Diritto internazionale dei diritti umani e dei conflitti armati: guerra e pace
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ultimo aggiornamento: 12.03.2008
   
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Camera dei Deputati - 9 ottobre 2001
Ministro degli Affari Esteri On. Renato Ruggiero Pubblicazioni
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Documento aggiornato al: 2001

 
Sommario

"È importante ribadire che la lotta in corso è diretta soltanto contro il terrorismo internazionale e chi lo sostiene; non si tratta dunque di una guerra contro il mondo islamico o contro il popolo afghano. Siamo di fronte ad una vasta strategia internazionale, politico, diplomatica, giuridica e finanziaria di lungo periodo, di cui la componente militare non è certamente la più importante e significativa, ma che si rende in questa fase necessaria. "

 
Abstract
 

Signor Presidente, onorevoli deputati,

ho già più volte riferito in aula il 28 settembre e nelle Commissioni il 13 settembre ed il 4 ottobre sugli sviluppi della situazione internazionale a partire dal gravissimo attacco terroristico compiuto contro gli Stati Uniti d'America l'11 settembre scorso.

Ricordo, in proposito, che la dichiarazione del Consiglio atlantico del 12 settembre ha richiesto l'applicazione dell'articolo 5 del Trattato del nord atlantico ponendolo in relazione all'articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite.

Come è noto, la piena operatività dell'articolo 5 venne tuttavia subordinata ad una clausola sospensiva poi rimossa nella riunione del Consiglio atlantico del 2 ottobre scorso allorché, da parte degli Stati Uniti d'America, è stata fornita un'esauriente informativa sugli esiti delle indagini in merito alle responsabilità degli attentati.

Tali chiarimenti sono stati presentati non solo ai diciannove Stati membri della NATO, ma anche a molti altri paesi, alcuni a prevalente connotazione musulmana, che li hanno ritenuti pienamente soddisfacenti. Anche la Russia ed il Pakistan hanno avuto conoscenza delle prove ed hanno dichiarato di considerarle valide.

Peraltro, le dichiarazioni rese l'altro ieri da Osama Bin Laden e la rivendicazione degli attentati dell'11 settembre formulata dalla sua rete terroristica Al Qaeda hanno confermato la veridicità delle prove raccolte in queste settimane.

Per riscontrare, tuttavia, la richiesta di maggiori elementi di conoscenza formulata al riguardo da molti parlamentari durante l'audizione svolta da me e dal ministro della difesa il 4 ottobre scorso, il Governo, come ha comunicato ora il Presidente della Camera, in ragione del grado di riservatezza dell'informazione ricevuta, ha provveduto a rimetterne ai Presidenti delle Camere una sintesi riservata.

Essendo, quindi, accertata la provenienza dall'esterno del devastante attacco mosso contro gli Stati Uniti e potendosi considerare quest'ultimo, in base all'articolo 5, alla stregua di un attacco diretto a tutti i membri dell'Alleanza atlantica, il Consiglio atlantico ha approvato il 4 ottobre una richiesta americana di alcune misure individuali e collettive di solidarietà e di assistenza logistica.

Esse mirano a:

1) incrementare lo scambio di informazioni e la cooperazione fra intelligence sia sul piano bilaterale sia nelle appropriate sedi dell'Alleanza;

2) provvedere individualmente o collettivamente, nei modi ritenuti più opportuni e secondo le rispettive capacità, all'assistenza in favore degli alleati e di altri Stati che possano essere soggetti ad un incremento di minacce terroristiche;

3) intraprendere le necessarie misure al fine di incrementare la sicurezza a tutela delle installazioni americane o di altri alleati, site nei rispettivi territori nazionali;

4) sostituire determinati assetti alleati schierati nell'area di responsabilità della NATO il cui impiego risulti ora prioritariamente richiesto a diretto sostegno di operazioni contro il terrorismo;

5) concedere un'autorizzazione permanente di sorvolo per gli aerei militari americani e di altri alleati nello spazio aereo dei paesi NATO per voli militari inerenti ad operazioni dirette contro il terrorismo;

6) autorizzare l'accesso per gli Stati Uniti e gli altri alleati a porti ed aeroporti nel territorio dei paesi membri della NATO per operazioni contro il terrorismo, incluso il rifornimento di carburante. L'Alleanza si dichiara, inoltre, pronta a:

7) schierare elementi delle sue forze navali nel Mediterraneo orientale;

8) impiegare i suoi aerei radar, gli Awacs, a sostegno di operazioni contro il terrorismo internazionale. Su quest'ultimo punto gli Stati Uniti hanno già richiesto la messa a disposizione da parte dell'Alleanza di 5 aerei Awacs e relativi equipaggi per una durata iniziale di sei mesi.

