Diritto internazionale dei diritti umani e dei conflitti armati: guerra e pace
Violazioni dei diritti umani nei confronti delle minoranze etniche e diritto all'autodeterminazione dei popoli: il caso del Kurdistan turco :: Studi per la pace  
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ultimo aggiornamento: 12.03.2008
   
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Kurdistan e diritti umani Dr. Andrea Mingozzi
 
Versione integrale
Violazioni dei diritti umani nei confronti delle minoranze etniche e diritto all'autodeterminazione dei popoli: il caso del Kurdistan turco
Tesi di laurea

Libera Università di Urbino
Facoltà di Sociologia

Relatore: Prof. Guido Maggioni
Anno Accademico 1998 - 1999 Pubblicazioni
Centro italiano Studi per la pace
www.studiperlapace.it - no ©
Documento aggiornato al: 1999

 
Sommario

La politica turca verso il popolo kurdo è una politica discriminatoria e di disprezzo dei diritti umani individuali e collettivi avvallata dalle leggi dello Stato turco. Una politica che ha spinto gli stessi kurdi ad una ribellione violenta allargando il conflitto sul terreno di una vera e propria guerra di liberazione.

Gli strumenti legislativi a disposizione della comunità internazionale - soprattutto delle Nazioni Unite - atti a garantire il rispetto dei diritti umani e dall'autodeterminazione dei popoli rivestono spesso carattere simbolico: in particolare la Convenzione per la repressione e la prevenzione del crimine di genocidio vede limitata la sua efficacia da una prassi che favorisce la non ingerenza dell'ONU negli affari interni dei propri Stati membri.

 
Indice dei contenuti
 
CAPITOLO I - CHI SONO I KURDI

1.1 Popolazione e collocazione geografica
1.2 Economia
1.3 Religione
1.4 La lingua kurda e le sue origini
1.5 La storia
1.6 I kurdi durante il diciannovesimo secolo
1.7 I Giovani Turchi e la prima guerra mondiale
1.8 La divisione del Kurdistan


CAPITOLO II - APPARATO IDEOLOGICO-LEGISLATIVO DELLA REPUBBLICA TURCA DURANTE IL PERIODO KEMALISTA

2.1 L'ascesa al potere di Kemal
2.2 Gli strumenti legislativi del periodo kemalista
2.3 La morte di Kemal, i colpi di Stato e l'attuale situazione
2.4 La Costituzione del 1982
2.5 Le leggi ordinarie ed i decreti legge


CAPITOLO III - LE VIOLAZIONI DEI DIRITTI UMANI IN KURDISTAN

3.1 Le violazioni di carattere economico-culturale
3.2 Il PKK e gli anni della guerriglia
3.3 La tortura
3.4 Caratteristiche del genocidio
3.5 La Convenzione contro il genocidio
3.6 La Corte penale internazionale


CAPITOLO IV - IL DIRITTO ALL'AUTODETERMINAZIONE

4.1 Definizione e storia
4.2 Gli strumenti legislativi internazionali dopo il 1945
4.3 Applicabilità dell'autodeterminazione nel caso kurdo
4.4 La prassi delle Nazioni Unite


CAPITOLO V - SITUAZIONE GEOPOLITICA DELL'AREA TURCO-KURDA

5.1 Il ruolo della Turchia durante e dopo la Guerra Fredda
5.2 Lo sfruttamento dell'acqua e del petrolio
5.3 I rapporti con l'Unione Europea ed il "Panturchismo"
5.4 L'asse turco-israeliano



BIBLIOGRAFIA
 
Abstract
 

Conclusioni

Attraverso questo mio scritto ho voluto sottolineare, dunque, due aspetti diversi che riguardano i rapporti tra Kurdistan e Turchia. Da un lato gli aspetti interni che intercorrono tra i due soggetti, analizzando la storia delle relazioni tra queste due entità politiche e esaminando gli strumenti legislativi turchi che si occupano di regolare i rapporti con il Kurdistan. Mediante questo studio dovrei essere riuscito a dimostrare che la politica turca verso il popolo kurdo, è una politica discriminatoria e di disprezzo dei diritti umani individuali e collettivi avvallata dalle leggi dello Stato turco. Una politica che ha spinto gli stessi kurdi ad una ribellione violenta allargando il conflitto sul terreno di una vera e propria guerra di liberazione.

La seconda parte del mio lavoro ha individuato alcuni - non tutti - strumenti legislativi a disposizione della comunità internazionale - soprattutto delle Nazioni Unite - atti a garantire il rispetto dei diritti umani e dall'autodeterminazione dei popoli. Ho voluto dimostrare che sulla carta sono presenti convenzioni, dichiarazioni ed altri atti aventi forza di legge che possono regolarizzare le relazioni tra i due soggetti. Purtroppo si è anche rilevato che gli strumenti in possesso delle Nazioni Unite rivestono spesso carattere simbolico; mi riferisco in particolare alla Convenzione per la repressione e la prevenzione del crimine di genocidio, la quale vede limitata la sua efficacia da una prassi che favorisce la non ingerenza dell'ONU negli affari interni dei propri Stati membri.

