Diritto internazionale dei diritti umani e dei conflitti armati: guerra e pace
Libano: Risoluzione 1701/2006 Nazioni Unite e Decreto Legge 253/2006 :: Studi per la pace  
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ultimo aggiornamento: 12.03.2008
   
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Versione integrale
Libano: Risoluzione 1701/2006 Nazioni Unite e Decreto Legge 253/2006
Normativa

S/RES/1701 (2006)
DL 253/06 in GU 199 dd. 28 agosto 2006

per maggiori informazioni consulta anche
il sito dellUNIFIL Pubblicazioni
Centro italiano Studi per la pace
www.studiperlapace.it - no ©
Documento aggiornato al: 2006

 
Sommario

Il testo della risoluzione approvata all'unanimità dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite il 11 agosto 2006 che prevede la cessazione delle ostilità nel conflitto tra Israele e milizie sciite libanesi di Hezbollah e del decreto legge 253/2006 emanato in data 28 agosto 2006. (e altro materiale rilevante per l'impegno italiano).

 
Indice dei contenuti
 
1. Traduzione italiana non ufficiale della risoluzione del CdS delle Nazioni Unite 1701/2006 sul Libano

2. Testo inglese (versione ufficiale) della risoluzione del CdS delle Nazioni Unite 1701/2006 sul Libano

2bis. Testo inglese della risoluione del CdS delle Nazioni Unite 1559/04 sul Libano (richiamata nella 1701/06)

3. Decreto legge 28 agosto 2006, n. 253: Disposizioni concernenti l'intervento di cooperazione allo sviluppo in Libano e il rafforzamento del contingente militare italiano nella missione UNIFIL ridefinita dalla citata risoluzione 1701 (2006) del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. (in GU 199 del 28.8.2006) con comunicato stampa

4. Risoluzione dd. 18 agosto 2006 delle Commissioni Esteri e Difesa del Senato e III e IV della Camera in seduta congiunta

5. Audizione del Ministro della Difesa Arturo Parisi dd. 18 agosto 2006 avanti le Commissioni Esteri e Difesa del Senato e E III e IV della Camerain seduta congiunta

6. Conferenza Stampa Deputy Secretary-General Mark Malloch Brown dd. 18 agosto 2006 (DSG/SM/294; PKO/143,
http://www.un.org/
News/Press/docs/2006/dsgsm294.doc.htm)

7. Intervista del Vicepresidente del Consiglio e Ministreo degli Esteri Massimo D'Alema a Gigi Riva, L' Espresso, 18 agosto 2006 (tratto da www.esteri.it).
 
Abstract
 

Determinando che la situazione in Libano costituisce una minaccia alla pace e alla sicurezza internazionale;

Il Consiglio di Sicurezza,

1. chiede una piena cessazione delle ostilità basata, in particolare, sull'immediata cessazione da parte degli Hezbollah di tutti gli attacchi e l'immediata cessazione di tutte le operazioni militari offensive di Israele";

2. a seguito della piena cessazione delle ostilità, chiede al governo del Libano e all'UNIFIL, (United Nations Interim Force in Lebanon) come previsto dal paragrafo 11 per l'invio delle loro forze in una missione congiunta nel sud del e chiede al governo di Israele, contestualmente all'inizio del dispiegamento, di ritirare le proprie forze contemporaneamente;

3. sottolinea l'importanza dell'estensione del controllo del governo del Libano su tutto il territorio libanese come previsto dalle disposizioni della risoluzione 1559 del 2004 e della risoluzione 1680 del 2006, e dalle disposizioni degli Accordi di Taif, per l'esercizio della sua piena sovranità, in maniera tale che non possano esserci armamenti se non con il consenso del governo del Libano e non possa esserci altra autorità che quella del governo del Libano;

4. reitera il proprio forte sostegno per il pieno rispetto della Linea Blu, che separa Israele e il Libano;

5. reitera il proprio forte sostegno, come previsto dalle precedenti risoluzioni sul Libano, per l'integrità territoriale, per la sovranità e per l'indipendenza politica del Libano all'interno dei confini riconosciuti dalla comunità internazionale, come contemplato dall'armistizio del 23 marzo 1949;

6. chiede alla comunità internazionale di attivarsi immediatamente per dare impulso all'assistenza finanziaria e umanitaria al popolo libanese, da compiersi anche facilitando il ritorno a casa degli sfollati e, sotto l'autorità del governo del Libano, con la riapertura di aeroporti e porti, nel rispetto dei paragrafi 14 e 15; e chiede che siano presi in considerazione ulteriori aiuti in futuro per contribuire alla ricostruzione e allo sviluppo del Libano;

7. afferma che le parti hanno la responsabilità di garantire che nessuna azione sia compiuta in violazione del paragrafo 1 in modo tale da compromettere in maniera negativa la ricerca di una soluzione di lungo termine, l'accesso agli aiuti umanitari della popolazione civile, incluso il passaggio dei convogli umanitari, o il ritorno volontario degli sfollati, e chiede che le parti rispettino questa responsabilità e cooperino con il Consiglio di Sicurezza;

8. chiede a Israele e al Libano di sostenere un cessate il fuoco e una soluzione di lungo termine fondata sui seguenti principi e elementi: - pieno rispetto della Linea Blu per entrambe le parti;
- l'adozione di misure di sicurezza atte a prevenire la ripresa delle ostilità, che preveda l'istituzione, nella zona compresa tra la Linea Blu e il fiume Litani, di un'area priva di personale armato, di posizioni e armi che non siano quelle dell'esercito libanese e delle forze UNIFIL come previsto dal paragrafo 11, che operano in questa zona;
- la piena attuazione di tutti i regolamenti previsti dagli Accordi di Taif e dalle risoluzioni 1559 del 2004, 1680 del 2006, che impongono il disarmo di tutti i gruppi armati in Libano, in maniera tale che non possano esserci armi o autorità in Libano se non quelle dello Stato libanese, come deciso dall'esecutivo libanese il 27 luglio 2006;
- l'eliminazione di tutte le forze straniere dal Libano che non abbiano l'autorizzazione dal governo;
- l'istituzione di un embargo internazionale sulla vendita di armi e materiali al Libano, se non su autorizzazione del suo governo;
- la notifica alle Nazioni Unite delle mappe delle mine posizionate sul territorio libanese che siano ancora in possesso di Israele;

9. invita il Segretario Generale a sostenere gli sforzi per arrivare al più presto possibile ad accordi di principio da parte del governo del Libano e del governo di Israele sui principi e gli elementi di una soluzione duratura come delineato nel paragrafo 8, ed esprime la volontà di essere attivamente coinvolto;

10. chiede al Segretario Generale di sviluppare, in collaborazione con i partner internazionali e le parti coinvolte, delle proposte per la messa in atto dei provvedimenti più importanti previsti dagli Accordi di Taif e dalle risoluzioni 1559 del 2004 e 1680 del 2006, compreso il disarmo, e per la demarcazione dei confini internazionali del Libano, specialmente in quelle aree dove il confine è soggetto a dispute o incerto, compresa l'area delle fattorie di Shebaa, e a presentare quelle proposte al Consiglio di Sicurezza entro trenta giorni;

11. decide, per sostenere e rafforzare la forza in dimensione, equipaggiamenti, mandato e raggio di operazione, di autorizzare un incremento nella forza della UNIFIL fino a un massimo di 15.000 uomini, e che quella forza debba, oltre a portare a termine il proprio mandato come previsto dalle risoluzioni 425 e 426 del 1978:

a. sorvegliare la cessazione delle ostilità;
b. affiancare e sostenere le forze libanesi nel loro dispiegamento nel sud, compresa la zona di confine della Linea Blu, mentre Israele ritira le proprie forze armate dal Libano come previsto dal paragrafo 2;
c. coordinare le proprie attività con riferimento al paragrafo 11 (b) con il governo del Libano e il governo di Israele;
d. estendere la propria assistenza per contribuire a garantire l'accesso della popolazione civile agli aiuti umanitari e il ritorno degli sfollati;
e. assistere le forze armate libanesi in operazioni mirate alla definizione dell'area prevista nel paragrafo 8;
f. assistere il governo del Libano, se da questo richiesto, all'implementazione del paragrafo 14;

12. operando sulla base di una richiesta del governo del Libano di inviare una forza internazionale per assisterlo nell'esercizio della sua autorità su tutto il territorio, autorizza la UNIFIL a prendere tutte le azioni necessarie nelle aree in cui tutte le forze sono presenti e nelle loro capacità, a assicurare che questa area non sia utilizzata per operazioni ostili di nessun tipo, a resistere ai tentativi di impedire con l'uso della forza dallo svolgere i suoi compiti come da mandato del Consiglio di Sicurezza, e a proteggere il personale delle Nazioni Unite, le strutture, le postazioni e gli equipaggiamenti, a garantire la sicurezza e la libertà di movimento del personale delle Nazioni Unite, gli operatori umanitari e, senza pregiudicare la responsabilità del governo del Libano, a proteggere i civili da minacce contingenti di violenza fisica;

