Diritto internazionale dei diritti umani e dei conflitti armati: guerra e pace
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ultimo aggiornamento: 12.03.2008
   
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La pulizia etnica può essere considerata una forma di genocidio?
Paper

MASTER IN DIRITTI UMANI E AZIONE UMANITARIA
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI SIENA

a.a. 2005/2006
Pubblicazioni
Centro italiano Studi per la pace
www.studiperlapace.it - no ©
Documento aggiornato al: 2006

 
Sommario

Il termine pulizia etnica è entrato a far parte del vocabolario internazionale a partire dal 1992, allorché la Commissione dei diritti umani, in una sessione speciale in cui analizzava la situazione nella ex Jugoslavia, e la sotto-Commissione per la prevenzione delle discriminazioni e la protezione delle minoranze condannarono quelle politiche finalizzate alla creazione di un'area etnicamente omogenea o pura, forzando le persone o determinati gruppi ad allontanarsene mediante l'uso della forza.

 
Abstract
 


[note omesse]


Il termine pulizia etnica è entrato a far parte del vocabolario internazionale a partire dal 1992, allorché la Commissione dei diritti umani, in una sessione speciale in cui analizzava la situazione nella ex Jugoslavia, e la sotto-Commissione per la prevenzione delle discriminazioni e la protezione delle minoranze condannarono quelle politiche finalizzate alla creazione di un'area etnicamente omogenea o pura, forzando le persone o determinati gruppi ad allontanarsene mediante l'uso della forza .

L'espressione pulizia etnica è stata spesso associata al concetto di genocidio, nonostante manchi dello specifico significato tecnico proprio di quest'ultimo.

La Commissione di Esperti creata con la Risoluzione 780 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, nel suo Interim Report, dopo aver elencato una serie di atti costituenti genocidio (nello specifico: omicidio, tortura, arresto e detenzione arbitrarie, esecuzioni stragiudiziali, stupro, ghettizzazione della popolazione civile, rimozione forzata, dispersione e deportazione della popolazione civile, attacchi militari deliberati o minacce di attacchi alla popolazione civile, distruzione di proprietà), ha affermato che tale pratica costituisce un crimine contro l'umanità e che può divenire crimine di guerra ed in alcuni casi rientrare nelle fattispecie incriminate dalle Convenzioni di Ginevra del 1949 .

La Commissione dei diritti umani, poi, nella relazione alla seconda sessione speciale, ha affermato che le continue violazioni dei diritti umani gravi, sistematiche e su larga scala, specialmente «the odious practice of ethnic cleansing» commesse nei territori della Bosnia Herzegovina soggetti al controllo serbo, potevano essere considerate forme di genocidio .

La giurisprudenza internazionale non ha ancora trovato una soluzione chiara riguardo all'eventuale corrispondenza tra genocidio e pulizia etnica.

Nella richiesta di indicazione di misure provvisorie sollevata dinanzi alla Corte Internazionale di Giustizia nel 1993 dalla Bosnia, il giudice ad hoc Lauterpacht, nella sua opinione separata, ha sottolineato come:
«the forced migration of civilians, more commonly known as ethnic cleansing, is, in truth, part of a deliberate campaign by the Serbs to eliminate Muslim control of, and presence in, substantial parts of Bosnia-Herzegovina. Such being the case, it is difficult to regard the Serbian acts as other than acts of genocide in that they clearly fall within categories (a), (b) and (c) of the definition of genocide quoted above, they are clearly directed against an ethnical or religious group as such, and they are intended to destroy, if not in whole certainly in part, to the extent necessary to ensure that that group no longer occupies the parts of Bosnia-Herzegovina covered by the Serbs» .

Il giudice Riad del Tribunale Internazionale per la ex Jugoslavia nel caso Karadzic e Mladic ha affermato che: «the policy of ethnic cleansing referred to above presents, in its ultimate manifestation genocidial characteristics.» . Tuttavia, sia la Trial Chamber I nello stesso caso, sia nella decisione sul caso Tadic , si è parlato di pulizia etnica senza far alcun riferimento alla definizione di genocidio.

Parte della dottrina ha suggerito una versione molto ristretta del concetto di genocidio. In base ad essa solo l'olocausto potrebbe essere considerato "il genocidio perfetto", poiché unico caso in cui risultava evidente l'intento di distruggere completamente un gruppo, indipendentemente dal luogo in cui si trovassero gli ebrei.