Tale richiesta è stata già soddisfatta e le operazioni ad esse collegate utilizzano anche 49 italiani nel quadro degli equipaggi multinazionali impiegati.

Voglio, infine, menzionare ancora una volta l'importanza assunta, già all'indomani dell'attacco terroristico, dalle due risoluzioni adottate il 12 settembre dall'Assemblea generale e dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, che i Capi di Stato e di Governo dell'Unione europea hanno considerato, al vertice straordinario del 21 settembre, come il riconoscimento, da parte delle Nazioni Unite, della legittimità di una risposta da parte degli Stati Uniti.

Questa risposta è iniziata, come noto, nella serata del 7 ottobre. Gli attacchi in territorio afghano hanno confermato, come sottolineato dallo stesso segretario alla difesa degli Stati Uniti, Rumsfeld, il loro carattere di copertura tattica e di disabilitazione della capacità aerea e contraerea del regime talibano, con il fermo proposito di evitare vittime fra la popolazione e danni alle strutture civili.

Tali operazioni, dirette esclusivamente contro campi di addestramento dei terroristi ed obiettivi militari del regime talibano, sono state accompagnate da un'intensa azione umanitaria con la pronta destinazione di voli di approvvigionamento in cibo e medicine per le popolazioni afghane oltre che per i profughi al di là del confine.

L'Italia che, dall'indomani degli orrori dell'11 settembre, ha sempre svolto un ruolo attivo in seno all'ampia coalizione costituitasi per debellare il terrorismo internazionale, ha ribadito la sera stessa dell'inizio dell'operazione, attraverso una dichiarazione del Presidente del Consiglio, la sua solidarietà al popolo e al Governo americano. Il Presidente Berlusconi ha quindi dichiarato che il paese è pronto a prendere parte ad ogni iniziativa che si rendesse necessaria nei prossimi giorni a fianco dei paesi amici, inclusa l'eventuale partecipazione ad operazioni militari. Tale piena solidarietà verrà ribadita dal Presidente del Consiglio al Presidente Bush, nel corso della sua imminente visita negli Stati Uniti d'America del prossimo 15 ottobre.

È importante ribadire che la lotta in corso è diretta soltanto contro il terrorismo internazionale e chi lo sostiene; non si tratta dunque di una guerra contro il mondo islamico o contro il popolo afghano. Siamo di fronte ad una vasta strategia internazionale, politico, diplomatica, giuridica e finanziaria di lungo periodo, di cui la componente militare non è certamente la più importante e significativa, ma che si rende in questa fase necessaria.

Signor Presidente, onorevoli deputati, siamo certamente di fronte ad un passaggio storico difficile. I tragici eventi dell'11 settembre hanno aperto preoccupanti interrogativi e comprensibili incertezze. Tuttavia, la situazione deve indurre la comunità internazionale a ricercare e condividere nuove prospettive, in grado sia di consolidare la coesione nella lotta contro il terrorismo sia, su un piano più generale, di porre le basi di una nuova strategia globale per il governo di un mondo migliore.

Tali prospettive trovano conferma in alcuni punti che vorrei portare all'attenzione di questa Assemblea: in primo luogo, il ruolo delle Nazioni Unite. L'attacco rivolto l'11 settembre contro i valori universali dell'umanità stessa ha sancito una ritrovata centralità delle Nazioni Unite quale ambito privilegiato di riferimento nella lotta globale contro il terrorismo.

La risoluzione n. 1373, adottata il 28 settembre all'unanimità dal Consiglio di sicurezza, sottolinea bene questo nuovo ruolo per la sua efficacia immediatamente vincolante per gli Stati membri, per l'ampio raggio d'azione delle misure richieste, per l'impatto introdotto in ambiti tradizionalmente riservati alla sfera nazionale degli Stati. Citerei soprattutto l'individuazione ed il blocco delle possibili fonti di finanziamento dei gruppi terroristici; il rafforzamento delle normative nazionali, eventualmente carenti, contro il terrorismo; la verifica che la loro applicazione in sede giudiziaria sia conforme a criteri di massima severità.