13. chiede al Segretario Generale di attuare con urgenza i provvedimenti necessari a consentire che le forze UNIFIL siano in grado di portare a termine le funzioni previste da questa risoluzione, preme perch? i Paesi membri prendano in considerazione i contributi adeguati all'UNIFIL e a rispondere in maniera positiva alle richieste di assistenza per la forza, e esprime il convinto apprezzamento per coloro che hanno contribuito alle forze UNIFIL in passato;

14. chiede al governo del Libano di controllare i propri confini e tutti gli altri varchi d'accesso per impedire che armi e materiali siano importati in Libano senza il suo consenso e chiede alla forza UNIFIL, come previsto nel paragrafo 11, di assistere il governo del Libano dietro sua richiesta;

15. decide inoltre che tutti gli Stati adottino le misure necessarie per impedire, a propri cittadini, sul proprio territorio, o utilizzando navi battenti bandiera del Paese o velivoli,
(a) la vendita o la fornitura a nessuna entità o individuo in Libano di armamenti e materiali di alcun tipo, incluse armi e munizioni, veicoli militari e equipaggiamenti, equipaggiamenti paramilitari e parti di ricambio per i suddetti, siano o no prodotti nei loro territori, e
(b) la fornitura a nessuna entità o individuo in Libano o di qualsiasi addestramento o qualsiasi tipo di sostegno per la fornitura, la produzione, la manutenzione o l'uso di quanto citato nel comma (a) qui sopra, con l'eccezione che questi divieti non si applicano a armi, materiali, addestramento e assistenza autorizzata dal governo del Libano o dall'UNIFIL come previsto nel paragrafo 11;

16. decide di estendere il mandato dell'UNIFIL fino al 31 agosto 2007, ed esprime le sue intenzioni a considerare in una successiva risoluzione ulteriori estensioni al mandato della forza e altri passi mirati a contribuire l'implementazione di un cessate il fuoco permanente e di una soluzione duratura;

17. chiede al Segretario Generale di fare rapporto al Consiglio di Sicurezza entro una settimana sull'implementazione di questa risoluzione e di aggiornare regolarmente;

18. sottolinea l'importanza di, e la necessità di arrivare a una pace estesa, giusta e duratura in Medio Oriente, sulla base delle risoluzioni 242 del 22 novembre 1967 e 338 del 22 ottobre 1973;

19. decide di continuare a occuparsi attivamente della questione.



***



The Security Council,


Recalling all its previous resolutions on Lebanon, in particular resolutions 425 (1978), 426 (1978), 520 (1982), 1559 (2004), 1655 (2006), 1680 (2006) and 1697 (2006), as well as the statements of its president on the situation in Lebanon, in particular the statements of 18 June, 2000, of 19 October, 2004, of
4 May 2005, of 23 January 2006 and of 30 July 2006;


Expressing its utmost concern at the continuing escalation of hostilities in Lebanon and in Israel since Hezbollah's attack on Israel on 12 July 2006, which has already caused hundreds of deaths and injuries on both sides, extensive damage to civilian infrastructure and hundreds of thousands of internally displaced
persons;


Emphasising the need for an end of violence, but at the same time emphasising the need to address urgently the causes that have given rise to the current crisis, including by the unconditional release of the abducted Israeli soldiers;


Mindful of the sensitivity of the issue of prisoners and encouraging the efforts aimed at urgently settling the issue of the Lebanese prisoners detained in Israel;


Welcoming the efforts of the Lebanese prime minister and the commitment of the government of Lebanon, in its seven-point plan, to extend its authority over its territory, through its own legitimate armed forces, such that there will be no weapons without the consent of the government of Lebanon and no authority other than that of the government of Lebanon, welcoming also its commitment to a UN force that is supplemented and enhanced in numbers, equipment, mandate and scope of operation, and bearing in mind its request in this plan for an immediate withdrawal of the Israeli forces from southern Lebanon;


Determined to act for this withdrawal to happen at the earliest;


Taking due note of the proposals made in the seven-point plan regarding the Shebaa farms area;


Welcoming the unanimous decision by the government of Lebanon on 7 August 2006 to deploy a Lebanese armed force of 15,000 troops in south Lebanon as the Israeli army withdraws behind the Blue Line and to request the assistance of additional forces from Unifil as needed, to facilitate the entry of the Lebanese armed forces into the region and to restate its intention to strengthen the Lebanese armed forces with material as needed to enable it to perform its duties;



Aware of its responsibilities to help secure a permanent ceasefire and a long-term solution to the conflict;


Determining that the situation in Lebanon constitutes a threat to international peace and security;


1. Calls for a full cessation of hostilities based upon, in
particular, the immediate cessation by Hezbollah of all attacks and
the immediate cessation by Israel of all offensive military
operations;


2. Upon full cessation of hostilities, calls upon the
government of Lebanon and Unifil as authorised by paragraph 11 to
deploy their forces together throughout the South and calls upon the
government of Israel, as that deployment begins, to withdraw all of
its forces from southern Lebanon in parallel;


3. Emphasises the importance of the extension of the control
of the government of Lebanon over all Lebanese territory in
accordance with the provisions of resolution 1559 (2004) and
resolution 1680 (2006), and of the relevant provisions of the Taif
Accords, for it to exercise its full sovereignty, so that there will
be no weapons without the consent of the government of Lebanon and
no authority other than that of the government of Lebanon;



4. Reiterates its strong support for full respect for the
Blue Line;


5. Also reiterates its strong support, as recalled in all its
previous relevant resolutions, for the territorial integrity,
sovereignty and political independence of Lebanon within its
internationally recognized borders, as contemplated by the
Israeli-Lebanese General Armistice Agreement of 23 March 1949;


6. Calls on the international community to take immediate
steps to extend its financial and humanitarian assistance to the
Lebanese people, including through facilitating the safe return of
displaced persons and, under the authority of the government of
Lebanon, reopening airports and harbours, consistent with paragraphs
14 and 15, and calls on it also to consider further assistance in
the future to contribute to the reconstruction and development of
Lebanon;


7. Affirms that all parties are responsible for ensuring that no action is taken contrary to paragraph 1 that might adversely
affect the search for a long-term solution, humanitarian access to
civilian populations, including safe passage for humanitarian
convoys, or the voluntary and safe return of displaced persons, and
calls on all parties to comply with this responsibility and to
cooperate with the Security Council;



8. Calls for Israel and Lebanon to support a permanent
ceasefire and a long-term solution based on the following principles
and elements:



  • Full respect for the Blue Line by both parties;

  • security arrangements to prevent the resumption of
    hostilities, including the establishment between the Blue Line and
    the Litani river of an area free of any armed personnel, assets and
    weapons other than those of the government of Lebanon and of UNIFIL
    as authorised in paragraph 11, deployed in this area;

  • Full implementation of the relevant provisions of the Taif
    Accords, and of resolutions 1559 (2004) and 1680 (2006), that
    require the disarmament of all armed groups in Lebanon, so that,
    pursuant to the Lebanese cabinet decision of July 27, 2006, there
    will be no weapons or authority in Lebanon other than that of the
    Lebanese state;

  • No foreign forces in Lebanon without the consent of its
    government;


  • No sales or supply of arms and related materiel to Lebanon
    except as authorized by its government;

  • Provision to the United Nations of all remaining maps of land
    mines in Lebanon in Israel's possession;


9. Invites the secretary general to support efforts to secure
as soon as possible agreements in principle from the government of
Lebanon and the government of Israel to the principles and elements
for a long-term solution as set forth in paragraph 8, and expresses
its intention to be actively involved;




10. Requests the secretary general to develop, in liaison
with relevant international actors and the concerned parties,
proposals to implement the relevant provisions of the Taif Accords,
and resolutions 1559 (2004) and 1680 (2006), including disarmament,
and for delineation of the international borders of Lebanon,
especially in those areas where the border is disputed or uncertain,
including by dealing with the Shebaa farms area, and to present to
the Security Council those proposals within 30 days;



11. Decides, in order to supplement and enhance the force in
numbers, equipment, mandate and scope of operations, to authorize an
increase in the force strength of Unifil to a maximum of 15,000
troops, and that the force shall, in addition to carrying out its
mandate under resolutions 425 and 426 (1978):




  • a. Monitor the cessation of hostilities;




  • b. Accompany and support the Lebanese armed forces as they
    deploy throughout the South, including along the Blue Line, as
    Israel withdraws its armed forces from Lebanon as provided in
    paragraph 2;





  • c. Coordinate its activities related to paragraph 11 (b) with
    the government of Lebanon and the government of Israel;



  • d. Extend its assistance to help ensure humanitarian access to
    civilian populations and the voluntary and safe return of displaced
    persons;




  • e. Assist the Lebanese armed forces in taking steps towards the
    establishment of the area as referred to in paragraph 8;




  • f. Assist the government of Lebanon, at its request, to
    implement paragraph 14;