Una definizione di tal genere escluderebbe automaticamente la pulizia etnica dagli atti di genocidio. Ma tale estensione di quest'ultimo concetto è da considerare assolutamente errata: la Convenzione sul Genocidio parla chiaramente dell'intento di distruggere un gruppo in tutto o in parte .

Ciò non implica, tuttavia, che una definizione più ampia di genocidio potrebbe ricomprendere la pulizia etnica. La definizione di genocidio contenuta nella Convenzione del 1948, e ripresa nello Statuto di Roma della Corte Penale Internazionale, richiede un intento specifico, un dolus specialis, di distruggere in tutto o in parte un determinato gruppo, intento questo che si aggiunge a quello su cui si basa la singola lesione (omicidio, gravi lesioni dell'integrità fisica o psichica, sottoposizione deliberata di persone appartenenti al gruppo a condizioni di vita tali da comportare la distruzione fisica, totale o parziale, del gruppo, imposizione di misure volte ad impedire le nascite in seno al gruppo, trasferimento forzato di bambini appartenenti al gruppo ad un gruppo diverso) sottesa al crimine principale.

L'intento alla base della pulizia etnica è ben diverso. Massacri, stupri, violenze, sono usati, in questo caso, per terrorizzare la popolazione di un determinato territorio e spingerla ad allontanarsene.

I crimini commessi potrebbero anche coincidere con quelli perpetrati nei casi di genocidio, ma in quest'ultima ipotesi le popolazioni colpite sono costrette a rimanere nei territori interessati: i confini vengono chiusi in modo che nessuno possa fuggire.

È certamente vero che il territorio è un elemento fondamentale per una popolazione; il suo allontanamento forzato, unito alla distruzione di ogni segno della sua presenza, quali possono essere chiese, moschee o monumenti , equivale non di rado alla distruzione della popolazione stessa. Molto spesso, inoltre, i popoli costretti ad abbandonare i loro territori sono esposti a carestie o epidemie. In tutti questi casi gli effetti della pulizia etnica possono essere gli stessi di un genocidio, ma non per questo muta l'intento.

La pulizia etnica può assumere diverse forme: alcune possono condurre al genocidio, altre sono tanto lievi e prive di conseguenze che potrebbero addirittura non essere considerate crimini. Si è di fronte, quindi, ad un concetto più ampio di quello di genocidio.

Per tutte queste ragioni, non è corretto considerare la pulizia etnica come una forma di genocidio; dato che si tratta, però, certamente di un crimine, sarebbe forse più opportuno includerla tra i crimini di guerra o i crimini contro l'umanità. La seconda soluzione è forse preferibile poiché, se la si includesse tra i crimini di guerra, sorgerebbero nuove questioni a causa della definizione che di essi è stata data all'art. 8 § 2 lett. e) (viii) dello Statuto di Roma . Tale norma li identifica solo in quegli atti che hanno come fine esclusivo la rimozione di una popolazione da un determinato territorio. Altri atti, quali, ad esempio, la creazione di condizioni di vita atte a causare carestie e costringere la popolazione a lasciare un determinato territorio, non sono proibiti. È evidente, invece, che il concetto di pulizia etnica rientri nella categoria di crimini contro l'umanità come definiti all'art. 7 dello Statuto di Roma.

Considerare la pulizia etnica un atto di genocidio porterebbe senz'altro numerosi vantaggi: la convenzione impone infatti agli Stati firmatari di prevenire e punire tale crimine. Le differenze tra i due concetti, tuttavia, non possono per questo essere messe in secondo piano.

Il genocidio è di per se stesso una subcategoria dei crimini contro l'umanità, dei quali si può ad oggi senz'altro affermare che costituiscono, allo stesso modo del primo, violazioni di norme di jus cogens e che, per configurarsi, non necessitano di alcun legame con crimini di guerra o altre situazioni . Essi sono pertanto perseguibili da ogni Stato che, in quanto parte della Comunità Internazionale, deve esercitare la sua giurisdizione sulla base del principio di universalità, ossia anche in assenza di un legame con l'accusato o con il crimine contestato.

Pulizia etnica e genocidio sono due crimini ben distinti; può accadere però che abbiano lo stesso obiettivo, ossia ripulire un determinato territorio dalla popolazione che lo occupa. La pulizia etnica potrebbe anche essere il primo sintomo di un genocidio: se la popolazione sotto assedio non abbandona l'area interessata, la soluzione potrebbe essere la sua distruzione fisica.

Ciò corrobora la rilevanza discriminante dell'animus, che resta elemento certamente distintivo delle due fattispecie.

 
Bibliografia
 

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