Accanto a limitazioni di carattere interpretativo, vi sono da rilevare anche comportamenti incoerenti da parte dell'ONU nell'applicazione del diritto di autodeterminazione. Infatti la prassi di questo organismo non permette di individuare una uniforme applicazione di questo diritto. Abbiamo registrato che situazioni analoghe a quella dei kurdi (Namibia e Shara Occidentale) sono state seguite e tutelate dall'ONU in diverse occasioni, di conseguenza si è voluto allargare la ricerca prendendo in considerazione non solo l'ambito giuridico, ma anche quello geopolitico.

Emergono anche interrogativi di carattere più prettamente politico che giuridico, viene da sospettare che il ruolo che riveste la Turchia all'interno della Nato faccia prevalere ragioni di realpolitik a scapito del rispetto dei diritti umani di un popolo.

Nell'ultimo capitolo si è cercato di dimostrare come le strategie politiche e gli alti interessi economici dell'area mediorientale rendano ancora più difficile l'attuazione del diritto all'autodeterminazione per questo popolo. Non solo l'appartenenza alla Nato, ma anche i rapporti con l'Unione Europea sembrano aver inciso sul destino dei kurdi, senza dimenticare i propositi espansionisti turchi verso l'Asia centrale che, realistici o meno, aumentano ancor di più le velleità accentratrici di Ankara. Si preme ancora una volta sottolineare che l'intrecciarsi della situazione politica unita all'inapplicabilità e le limitazioni a livello giuridico sembrano essere il maggior ostacolo per il processo di autodecisione richiesto dai kurdi che va loro messo a disposizione a prescindere da queste limitazioni, in quanto garantito dall'ONU, in modo tale da porli nelle condizioni migliori per scegliere il proprio regime, qualunque esso sia.

In concreto quindi, quali sono le soluzioni praticabili per democraticizzare e risolvere la questione kurdo-turca? Già dal 1993 il PKK ha cambiato strategia ed obiettivi indicando come possibile la soluzione federale; gli fanno eco anche le richieste del Parlamento kurdo in esilio . Ancora con il governo turco di Ozal, (la cui madre era kurda) Ankara aveva, in un primo momento, fatto intravedere la possibilità di risolvere la questione adottando il modello basco, . Purtroppo la Guerra del Golfo ed in concomitanza le aspirazioni turche verso l'Asia centrale dovuta alla caduta del muro e i continui rifiuti della UE hanno spinto lo stesso governo di Ozal a cambiare indirizzo politico sulla questione della minoranza kurda.

A livello legislativo sarebbe auspicabile che la Turchia rivedesse la sua attuale costituzione la quale - come si è documentato - pur recependo principi ed istituti democratici non può considerarsi una Costituzione democratica, dato che non riconosce il principio di pluralismo che caratterizza tutte le democrazie contemporanee e si basa invece su una concezione nazionalistica e monoetnica, che esclude, vieta e reprime, qualsiasi manifestazione politica, culturale, linguistica e di pensiero, da parte di nazionalità e gruppi etnici diversi.

Senza dubbio fuori luogo ci sembra l'approccio dato dalla mozione Mantovani (PRC), Tremaglia (AN) nella quale si chiede la divisione di tutti gli Stati della regione, Iran, Iraq, Turchia e Siria, per arrivare alla creazione di un nuovo Stato etnico, dimenticando che i kurdi fra loro sono diversi, vivono in spazi diversi ed (Galata 1999: 100) . Infatti, il Trattato di Losanna del 1923, accogliendo le richieste della Turchia, ha dato il colpo di grazia alle aspirazioni indipendentiste kurde; sono quindi emerse differenze forti e radicate (lingua, cultura, religione) in ottant'anni di storia fra i kurdi di Turchia e le minoranze kurde degli altri tre Stati, ogni soluzione dovrebbe tenere conto di queste differenze.

Si pensa quindi che solo affermando l'inviolabilità dei confini delle quattro nazioni che occupano il Kurdistan, i kurdi potranno ottenere il soddisfacimento del diritto all'autodeterminazione indirizzato verso una forte autonomia regionale ed il rispetto dei diritti umani, non con la creazione di un altro Stato, che rievocherebbe tragici scenari come ad esempio la questione dei Balcani.

Per consentire ai kurdi di muoversi all'interno di un sistema legale internazionale, uno spiraglio di ottimismo si può individuare nella Corte criminale internazionale, nonostante sia ancora priva di efficacia, essa rappresenta una novità positiva dal punto di vista giuridico in quanto agisce direttamente contro il principio di non ingerenza, troppo spesso causa dell'immobilità e del disinteresse dell'ONU nei confronti di quei popoli e di quelle minoranze che vedono negati loro i diritti e le libertà fondamentali. La Turchia ha aderito a questo progetto, quindi se la prassi di tale organismo si rivelerà più coerente coi principi ispiratori delle Nazioni Unite, si può auspicare che vengano riconosciuti al popolo kurdo almeno quei diritti basilari che il governo di Ankara a più riprese ha disconosciuto. Anche dal punto di vista politico sembrano esserci spazi di ottimismo per la risoluzione della questione kurda in modo democratico. Infatti un cambio di atteggiamento dell'Unione Europea nei confronti della Turchia invoglierebbe quest'ultima a risolvere il problema kurdo in maniera politica e democratica, in cambio di una piena membership che procurerebbe vantaggi economici notevoli per Ankara.

 
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