12. Acting in support of a request from the government of
Lebanon to deploy an international force to assist it to exercise
its authority throughout the territory, authorizes Unifil to take
all necessary action in areas of deployment of its forces and as it
deems within its capabilities, to ensure that its area of operations
is not utilised for hostile activities of any kind, to resist
attempts by forceful means to prevent it from discharging its duties
under the mandate of the Security Council, and to protect United
Nations personnel, facilities, installations and equipment, ensure
the security and freedom of movement of United Nations personnel,
humanitarian workers, and, without prejudice to the responsibility
of the government of Lebanon, to protect civilians under imminent
threat of physical violence;



13. Requests the secretary general urgently to put in place
measures to ensure Unifil is able to carry out the functions
envisaged in this resolution, urges member states to consider making
appropriate contributions to Unifil and to respond positively to
requests for assistance from the Force, and expresses its strong
appreciation to those who have contributed to Unifil in the past;


14. Calls upon the government of Lebanon to secure its
borders and other entry points to prevent the entry in Lebanon
without its consent of arms or related materiel and requests Unifil
as authorised in paragraph 11 to assist the government of Lebanon at
its request;


15. Decides further that all states shall take the necessary
measures to prevent, by their nationals or from their territories or
using their flag vessels or aircraft;



  • a. the sale or supply to any entity or individual in Lebanon of
    arms and related materiel of all types, including weapons and
    ammunition, military vehicles and equipment, paramilitary equipment,
    and spare parts for the aforementioned, whether or not originating
    in their territories, and;





  • b. the provision to any entity or individual in Lebanon of any
    technical training or assistance related to the provision,
    manufacture, maintenance or use of the items listed in subparagraph
    (a) above, except that these prohibitions shall not apply to arms,
    related material, training or assistance authorised by the
    government of Lebanon or by Unifil as authorised in paragraph 11;




16. Decides to extend the mandate of Unifil until 31 August
2007, and expresses its intention to consider in a later resolution
further enhancements to the mandate and other steps to contribute to
the implementation of a permanent ceasefire and a long-term
solution;


17. Requests the secretary general to report to the Council
within one week on the implementation of this resolution and
subsequently on a regular basis;



18. Stresses the importance of, and the need to achieve, a
comprehensive, just and lasting peace in the Middle East, based on
all its relevant resolutions including its resolutions 242 (1967) of
22 November 1967 and 338 (1973) of 22 October 1973;


19. Decides to remain actively seized of the matter.


***


United Nations Security Council Resolution 1559
Adopted by the Security Council at its 5028th meeting, on 2 September 2004


The Security Council,
Recalling all its previous resolutions on Lebanon, in particular resolutions 425 (1978) and 426 (1978) of 19 March 1978, resolution 520 (1982) of 17 September 1982, and resolution 1553 (2004) of 29 July 2004 as well as the statements of its President on the situation in Lebanon, in particular the statement of 18 June 2000 (S/PRST/2000/21),

Reiterating its strong support for the territorial integrity, sovereignty and political independence of Lebanon within its internationally recognized borders,

Noting the determination of Lebanon to ensure the withdrawal of all non-Lebanese forces from Lebanon,

Gravely concerned at the continued presence of armed militias in Lebanon, which prevent the Lebanese Government from exercising its full sovereignty over all Lebanese territory,

Reaffirming the importance of the extension of the control of the Government of Lebanon over all Lebanese territory,

Mindful of the upcoming Lebanese presidential elections and underlining the importance of free and fair elections according to Lebanese constitutional rules devised without foreign interference or influence,

1. Reaffirms its call for the strict respect of the sovereignty, territorial integrity, unity, and political independence of Lebanon under the sole and exclusive authority of the Government of Lebanon throughout Lebanon;

2. Calls upon all remaining foreign forces to withdraw from Lebanon;

3. Calls for the disbanding and disarmament of all Lebanese and non-Lebanese militias;

4. Supports the extension of the control of the Government of Lebanon over all Lebanese territory;

5. Declares its support for a free and fair electoral process in Lebanon's upcoming presidential election conducted according to Lebanese constitutional rules devised without foreign interference or influence;

6. Calls upon all parties concerned to cooperate fully and urgently with the Security Council for the full implementation of this and all relevant resolutions concerning the restoration of the territorial integrity, full sovereignty, and political independence of Lebanon;

7. Requests that the Secretary-General report to the Security Council within thirty days on the implementation by the parties of this resolution and decides to remain actively seized of the matter.


***

DECRETO-LEGGE 28 agosto 2006, n.253
Disposizioni concernenti l'intervento di cooperazione allo sviluppo in Libano e il rafforzamento del contingente militare italiano nella missione UNIFIL ridefinita dalla citata risoluzione 1701 (2006) del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite
(in GU 199 del 28.8.2006)

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visti gli articoli 77 e 87 della Costituzione;
Vista la risoluzione 1701 (2006), adottata dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite l'11 agosto 2006;
Ritenuta la straordinaria necessita' ed urgenza di emanare disposizioni volte ad assicurare interventi di cooperazione allo sviluppo in Libano e il rafforzamento del contingente militare italiano partecipante alla missione United Nations Interim Force in
Lebanon (UNIFIL) ridefinita dalla citata risoluzione 1701 (2006);
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 28 agosto 2006;
Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e dei Ministri degli affari esteri e della difesa, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze;

E m a n a

il seguente decreto-legge:

Art. 1.
Interventi di cooperazione allo sviluppo


1. Per la realizzazione di interventi di cooperazione in Libano, destinati ad assicurare il miglioramento delle condizioni di vita della popolazione, e' autorizzata la spesa di euro 30.000.000 ad integrazione degli stanziamenti di cui alla legge 26 febbraio 1987,
n. 49, come determinati nella Tabella C - Ministero degli affari esteri - della legge 23 dicembre 2005, n. 266. Detti interventi sono finalizzati alla realizzazione di iniziative umanitarie o di emergenza, ovvero destinate al sostegno dello sviluppo socio-sanitario in favore delle fasce piu' deboli della popolazione.
2. Restano fermi gli interventi di protezione civile di cui
all'articolo 4, comma 2, del decreto-legge 31 maggio 2005, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 luglio 2005, n. 152, finalizzati ad assicurare il soccorso alla popolazione, nonche' l'applicabilita' dell'articolo 11, comma 2, della legge 26 febbraio
1987, n. 49.

Art. 2.
Missione militare


1. E' autorizzata, fino al 31 dicembre 2006, la spesa di euro 186.881.868 per la partecipazione del contingente militare italiano alla missione delle Nazioni Unite in Libano, denominata United Nations Interim Force in Lebanon (UNIFIL), di cui alla risoluzione 1701 (2006), adottata dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite
l'11 agosto 2006.

Art. 3.
Consigliere diplomatico


1. E' autorizzata, fino al 31 dicembre 2006, la spesa di
euro 64.871, determinata ai sensi dell'articolo 204 del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18, e successive modificazioni, e ridotta del cinque per cento, per l'invio in Libano di un funzionario diplomatico con l'incarico di Consigliere diplomatico del Comandante del contingente militare che partecipa alla missione di cui all'articolo 2.

Art. 4.
Indennita' di missione


1. Al personale militare impiegato nella missione di cui
all'articolo 2, compreso quello facente parte della struttura attivata presso le Nazioni Unite, e' corrisposta l'indennita' di missione prevista dal regio decreto 3 giugno 1926, n. 941, secondo le modalita' e nella misura di cui all'articolo 2, comma 23, lettera a),
della legge 4 agosto 2006, n. 247. Non si applica l'articolo 28, comma 1, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248.

Art. 5.
Disposizioni in materia penale


1. Al personale militare che partecipa alla missione di cui all'articolo 2 si applicano il codice penale militare di pace e l'articolo 9, commi 3, 4, lettere a), b), c) e d), 5 e 6, del decreto-legge 1° dicembre 2001, n. 421, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 gennaio 2002, n. 6.
2. I reati commessi dallo straniero nel territorio in cui si
svolgono gli interventi di cui all'articolo 1 e la missione di cui all'articolo 2, a danno dello Stato o di cittadini italiani partecipanti agli interventi e alla missione stessi, sono puniti sempre a richiesta del Ministro della giustizia e sentito il Ministro della difesa per i reati commessi a danno di appartenenti alle Forze
armate.
3. Per i reati di cui al comma 2 e per i reati attribuiti alla giurisdizione dell'autorita' giudiziaria ordinaria, commessi nel territorio e per il periodo in cui si svolgono gli interventi di cui all'articolo 1 e la missione di cui all'articolo 2 dal cittadino che partecipa agli interventi o alla missione stessi, la competenza per
territorio e' attribuita al Tribunale di Roma.

Art. 6.
Rinvii normativi


1. Alla missione di cui all'articolo 2 si applicano:
a) gli articoli 2, commi 2 e 3, 3, 4, 5, comma 1, lettere b) e c), 7, 8, commi 1 e 2, 9 e 13, del decreto-legge 28 dicembre 2001, n. 451, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2002,
n. 15;
b) l'articolo 2, commi 29 e 32, della legge 4 agosto 2006, n.
247.

