mondiale di questa sostanza, di cui statunitensi ed europei sono i maggiori acquirenti.

Il commercio di cocaina è sorto tra la fine degli anni '70 e l'inizio degli anni '80. In quegli anni la maggior parte del traffico di cocaina stava in mano a due cartelli: quello di Medellìn e quello di Calì. I cartelli si servivano di bande di pistoleri pagati dai leaders del traffico per proteggere i propri loschi affari.

Questi gruppi di sicari furono i precursori di molti dei gruppi paramilitari sorti negli anni '90; spesso i motivi delle stragi di civili si mescolavano in un'ingarbugliata, sordida matassa: civili uccisi perché sospetti di possedere coltivazioni utili o, perché no, sospetti di aiutare la guerriglia. Ecco che narcotraffico e guerra si intrecciano per irrobustire le violenze colombiane.

Sebbene il narcotraffico ha aiutato ad alimentare il conflitto, non si può dire che è la causa principale di questo.

Eppure aerei dell'esercito ogni giorno spargono erbicidi sulle piantagioni di coca: nell'ultimo anno 135.000 ettari di terreno sono stati resi inutilizzabili; 148 tonnellate di cocaina e quasi 2.000 laboratori sono stati scoperti e distrutti. I danni purtroppo si estendono anche a polli, mucche e altre piante, irrimediabilmente danneggiati dai veleni.

Nonostante gli ingenti avvelenamenti, il prezzo di un grammo di coca non è aumentato né a New York, né a Londra, né a Barcellona. Perché? Sembra che i coltivatori abbiano escogitato un metodo per produrre la stessa quantità di sostanza su superfici più piccole, è bastato selezionare piante più alte e metterle più vicine l'una all'altra.

Rapporti internazionali

La posizione strategica della Colombia, confinante con il Venezuela, l'Ecuador, il Brasile e unico sbocco verso Panama, rende il paese una delle mete più ambite per gli investimenti delle compagnie petrolifere internazionali. Non pochi sono stati i sostegni economici per incentivare le esportazioni colombiane.
Urìbe ha ereditato dal suo predecessore Andrès Pastrana la strategia denominata Plan Colombia, adottata per la prima volta nel 2001.

Questo programma persegue diversi obiettivi: la lotta al narcotraffico e alla guerriglia, il finanziamento della politica nazionale, la difesa dei diritti umani e l'incentivazione allo sviluppo economico. Washington ha da sempre finanziato il programma, e sino ad oggi sono stati investiti più di tre miliardi di dollari statunitensi.

Il Plan, che si concluderà entro la fine del 2005, è ora affiancato da una nuova strategia (iniziata nell'Aprile del 2004) che lo andrà a sostituire all'inizio del prossimo anno: il Plan Patriota.

Quest'ultimo programma si concentra soprattutto sulla lotta alla guerriglia e contro le Farc. Grazie anche agli stanziamenti americani, Urìbe ha inasprito la sua politica di lotta alla guerriglia e ha trasformato il suo esercito demoralizzato in una macchina da guerra, ricacciando i guerriglieri nelle foreste vergini. Il piano, seguendo i precetti della statunitense Dottrina della Sicurezza Nazionale, per sconfiggere il nemico irregolare sta eliminando le basi sociali di appoggio e consenso alla guerriglia.

Conclusioni

Nonostante la maggior parte dei problemi non siano stati risolti, alcuni obiettivi prefissati dalla presidenza Urìbe sono stati in parte raggiunti: la smobilitazione dei paramilitari, nonostante le numerose carenze legislative, è stata avviata; l'economia è in crescita.

A tre anni dall'insediamento, il presidente gode secondo i sondaggi di una popolarità che sfiora il 70%. "E' un circolo vizioso: Uribe é molto popolare perché i media sono con lui e i media sono con lui perché é molto popolare", ha affermato in un'intervista al quotidiano locale El Tiempo Daniel Coronel, uno dei tanti giornalisti costretti a lasciare il paese per le continue minacce ricevute.

Comunque andrà, che sia rieletto Urìbe o che vinca qualcun'altro, il nuovo governo si troverà di fronte a una situazione catastrofica. Mai furono più profetiche le parole di Gabriel Garcìa Màrquez, che nel 1989 ( e sono passati 16 anni!!) scrisse:

"...tutto fa pensare che la guerra sarà lunga, disastrosa e senza avvenire. E, la cosa peggiore: senza alternative. A meno che non se ne presenti una imprevista e felice: una di quelle stravaganze illuminate che tante volte hanno salvato l'America Latina dalla dissoluzione finale. Se non è il dialogo, potrebbe essere qualsiasi altra, purchè non costi la vita a nessuno. Speriamo solo che, prima che termini questa guerra senza fine, non sia il paese stesso a finire."

 
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