Vorrei inoltre menzionare, quale punto cruciale della risoluzione, l'istituzione di un comitato di monitoraggio incaricato di verificare l'applicazione, da parte di tutti gli Stati, delle misure obbligatorie previste e di produrre entro 30 giorni un primo rapporto. Ciò in stretta consultazione con il Segretario generale, la cui figura risalta particolarmente nella predisposizione di questa strategia globale.

Gli Stati membri sono chiamati, a loro volta, a fornire al comitato, entro 90 giorni, tutte le informazioni circa le azioni intraprese per dare attuazione alla risoluzione. Il rafforzato ruolo delle Nazioni Unite che il Governo italiano sostiene con ferma convenzione deve, a nostro avviso, preludere al positivo esito di analoghe ed urgenti iniziative, quali una eventuale conclusione di una convenzione globale contro il terrorismo o la predisposizione di ulteriori strumenti di contrasto, anche nei confronti delle temibili minacce costituite dalle armi batteriologiche e chimiche, nonché dal terrorismo nucleare.

Queste modalità innovative, efficaci, di largo respiro, globali, contro il terrorismo internazionale introducono una seconda esigenza, quella di un'ampia coalizione. Molti sono stati i progressi compiuti, in queste settimane, nella direzione di un obiettivo chiaro e largamente condiviso. Ritengo significativo, ad esempio, l'atteggiamento assunto da Pechino, che ha apprezzato, in questi giorni, l'approccio diplomatico americano di costruzione responsabile di un ampio fronte internazionale contro il terrorismo e ha anche, dopo l'avvio dell'operazione militare angloamericana, condannato nuovamente e pubblicamente ogni forma di terrorismo.

Meritano una riflessione a parte le nuove relazioni della Russia con l'Unione europea e con la NATO, all'indomani dell'11 settembre, confermate dalle dichiarazioni del Presidente Putin e pronunciate anche dopo i primi attacchi in territorio afghano. È significativa la prontezza con cui il Presidente russo ha schierato il proprio paese a fianco degli Stati Uniti nella lotta al terrorismo e ha espresso la volontà di instaurare un nuovo rapporto con l'Occidente e, in particolare, con Washington e con la NATO. Mai, dalla caduta del regime comunista ad oggi, la Russia si era sentita così fortemente partecipe di un'impresa comune con l'Occidente.

Esistono dunque le premesse, in primo luogo, per affrontare con la Russia i nodi cruciali della costruzione di una nuova architettura di sicurezza euroatlantica, con nuovi equilibri strategici e modalità di allargamento ulteriore della NATO.

La seconda direttrice di auspicabile evoluzione della Russia riguarda i rapporti di Mosca con l'Unione europea. L'immagine di Putin che al Bundestag di Berlino parla in tedesco, tra gli applausi ripetuti dei parlamentari, è l'ultimo dei tanti eventi di questi giorni che mostrano i grandi cambiamenti della storia europea con la volontà della Russia di integrarsi nella grande Europa. In questa situazione così dinamica e complessa, assumono ancora più importanza le relazioni bilaterali della Russia con l'Italia.

I rapporti con Mosca sono solidi e si sviluppano positivamente. Dopo gli attentati di New York e Washington e la spinta ad un'accresciuta cooperazione internazionale che ne è conseguita, questi rapporti sono destinati ad intensificarsi ulteriormente e a divenire ancora più significativi. Ne costituiscono riprova l'approfondito colloquio di Berlino, di qualche giorno fa, tra il Presidente del Consiglio Berlusconi e il Capo di Stato russo, e il fatto che è già in agenda fra i due un prossimo incontro a Mosca.

Restiamo convinti che da tali premesse - nuovo ruolo delle Nazioni Unite, creazione di un ampio fronte comune contro la minaccia terroristica e collocazione della Russia - scaturisca una quarta esigenza: la strategia da perseguire, come dicevo all'inizio, dovrà infatti essere necessariamente di natura globale, proprio al fine di consolidare la dimensione ragguardevole della coalizione e il suo grado di alta coesione.

Il nostro impegno andrà nella direzione di una strategia complessiva contro il terrorismo, che dovrà articolarsi in un'ampia gamma di misure di carattere politico, economico, finanziario e giuridico. Azioni militari mirate, come quella avviata nella serata del 7 ottobre, dovranno costituire solo una componente di questo ventaglio differenziato di iniziative.