Art. 7.
Corsi di introduzione alla lingua e alla cultura araba


1. E' autorizzata, fino al 31 dicembre 2006, la spesa di
euro 74.880 per lo svolgimento di corsi di introduzione alla lingua e alla cultura araba a favore del personale impiegato nella missione di cui all'articolo 2.

Art. 8.
Base logistica ONU di Brindisi


1. E' autorizzata, per l'anno 2006, la spesa di euro 2.440.000 per consentire il potenziamento e l'adeguamento infrastrutturale della base logistica delle Nazioni Unite di Brindisi, anche in funzione
dello svolgimento degli interventi di cui agli articoli 1 e 2.

Art. 9.
Copertura finanziaria


1. Agli oneri derivanti dall'attuazione delle disposizioni del presente decreto, pari complessivamente a euro 219.461.619 per l'anno 2006, si provvede, ai sensi dell'articolo 1, comma 4, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, mediante utilizzo di parte delle maggiori
entrate tributarie, correlate al piu' favorevole andamento del gettito, rispetto alle previsioni di bilancio.
2. Il Ministro dell'economia e delle finanze e' autorizzato ad apportare con propri decreti le occorrenti variazioni di bilancio.

Art. 10.
Rimborsi ONU


1. Quota parte dei rimborsi corrisposti dalle Nazioni Unite, a parziale ristoro delle spese sostenute per la partecipazione alla missione militare di cui all'articolo 2, determinate con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro della difesa d'intesa con il Ministro dell'economia e delle finanze, e'
riassegnata per la costituzione, nello stato di previsione della spesa del Ministero della difesa, del fondo per le spese di ripristino di scorte e di sostituzione e manutenzione straordinaria
di mezzi, materiali, sistemi ed equipaggiamenti impiegati nella stessa missione. Alla ripartizione del fondo si provvede mediante decreti del Ministro della difesa da comunicare, anche con evidenze
informatiche, alle Commissioni parlamentari, al Ministero dell'economia e delle finanze e alla Corte dei conti.
2. Alle riassegnazioni di cui al comma 1 non si applica il limite previsto dall'articolo 1, comma 46, della legge 23 dicembre 2005, n. 266.

Art. 11.
Entrata in vigore


1. Il presente decreto entra in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sara' presentato alle Camere per la conversione in legge.

Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara' inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

Dato a Napoli, addi' 28 agosto 2006

NAPOLITANO

Prodi, Presidente del Consiglio dei
Ministri
D'Alema, Ministro degli affari esteri
Parisi, Ministro della difesa
Padoa Schioppa, Ministro dell'economia
e delle finanze
Visto, il Guardasigilli: Mastella


***

Comunicato stampa tratto da
http://www.governo.it/
Governo/ConsiglioMinistri/testo_int.asp?d=28989



Consiglio dei Ministri n.12 del 28 agosto 2006

La Presidenza del Consiglio dei Ministri comunica:

il Consiglio dei Ministri si è riunito oggi alle ore 17,05 a Palazzo Chigi, sotto la presidenza del Presidente, Romano Prodi.

Segretario, il Sottosegretario di Stato alla Presidenza, Enrico Letta.

Su proposta del Presidente del Consiglio, Romano Prodi, del Ministro degli affari esteri, Massimo D'Alema, e del Ministro della difesa, Arturo Luigi Parisi, il Consiglio dei Ministri ha approvato il decreto-legge che definisce le modalità dell'intervento dell'Italia a sostegno della missione di pace delle Nazioni Unite in Libano. Alla luce della grande importanza che l'Italia annette alla soluzione dei conflitti mediorientali e in stretta osservanza delle regole dettate dal Consiglio di sicurezza dell'ONU con la Risoluzione 1701 di quest'anno, il decreto legge detta le modalità del rafforzamento della presenza militare italiana nella missione UNIFIL (United Nations Interim Force in Lebanon) e assicura la copertura finanziaria degli interventi di cooperazione allo sviluppo e il mantenimento della pace in Libano, prevedendo altresì l'adeguamento infrastrutturale della base logistica delle Nazioni Unite di Brindisi alle nuove esigenze connesse alla missione.

Il decreto autorizza una spesa complessiva di euro 219.461.619 per l'anno 2006.

Queste le principali voci di spesa:

a) per la realizzazione di interventi di cooperazione in Libano, destinati ad assicurare il miglioramento delle condizioni di vita della popolazione è autorizzata la spesa di euro 30.000.000, a integrazione degli stanziamenti di cui alla legge 26 febbraio 1987, n. 49, come determinati nella Tabella C- Ministero degli affari esteri - della legge 23 dicembre 2005, n. 266. Questi interventi sono finalizzati alla realizzazione di iniziative umanitarie o di emergenza, ovvero destinate al sostegno dello sviluppo socio-sanitario in favore delle fasce più deboli delle popolazione. Restano fermi gli interventi di protezione civile di cui all'art. 4 comma 2 del decreto-legge 31 maggio 2005, n. 90, convertito dalla legge 26 luglio 2005 n. 152, finalizzati ad assicurare il soccorso alla popolazione, nonché l'applicabilità dell'art. 11, comma 2, della citata legge n. 49 del 1987;

b) per la partecipazione del contingente militare italiano alla missione United Nations Interim Force in Lebanon è autorizzata fino al 31 dicembre 2006 la spesa di euro 186.881.868;

c) per il potenziamento e l'adeguamento infrastrutturale della base logistica delle Nazioni Unite di Brindisi è autorizzata per l'anno 2006 la spesa di euro 2.440.000.

La seduta ha avuto termine alle ore 17.30.


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Risoluzione dd. 18 agosto 2006 delle Commissioni Esteri e Difesa del Senato e III e IV della Camera in seduta congiunta

18 agosto 2006



Le Commissioni Esteri e Difesa del Senato si sono riunite in seduta congiunta con le Commissioni III e IV della Camera alle ore 10.30 di venerdì 18 agosto a Montecitorio per ascoltare le comunicazioni del Governo sugli sviluppi della situazione in Medio Oriente e sul seguito della risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite n. 1701/2006.
Alle ore 15 le Commissioni Esteri e Difesa del Senato si sono riunite a Palazzo Madama e hanno approvato a larga maggioranza, con due astensioni, una risoluzione firmata dai Presidenti delle Commissioni, Lamberto Dini e Sergio De Gregorio.
Di seguito il testo ufficiale (fonte: www.senato.it):

"Le Commissioni riunite Affari esteri, emigrazione e Difesa del Senato della Repubblica,

valutata positivamente la risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite n. 1701 dell'11 agosto 2006

impegnano il Governo

- ad adottare ogni iniziativa per assicurare il sostegno umanitario alle popolazioni civili della regione;

- ad adottare ogni iniziativa necessaria per assicurare che l'Italia abbia un ruolo attivo per la piena attuazione della risoluzione n. 1701, compresa la partecipazione di un contingente militare italiano alla forza UNIFIL;

- a tenere costantemente informato il Parlamento.

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Comunicazione del Governo alle Commissioni Difesa ed Esteri di Camera e Senato, sulla partecipazione di forze nazionali all'operazione "UNIFIL" in Libano

Arturo Parisi, Ministro della Difesa


Audizione del:
18 agosto 2006, Roma
Fonte: www.difesa.it


Signori Presidenti, Onorevoli Senatori e Deputati,

poche sono le considerazioni che sono oggi in condizioni di aggiungere in ordine alla missione della quale il Ministro degli Esteri ha appena illustrato premesse, significato e finalità.

In nome della verità che dobbiamo al Parlamento e al Paese per quel che riguarda la dimensione militare sento di dovere innanzitutto riconoscere che essa si prospetta come una missione lunga, impegnativa, costosa e rischiosa, e tuttavia non per questo meno doverosa.

Alle parole del Ministro Esteri posso solo aggiungere, che poche missioni come questa sono capaci di dar seguito in modo evidente al mandato iscritto nell'art.11 della nostra Costituzione che ci chiama al ripudio della guerra attraverso iniziative attive al servizio della pace sulla base della condivisione di un impegno nel quadro delle organizzazioni internazionali.

È per questo che ritengo che la consapevolezza della lunghezza dell'impegno, dei costi e dei rischi della missione non possono e non debbono fermarci nell'assumerci le nostre responsabilità. E allo stesso tempo che è proprio la determinazione ad assumerci le nostre responsabilità che deve spingerci a ponderare, limitare, governare in modo realistico e prudente rischi e pesi impliciti nella missione stessa.


Oggi è il giorno nel quale dobbiamo esprimere il nostro sì alla partecipazione di forze nazionali al rafforzamento della Missione Unifil in Libano. Un sì che formuliamo in risposta all'appello dell'Onu. Un sì che esprimiamo guidati dalle scene di dolore di sangue e di morte dei giorni scorsi che ancora ci interpellano dai teleschermi. E' stato appena ricordato: 1200 morti in un mese fanno 40 morti al giorno, 40 vite perdute, 40 famiglie in lutto. E' per questo che ci riconosciamo in questa tregua che ha  già risparmiato centinaia di morti. E' per questo che ci sentiamo impegnati, incondizionatamente impegnati, perchè le ostilità cessino e cessi il fuoco, e la tregua si trasformi in una stabile pace. Nelle prossime ore ci applicheremo al come della missione, e al come della nostra partecipazione, e a questo mi sento impegnato personalmente come ministro della Difesa. Ma deve essere chiaro che il come deve essere per noi a valle del sì. Se è vero che la tregua ha già risparmiato centinaia di vite, non possiamo dimenticare che il ritardo del cessate il fuoco ha prodotto centinaia di morti.

Come restare insensibili al pianto di David Grossman per la morte del suo Uri?

Come non riconoscere in esso il pianto di tutti i padri e le madri che piangono in questi giorni da entrambe le parti i loro figli?

Guai se dovessimo fallire.

Quanto alla dimensione militare della nostra partecipazione alla Missione in Libano, il punto di partenza di ogni ragionamento al riguardo è costituito dal fatto che, la Risoluzione 1701 dell'11 agosto scorso - che si basa sulle precedenti Risoluzioni 425 e 426 del 1978 - definisce, di fatto, il nuovo intervento come un ampliamento ed una ridefinizione della missione United Nations Interim Force in Lebanon (UNIFIL), in termini di personale e di mandato.

Ricordo sommariamente che la missione UNIFIL è stata costituita con la Risoluzione 425 adottata in data 19 marzo 1978 da parte del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite a seguito dell'intervento di Israele in territorio libanese, in risposta all'aggressione di un commando palestinese avvenuta in territorio israeliano.

Successive Risoluzioni hanno prorogato, con cadenza semestrale, la durata della missione. Le prime truppe UNIFIL arrivarono nell'area il 23 marzo 1978.
La Risoluzione 425 indicava lo stretto rispetto dell'integrità territoriale, della sovranità e dell'indipendenza politica del Libano entro i confini riconosciuti in campo internazionale e, conseguentemente, richiamava Israele a cessare immediatamente la sua azione militare contro l'integrità del territorio libanese e a ritirare subito le sue forze da tutto il territorio. Il Consiglio di Sicurezza decise inoltre, alla luce della richiesta del Governo del Libano, di costituire immediatamente una forza di interposizione delle Nazioni Unite nel Libano meridionale. Questa forza fu creata per i seguenti tre scopi:
- ottenere il ritiro delle forze di Israele;
- ristabilire la pace e la sicurezza internazionale;
- assistere il Governo del Libano nella ripresa della sua effettiva autorità nell'area.

Con la Risoluzione 426 il Consiglio di Sicurezza approvava il rapporto del Segretario Generale sull'implementazione della Risoluzione 425, prevedendone una iniziale durata di 6 mesi. UNIFIL, che nel tempo è giunta a schierare fino ad 7.000 caschi blu, impiega oggi circa 2.000 uomini appartenenti all'Italia, Cina, Francia, Ghana, India, Irlanda e Polonia.

Le forze operano nell'ambito del Cap. VI dell'ONU, che prevede il ricorso alle armi solo per autodifesa, avvalendosi di:
- posti di osservazione;
- checkpoint fissi e mobili;
- pattugliamenti;
- contatti fra le parti.

L'Italia partecipa, dal giugno 1979, con un reparto della Cavalleria dell'Aria costituito da 52 militari e 4 elicotteri AB 205 di stanza a Naqoura, sede anche del Comando UNIFIL, con compiti di:
- sgomberi sanitari;
- ricognizione, ricerca e soccorso;
- collegamento tra il Comando UNIFIL e le dipendenti unità operative della Forza;
- collegamento tra il Comando UNIFIL e il Comando ONU in Israele;
- attività antincendio.

La Risoluzione 1701, ora approvata, richiama espressamente gli accordi che hanno portato alla costituzione di UNIFIL ma, sul piano sostanziale, per quanto di competenza della Difesa:
1)  amplia l'area d'intervento fino ad interessare tutto il territorio compreso tra la Linea Blu e il fiume Litani;
2)  estende mandato e capacità di intervento in misura significativa,
e pertanto accresce il numero di militari impegnati portandoli dai 2.000 di oggi ad un massimo di 15.000, e comunque ad una misura nettamente superiore alla consistenza mai raggiunta in precedenza.

In particolare, secondo il combinato disposto del paragrafo 8 e dei paragrafi 11 e 12, in aggiunta al mandato affidatole dalle richiamate Risoluzioni 425 e 426, la forza dovrà assolvere i seguenti compiti:
- monitorare la fine delle ostilità;
-  facilitare e supportare il dispiegamento delle forze armate regolari libanesi nel Sud del Libano, anche lungo la Linea Blu, mentre Israele ritira le sue forze, coordinandosi con i Governi di Israele e del Libano;
-  assistere, su richiesta, il Governo libanese nel controllo delle linee di confine per prevenire l'immissione illegale di armi;
-  adottare, a supporto della richiesta del governo libanese, tutte le azioni necessarie per assicurare che l'area di operazioni di UNIFIL, non sia utilizzata per operazioni ostili di qualunque tipo;
-  resistere a tentativi condotti con la forza e diretti ad impedire alle Forze di UNIFIL di svolgere i propri compiti;
-  proteggere il personale e le infrastrutture delle Nazioni Unite;
-  garantire la sicurezza e la libertà di movimento del personale delle Nazioni Unite e del personale che fornisce assistenza umanitaria;
-  proteggere civili sotto imminente minaccia di violenza fisica.

Si tratta, dunque, di un impegno consistente, volto al controllo del Sud del Libano in concorso e supporto dell'esercito libanese.

Da una missione UNIFIL che aveva compiti di mera osservazione, ora viene disegnata una forza con un profilo più attivo, chiamata ad operare affinché la pace sia conseguita e mantenuta.

Il Governo italiano, consapevole della importanza di questa occasione di trovare una soluzione per uno dei problemi più annosi che attanagliano il Medio Oriente, e nel totale rispetto dei principi di pace tracciati dall'Art. 11 della nostra Costituzione, ha ritenuto di proporre al Parlamento la disponibilità del Paese di condividere l'impegno per la pace nel Libano rafforzando la nostra presenza in UNIFIL in modo determinante in riferimento ai nuovi impegni attribuiti alla forza internazionale.

Il nostro Paese è pienamente consapevole della necessità dell'immediatezza dell'intervento, ed in tal senso ci stiamo organizzando in funzione delle effettive esigenze che verranno rappresentate dal Dipartimento delle Operazioni di Peace Keeping dell'ONU (DPKO) e dal Comandante di UNIFIL.

Al riguardo, la Difesa ha avviato la pianificazione tecnica di dettaglio.

Per essere portata a compimento essa necessita tuttavia di alcuni essenziali chiarimenti dei quali ancora non disponiamo:
1) il concetto operativo delle Nazioni Unite dovrà esplicitare il mandato e, in particolare i contenuti dei paragrafi 8, 11 e 12 della Risoluzione nonchè, le loro interazioni;
2)  le regole di ingaggio dovranno essere chiare e rispettose del mandato, delineando nel dettaglio i comportamenti da adottare dalle Forze schierate sul terreno;
3) la catena di comando preposta a questa nuova fase di UNIFIL dovrà essere sottoposta a verifiche circa la sua perfetta rispondenza alla nuova struttura delineata, superando i limiti emersi in passato per l'attuale struttura UNIFIL . Ciò in quanto la nuova Risoluzione 1701 ha ampliato in modo significativo gli obiettivi della missione;
4) la partecipazione del Paese dovrà essere calibrata su quella delle altre Nazioni potenzialmente partecipanti. In particolare, considerato come Italia e Francia abbiano sin dall'inizio ricoperto un ruolo trainante, è ipotizzabile che la partecipazione italiana possa essere definita su un livello analogo o comunque comparabile con l'apporto francese. Pur non potendo in questo momento ipotizzare con esattezza l'entità del nostro apporto a causa della indisponibilità di informazioni conclusive sul contributo di altri Paesi, la disponibilità a mantenere nella missione un ruolo di prima responsabilità è inevitabilmente associato alla possibilità che, nel tempo, il nostro Paese possa assumere la responsabilità della guida dell'Operazione  con tutti gli oneri aggiuntivi in termini di personale e di mezzi che ciò comporterebbe.

Il Governo è attivamente impegnato ad acquisire gli elementi chiarificatori indicati che - una volta acquisiti - consentiranno alla Difesa di perfezionare la pianificazione operativa e di schierare tempestivamente le forze in teatro.

Signori Presidenti, Onorevoli Senatori e Deputati,

quello odierno è un passaggio particolarmente importante. Siamo in una situazione che impone a tutti  maggioranza e opposizione  il senso di responsabilità e l'equilibrio  necessari ad affrontare, sia pure nella differenza delle posizioni di ciascuno, una situazione politica e militare che richiede un alto senso di responsabilità nazionale diretto a rafforzare l'efficacia delle scelte che il Paese è chiamato a compiere.

Questo senso di responsabilità e di equilibrio non è mai mancato sulle questioni di grande rilievo e, sono certo, non mancherà anche in questa circostanza.
L'intervento militare in Libano, nell'ambito della coalizione internazionale, assume un significato che va al di là degli obiettivi operativi. L'obiettivo strategico è quello di fare un passo sostanziale per ristabilire condizioni di pace e sviluppo nell'area.

In questo quadro, l'azione del nostro Governo è coerente con il ruolo del nostro Paese nel consesso internazionale e con la necessità di una sicurezza che inglobi anche un Medio Oriente pacifico, democratico e prospero.

In tale contesto l'Italia, che con le proprie Forze armate svolge già responsabilmente il suo importante ruolo in molte parti del mondo, è disponibile, qualora ne maturino pienamente le condizioni, a fornire una partecipazione qualificata e significativa anche alla nuova operazione UNIFIL.

Il Governo intende, pertanto, condurre questa azione a fianco degli altri Paesi che hanno risposto o che risponderanno all'appello delle Nazioni Unite, nella certezza che il Parlamento non farà mancare alla decisione il suo sostegno forte e pieno.



***

Deputy Secretary-General
DSG/SM/294
PKO/143
http://www.un.org/News/Press/docs/2006/dsgsm294.doc.htm

Deputy Secretary-General Mark Malloch Brown at press encounter providing update on troops for Lebanon at un headquarters, 18 August 2006


Deputy Secretary-General: I just want to say a few remarks first, and then open to take any questions you have.

I just want to essentially elaborate on the meeting of yesterday at the Troop Contributors Meeting and the briefing I gave you as I came out of it.

First to say that, while, as I said yesterday, we kept the show on the road, and there was relief that we somehow had not got derailed by some surprises yesterday in terms of the commitments to deploy, nevertheless the next few days are going to be very challenging to make sure that we meet this commitment of 3,500 troops, or 7,000 boots on the ground in 10 days from now.

The first point I want to make is this concern that a number of militaries have expressed the need to have the rules of engagement or the con-ops (concept of operations) - now, the ball is in their court in that, yesterday, they were given the full briefing that we gave in hard or electronic copy for them to send back to their capitals, and today they are getting their full rules of engagement and con-ops so that their capitals will have it this weekend, their own military planners will have the material that they have said they needed to make their decisions final.

Now, that is very important to us because the particular appeal I want to make today is that Europe comes forward with troops for this first wave.

We got a good response yesterday, as many of you have noticed. However, the firm commitments came from Indonesia, Malaysia, Bangladesh and Nepal, and as we argued yesterday and want to repeat this morning, that is enormously helpful and a major contribution, but we want this force that we deploy to have a kind of multinational, multilateral character so that it enjoys the confidence of both sides. We have said before that a Muslim-European, or a European-Muslim force -- because of both groups' interest in this situation if you like - bring, when you combine them, a legitimacy that satisfies both sides to this conflict. It is very important that Europe now steps forward. There are some promising signs -- good news out of Italy this morning of agreement by the Government, agreement by the two commissions of the two houses -- so what now they need is these famous rules of engagement and con-ops to tell us exactly how many, when, they will be able to deploy. I think good news [is] expected out of Finland in the coming hours as well. That German announcement was extremely important yesterday. It's substantial, but it is mainly the marine and customs which is key to getting this blockade lifted, but is additional to the 3,500 that we need for the Blue Line deployment.

So, appeal one to Europe to harden up their commitments so that we have the right balance of forces to deploy, to be legitimate and politically effective at the end of this 10 day period, and secondly, an appeal for the so-called enablers. We have always said that it is not just boots and troops and the arms and equipment they carry, but it is the support of helicopters, engineers -- well, we got a good offer yesterday of the 200 French engineers -- but we need more. We have got to reopen the road system both to enable the movement of humanitarian supplies but also to allow our troops to play that monitoring role and get-between-the-combatants role, which is so important. So we need those enablers -- logistics, medical, engineering and others, helicopters -- to make sure that we can carry out this mission.

Now, I do want to say just one final thing, which is on a completely different subject -- Darfur.

We are extraordinarily concerned -- as yesterday's Council brief, the letter that the Secretary-General to the Council demonstrates. We are extremely worried about the deterioration of the humanitarian and security situation in Darfur, and the absence of a clear political path to the deployment of the UN force. It's been discussed. There's a draft resolution out. But please, ladies and gentlemen of the press, don't forget Darfur. We, all of us as an international community, whether in the Secretariat of the UN, or the press corps, find it hard to keep two stories in the air at once, but it is very, very important that we all pay lots of attention to Darfur. Something very ugly is brewing there.

Thank you very much.

Question: Mark, can you give any more specifics about what you have heard from Italy? Have they made a firm commitment? Where do things stand with them?

Deputy Secretary-General: They have made a firm commitment, but they are not yet firm on numbers. They want over the weekend to look at these rules of engagement and the con-ops to come firm on numbers and dates for deployment. It's clear that they will be part of this first wave of troops, that there will be Italian soldiers, we expect in the first 3,500. How many is unclear, and how many would come later, so the Government has approved it this morning, the Cabinet, and both houses of the Senate and the House of Deputies have approved it in the commissions they have that approve this while they are out of session.

Question: What type? Infantry, engineers?

Deputy Secretary-General: I don't know the exact details, but they include -- well, I can tell you this -- a significant component of frontline troops.

Question: The Indonesians gave you a very generous offer yesterday. Is that acceptable to the Israelis?

Deputy Secretary-General: Well, as a number of people have said, the final word on what is acceptable is ours, and these troops are deployed in Lebanese territory, not Israeli territory, but as a matter of good form in peacekeeping you want a force which is broadly acceptable in its composition to both sides, which is why we have talked about this European-Muslim core to the force, and I think the issue is balance. The more we can fill this force out with a number of key nationalities providing major pillars or legs to it, the more the Israelis can be persuaded to look at its overall composition rather than focusing singularly on particular contributors.

Question: Have you spoken to them about Indonesia?

Deputy Secretary-General: We have spoken to the Israelis. The Foreign Minister was told when she was here, Ms. [Tzipi] Livni, the likely contributors from that side, and I think they are reflecting on it.

Question: Mr. Deputy Secretary-General, on the other commitments -- the Nepalese, the Bangladeshis, the Malaysians, the Indonesians -- do you have any indication which of them can get boots on the ground within 10 days? Can any of them?

Deputy Secretary-General: Well, Nepal, for example is offering a battalion which is just finishing duty in Sudan, so if we can match it with lift it may be one that could be moved very quickly. That is what the Nepalese representative suggested, but that is exactly the follow-up we are doing now, with each of these, to see just how quickly we could get them into position, into theatre.

Question: Anybody else or would they appear to be the ones best able to get in quickly?

Deputy Secretary-General: They were the ones who, in yesterday's meeting, gave a plausible line on how they may be available for very quick deployment. The Bangladeshis have told me that their troops are quickly available as well, and I think we have just got to take this one by one, and understand each of their logistics issues and availability, and I don't want to get too far down on the individuals.

Question: Have you had any more positive signals from France at all?

Deputy Secretary-General: Not since yesterday, except I think it is very important to say that in the meeting yesterday, the French representative affirmed that the rules of engagement and con-ops which they had studied carefully and indeed been consulted on as they were being developed -- well, they felt were very acceptable and correct and a reflection of the resolution that France had obviously been an author of.

Question: The resolution stipulates the issue of a report by the Secretary-General in a week's time, which is, of course, today. Is it going to come out today? And what should we expect from it?

Deputy Secretary-General: You are going to be frustrated because it is not going to come out at a press-friendly time. It is going to come out today. We are very anxious to respect that deadline. But it will be late today. It will describe progress on the three fronts -- political, humanitarian and peacekeeping deployment, and I think it has a good story to tell on each. On the political, that we have already dispatched the first mission to the region of [Terje] Roed-Larsen and Vijay Nambiar. They will have left about now from Europe on a flight to Beirut so they will be in Beirut today.

On the humanitarian reconstruction we have been remarkably successful in being able to move convoys in the days since the cessation of hostilities took hold. Bridges are open again, key road links are open. There has been no opposition to our bringing in relief supplies by boat. So, that's been a real success over the last week. And on the peacekeeping side, you can imagine, we will be recounting what has been going on on that front as well.

Question: [inaudible] this weekend. Is it then ... they basically ... that where they can decide whether they can send it out in the next few days, and by Tuesday are you still going to have another meeting to finalize: okay, we've had these firm commitments, we are sending them out...?

Deputy Secretary-General: They will get them today. They are going out from New York this morning, in fact. Frankly, at the meeting yesterday, we kept them until the meeting to make sure that there were no issues raised which would force us to significantly revise them. We didn't hear anything which would force us to do that. And really not surprisingly, because the rules of engagement and the con-ops is faithful to the resolution itself, and the military advisers of interested countries have been very involved in informal discussions over the week. So, I don't think capitals, when they get them today, would have any reason for surprise.

The core thing that capitals have to get over the hump on, is the character and purpose of the force which is consistent with the resolution, which is that it is not an offensive force, it's not going to go in there and attempt large scale disarmament. Rather it is going to police the political agreement which triggers disarmament, called for under the resolution and, therefore, it will make a prudent use of force. It calls very clearly in the rules of engagement, as it did in the resolution itself, that where combatants forcefully resist a demand from UNIFIL or from the Lebanese army to disarm, UNIFIL will then exercise use of force, if it has to, to force that disarmament. I think we have been very clear on that; this is not going to be a force which can be characterized as a force of occupation, or a force of offensive effort to disarm Hizbollah, but is going to provide Israel with that security guarantee that this political agreement, which will ultimately call for disarmament, [it] does already in the resolution, will be enforceable.

Question: Have you received any commitments from the Arab countries to participate in this force? We understand Morocco, Egypt may need time to consider or to study the rules of engagement. What about Jordan and Saudi Arabia?

Deputy Secretary-General: Well, I think in yesterday's discussion the one that was seen to be, the one that hinted at a serious possible involvement was Morocco. That's not to rule out the others, but the one which seemed to be the most forthcoming. But certainly I don't want to mislead you, did not make a commitment yesterday, but said they were waiting with great anticipation for the rules of engagement et cetera, was the Moroccan representative.

Question: Is there going to be another Troop Contributors Meeting? And secondly, on a related issue, the Arab League has asked for a ministerial meeting of the Security Council to send an Arab delegation to sort of restart the whole Middle East peace process. Is this something that the Secretary-General supports?

Deputy Secretary-General: On the first one, there certainly will be a second, third, fourth, fifth and many more meetings of troop contributors. That is a standard piece of business, once you have a force formed. I think the next days won't be about a meeting, they will be about individual follow-up with the different potential contributors. But once we have firmed things up, and we have contributors who are committed, then as a standard operating procedure we will want them to come together to meet as a group and have them work through with those common issues that they will face. But there is nothing scheduled at the moment. At the moment it is one-on-one follow-up.

Question: So, this follow-up meeting, the first one, when you get these, could that possibly take place next week?

Deputy Secretary-General: I wouldn't be surprised, but at the moment there is nothing scheduled. It is whether it would be useful or not. Our objective is very clear -- 3,500 on the ground by, I think, [28 August], and we will meet, call, do whatever combination of contacts is necessary to get to that deadline successfully.

On your second point, Amre Moussa, the Secretary-General of the Arab League, has briefed the Secretary-General on the initiative. The Secretary-General has, on his behalf, shared Amre Moussa's thoughts on it with a number of other Security Council members, and it is going to be discussed in a ministerial meeting this weekend. It's a process in motion. I think the Secretary-General is certainly well disposed to it in the sense that, you know, he very much asked the drafters of resolution 1701 to make sure that there was a final paragraph in there which said, you know, even if we can fix this problem, we must recognize more than ever the need to have a comprehensive peace for the Middle East. So, anything which can advance that he does, but I don't think he's in a position to want to comment on the specifics of the proposals at this stage, which are anyway under development.

Thank you all very much.

Question: When do the 10 days start?

Deputy Secretary-General: Yesterday.


***

Intervista del Vicepresidente del Consiglio e Ministro degli Esteri Masimo D'Alema a Gigi Riva, L' Espresso, 18 agosto 2006 (tratto da www.esteri.it).

"In Libano resteremo anni"

24 agosto 2006 - Non andremo in Libano a disarmare Hezbollah, «ma a coadiuvare l'esercito libanese ad acquisire piena sovranità nel sud», dice Massimo D'Alema per sgombrare il campo da «analisi sbagliate» sul senso e lo scopo della nostra missione. Quanto all'ala militare di Hezbollah, l'unica prospettiva «realistica» è quella dell'integrazione della milizia nelle forze armate libanesi. Sarà un'operazione che richiederà «anni». In questa intervista a "L'espresso" D'Alema parla «da amico d'Israele» della guerra a suo avviso sbagliata condotta dal governo Olmert. Individua nel problema palestinese il vero nodo irrisolto da cui derivano i guai della regione. Nota infine con soddisfazione che anche gli americani, a cominciare da Condoleezza Rice, stanno avendo ripensamenti sulla dottrina della guerra preventiva e dell'unilateralismo. Proprio il Libano ha segnato una svolta, ha ridato centralità all'Onu e ha trovato, a sorpresa, un nuovo protagonista: l'Europa. L'unità dei Paesi del vecchio Continente è stata la chiave che ha portato a trovare un consenso sulla risoluzione votata all'unanimità al Consiglio di sicurezza.



D. Come spiega agli italiani che è giusto ritirarsi dall'Iraq ed è giusto invece andare in Libano?



R. «Le differenze sono enormi. Il quadro è totalmente diverso. Ci andiamo coi caschi blu, nel rispetto del mandato costituzionale e per garantire la pace. La condizione della pace è la presenza della forza dell'Onu. Più di così...».




D. E tuttavia non vanno sottaciuti i pericoli.




R. «Ci sono dei pericoli. Ma è sbagliato dire che i nostri soldati vanno lì a disarmare Hezbollah, che ora è percepito in larghe fasce della popolazione libanese, giusto o sbagliato che sia, come una sorta di forza di resistenza nazionale dopo il disastroso errore politico rappresentato da questa guerra. Il premier Fuad Siniora, un democratico sostenuto dall'Occidente, si è trovato nella situazione di doverli pubblicamente ringraziare per aver difeso la patria».




D. Chi disarma gli Hezbollah allora?



R. «L'unica prospettiva realistica è un accordo tra forze politiche libanesi che probabilmente si risolverà con l'integrazione di Hezbollah nella forza armata libanese regolare. D'altra parte chi potrebbe mai fare azioni di forza contro un movimento considerato da molti, in Libano, come patriottico? Dunque la soluzione vera consiste nel ricondurre quella forza militare sotto l'autorità di chi governa».



D. Lo sceicco Nasrallah si è già detto contrario allo smantellamento del suo esercito.



R. «Questo è un punto cruciale per il governo del Libano. Perché non c'è governo democratico senza il monopolio della forza. Il premier Fuad Siniora mi sembra determinato e deve avere il sostegno della comunità internazionale. Il disarmo, oltretutto, è previsto da un accordo infralibanese. Quindi noi andiamo lì ad aiutare il Libano a fare ciò che aveva deciso di fare. Non è un'imposizione esterna».



D. L'integrazione di Hezbollah nell'esercito dovrà avvenire prima dell'invio dei nostri soldati?




R. «Se così fosse, andremmo in Libano tra un paio d'anni! E' certamente pregiudiziale che tacciano le armi, che le milizie si ritirino dal Sud del Libano dove dovranno esserci soltanto le armi dell'esercito libanese e dell'Unifil. Il processo di liquidazione o riassorbimento della milizia avverrà gradualmente. La forza internazionale darà un supporto organizzativo, preparerà i libanesi, li aiuterà ad avere forze armate efficaci».



D. Saremo in Medio Oriente tra una decina di giorni, secondo un suo pronostico.



R. «Non ho mai detto questo. Ho sostenuto che siamo in grado di dispiegarci in un tempo rapido dal momento in cui tutti i passaggi politici internazionali e interni saranno completati. La decisione la deve assumere anzitutto l'Onu che ora sta prendendo nota delle disponibilità e pianificando l'operazione. Ci troviamo dentro un contingente internazionale, non possiamo certo andare da soli. E poi ci sono i nostri passaggi parlamentari».



D. A Ferragosto lei ha visto il presidente egiziano Mubarak che sembra preoccupato del crescente peso nell'area dell'Iran e della popolarità di organizzazioni terroristiche.



R. «Lo è, come tutti. E' un dato l'enorme crescita di consenso verso Hezbollah per essere riuscito a non farsi travolgere dalla forza militare d'Israele. Paradossalmente, è apparso come l'alfiere della dignità del mondo arabo».



D. Mondo arabo peraltro in preda a un conflitto per la supremazia tra sunniti e sciiti.




R. «Penso al contrario che questa divisione stia abbastanza perdendo di significato, a parte in Iraq dove si manifesta nel rischio tragico di guerra civile. Nel corso delle ultime settimane la popolarità dell'Iran è cresciuta anche in Paesi a larga maggioranza sunnita».



D. Pensa che l'ordine di rapire i soldati israeliani, causa scatenante della guerra, sia partito da Teheran?



R. «Nasrallah aveva annunciato da mesi l'intenzione di rapire dei soldati per ottenere la liberazione di tre detenuti. Ci avevano anzi già provato. Era un atto annunciato. Poi, certo, mi sembra oltre ogni ragionevole dubbio che l'Iran abbia finanziato e sostenuto Hezbollah. Ma le teorie per cui si muovono i fili mi sembrano troppo complottarde».



D. Secondo una teoria lanciata da qualche giornale americano, sarebbero stati gli Usa a spingere Israele alla guerra vista come primo round del grande conflitto con l'Iran.



R. «Dubito che risponda al vero. Ho l'impressione che gli israeliani non si facciano guidare da nessuno. Si appoggiano agli americani, ma non si fanno guidare. Li guidano le preoccupazioni, le angosce, il pubblico sentire di un Paese che si sente accerchiato».



D. Il 22 agosto è vicino: la comunità internazionale si aspetta una risposta dall'Iran circa il nucleare.




R. «Io continuo a sperare che arrivi dall'Iran una risposta ragionevole. Personalmente, non credo alla politica dell'isolamento e delle sanzioni, non ha mai prodotto effetti positivi. Si deve contare sulle forze della società iraniana che vogliono evitare lo scontro. Abbiamo cercato di tenere aperto un canale di dialogo senza rinunciare a una posizione di fermezza condivisa da tutti: evitare che l'Iran si doti di armi nucleari. Spero che, come per il Libano, anche questa questione si affronti in sede Onu e d'altra parte il Consiglio di sicurezza ne è già investito».



D. Torniamo al Libano. Basta la popolarità acquisita per dire che Hezbollah ha vinto?



R. «C'è un risultato politico evidente. La stessa opinione pubblica israeliana lo percepisce come tale. Questa guerra è stata un errore. La prima reazione è stata comprensibile, ma dopo alcuni giorni gli israeliani avrebbero dovuto fermarsi così come gli avevamo chiesto di fare, avendo ragione. In generale credo che si debba uscire dalla discussione su chi sta con Israele e chi no: tutti stiamo con Israele. Ciò che stiamo facendo è per la sicurezza d'Israele. Ma subito si pone un problema: qual è la strategia che meglio garantisce questa sicurezza? A mio avviso la ricerca di una pace giusta coi vicini».



D. La storia ci dice qualcosa.



R. «Sì: che dalla pace giusta con Egitto e Giordania, Israele ha ottenuto più sicurezza».



D. Ma la formula "territorio in cambio di pace" non ha funzionato coi ritiri dal Libano nel 2000 e da Gaza nel 2005.




R. «Quei ritiri non sono stati negoziati con nessuno. La logica dell'unilateralismo non paga.
Al contrario il ritiro da Gaza ha dato ai palestinesi la sensazione che Israele voglia ritagliarsi i confini che vuole in Cisgiordania e non lasciare alcun pezzo di Gerusalemme. Oltretutto gli estremisti hanno potuto dire: vedete? Abbiamo messo le bombe e se ne sono andati da Gaza, mentre i moderati non hanno potuto dire: abbiamo negoziato e se ne sono andati».



D. A Gaza lei ha detto di volere i caschi blu.



R. «In prospettiva sarei favorevole. Anche Mubarak pensa a una risoluzione Onu che ponga fine al conflitto a Gaza. Ma adesso dobbiamo procedere per gradi. Se le cose funzioneranno in Libano, gli israeliani potrebbero comprendere che anche altrove una presenza della comunità internazionale è un fattore di garanzia per loro».



D. Perché Israele oggi accetta una forza Onu quando non l'aveva mai fatto?



R. «Capiscono che il tema della sicurezza non può essere affidato esclusivamente alla loro forza militare, ma anche a una responsabilità della comunità internazionale. Cominciano a comprendere il rischio che il conflitto cambi natura. Non più un conflitto coi soli palestinesi che tutto sommato Israele avrebbe potuto regolare con la sua forza preponderante, ma un conflitto che travalica addirittura i confini del mondo arabo. E Israele diventerebbe una sorta di avamposto dello scontro di civiltà con l'Islam. Un pericolo per il quale non esiste soluzione militare».



D. Le si può obiettare che la percezione cambia se davanti c'è qualcuno che vuole distruggerti.




R. «È vero il contrario. È proprio l'esistenza di un partito di questo tipo che dovrebbe consigliare di rivolgersi alla comunità internazionale. Noi non abbiamo interessi strategici in Libano. Se mandiamo i nostri soldati laggiù è per garantire Israele. E Israele ci dovrebbe essere grato e dovrebbe ragionare con noi su quale sia il modo migliore per affrontare questi pericoli. Oggi ci occupiamo di Libano, ma il cuore, la madre di tutte le guerre resta quella coi palestinesi. L'errore americano è stato quello di pensare che fosse l'Iraq la leva per la soluzione dei guai dell'area e invece la leva è la questione palestinese».



D. Che è tra l'altro una rivendicazione nazionale, dunque contenibile in certi confini.



R. «Però è diventata il pretesto, o la ragione, che alimenta il fondamentalismo e il senso di frustrazione e di ingiustizia subita. Ed è vissuto come tale da enormi masse di persone in tutto il mondo arabo».



D. Invece si è preferito far guerra all'Iraq.



R. «Adesso non possiamo accontentarci di dire: avevamo ragione su quella guerra. Dobbiamo cercare di uscire dalle difficoltà mettendo in campo una strategia nuova i cui capisaldi sono: presenza dell'Onu e fine dell'unilateralismo; unità dell'Europa che si è manifestata in modo efficace in questa crisi ed è stata una novità vera; rapporto con le componenti democratiche del mondo arabo che significa Siniora, Abu Mazen, Mubarak. Se vogliamo sostenerli dovremo sentirne le ragioni».



D. Perché è stato possibile il ritorno in scena dell'Onu?




R. «Perché gli americani hanno cominciato a rendersi conto che la loro politica nel Medio Oriente non ha prodotto i risultati attesi. Da questo punto di vista ho trovato un'interlocuzione interessante col segretario di Stato, Condoleezza Rice, perché lei è probabilmente la persona dell'amministrazione più consapevole della necessità di un rapporto diverso con l'Onu. Questo è stato il fondamento di una collaborazione inattesa da parte di chi pensava che un governo di centrosinistra avrebbe lacerato i buoni rapporti con gli Usa».



D. La cartina di tornasole è stata la Conferenza di Roma?



R. «Non solo. La recente telefonata di Bush con Prodi, il rapporto di lavoro continuativo con la Rice. Quanto alla Conferenza di Roma vorrei far notare che quel documento considerato "deludente" è esattamente la traccia della risoluzione adottata dall'Onu».



D. Ministro, la destra le rimprovera di essersi allontanato dalle posizioni filoisraeliane. L'accusano per quella frase "reazione sproporzionata".



R. «Era scritta nei documenti europei, non è un'invenzione strana di quell'antisemita di D'Alema. Avevo avvertito gli israeliani che con la guerra avrebbero dato più forza agli estremisti arabi. Avevo ragione, purtroppo. Sono finiti in una trappola e non ne avevano valutato le conseguenze neppure sotto il profilo delle capacità militari effettive contro un nemico sfuggente e irregolare».



D. Il cuore della questione, lei dice, sta nella soluzione del problema palestinese. Ma non si vedono interlocutori adeguati.




R. «La pace si fa con chi c'è. Il governo Olmert è nato per fare la pace, dobbiamo avere fiducia che rispetterà l'impegno, dobbiamo incoraggiarlo e sostenerlo. Ha avuto un esordio infelice ma spero ritrovi la sua vocazione più autentica».



D. Anche il governo Olmert sembra privilegiare la sicurezza alla pace.



R. «Questa ossessione della sicurezza ha un fondamento. Ma Israele deve riscoprire il nesso tra sicurezza e pace che Rabin aveva capito perfettamente. Hanno sempre pensato che la sicurezza è la premessa della pace, mentre sono due facce della stessa medaglia».



D. Quale lezione si può trarre dalla guerra appena conclusa?



R. «Di fronte a una guerriglia motivata dal fanatismo religioso nessun esercito può spuntarla. Il terrorismo che scaturisce dal fanatismo religioso non si sconfigge con le guerre, ma con la politica, la cultura, l'economia. Processi lunghi, insomma».



D. Se Hezbollah ha vinto come immagine, significa Israele ha perso?




R. «Si è trovato di fronte a un fenomeno che non si risolve con la forza dell'esercito. Potrebbe essere un'esperienza utile a Israele per capire che è finita una fase e per incamminarsi su una strada più efficace proprio ai fini della sua sicurezza».



D. Anche il Libano ha comunque perso.



R. «Ha subito enormi distruzioni. Ma è stato invaso sei volte e una certa esperienza di ricostruzione ce l'ha».



D. Chi ha vinto allora?



R. «Come spesso accade in guerra hanno perso tutti. Si vince quando si esce dal conflitto. Ha vinto l'Onu che ha posto fine alla guerra».



 
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