Una quinta consapevolezza, certamente centrale ed oggi più urgente, emerge da questo momento di crisi e di preoccupazione. È il momento di compiere tutti gli sforzi possibili per eliminare le principali crisi regionali accanto alle quali allignano più facilmente le derive dell'estremismo e del terrorismo, le crisi mediorientale e balcanica prime fra tutte.

In Medio Oriente, l'azione diplomatica svolta dai Governi europei nelle settimane precedenti l'attacco terroristico negli Stati Uniti è stata forte e soprattutto - come non era mai successo prima - coordinata nel tentativo di sensibilizzare israeliani e palestinesi a riprendere costruttivamente il dialogo.

I tragici eventi dell'11 settembre potrebbero accelerare una dinamica di speranza, aggiungendo un più diretto e deciso coinvolgimento degli Stati Uniti in una situazione da tempo ormai bloccata. Ne sono significativa testimonianza le recenti dichiarazioni del Presidente Bush che danno forma concreta alle aspirazioni per la creazione di uno Stato palestinese, nella conferma del diritto di Israele alla sua esistenza entro confini sicuri.

A sua volta, noi ministri degli esteri dell'Unione europea, abbiamo ieri approvato a Lussemburgo un importante documento in cui, ricordando che la creazione di uno Stato palestinese costituisce da tempo un obiettivo fondamentale dell'Unione europea, si auspica un'urgente e forte pressione insieme con gli Stati Uniti per promuovere un processo di pace mirato ad una soluzione politica definitiva del conflitto arabo-israeliano. In altri termini, non crediamo più possibile continuare ad avanzare con una strategia di piccoli passi. Ci vuole una soluzione globale che si possa intravedere dall'inizio del negoziato.

A questa azione l'Italia continuerà a fornire un contributo pieno e diretto. Per quanto riguarda i Balcani, gli sviluppi della situazione in Macedonia, l'avvio della campagna elettorale in Kosovo per le difficili consultazioni del 17 novembre, il consolidamento dell'opera di democratizzazione a Belgrado costituiscono uno scenario delicato e composito che conferma la necessità di un approccio globale ai problemi della regione. Ogni focolaio di crisi è, infatti, suscettibile di implicazioni complessive sul piano della sicurezza dell'intero scacchiere balcanico.

Stiamo riflettendo e lavorando sulla possibilità di riunire una conferenza sui Balcani per rilanciare una prospettiva globale di sicurezza, sviluppo e collaborazione. Non ho mancato di soffermarmi, nei miei più recenti interventi in Parlamento, su un'altra conseguenza dell'11 settembre che, pure in un'atmosfera che resta di incertezza e tensione, deve aprire un altro spiraglio di speranza e ottimismo. Mi riferisco all'Unione europea che ha saputo rispondere alla sfida lanciata dal terrorismo internazionale, accelerando fortemente i suoi processi interni di cooperazione e di integrazione.

Il piano d'azione, adottato dai Capi di Stato e di Governo il 21 settembre, costituisce una svolta di primaria importanza nella definizione tempestiva di azioni comuni ed impone progressi reali e rapidi in settori cruciali per la costruzione europea quali la cooperazione giudiziaria e di polizia, la lotta al finanziamento del terrorismo, nonché la sua politica estera, di sicurezza e difesa; in una parola, l'impegno dell'Europa nel mondo.

Mi limito a citare: l'accordo sull'istituzione dell'ordine d'arresto europeo, chiamato a sostituire l'attuale sistema di estradizione fra Stati membri; il rafforzamento della cooperazione fra i servizi d'informazione dell'Unione e l'istituzione, a tal fine, di squadre investigative comuni; il più sistematico scambio di dati fra Stati membri di Europol; l'invito all'attuazione di tutte le convenzioni internazionali esistenti in materia di lotta al terrorismo ed il sostegno fornito alla conclusione di una Convenzione generale contro il terrorismo internazionale sotto l'egida delle Nazioni Unite; l'invito, rivolto ai ministri finanziari, ad adottare tutte le misure necessarie a combattere qualsiasi forma di finanziamento al terrorismo; un rinnovato impegno politico nella risoluzione delle crisi regionali, in particolare in Medio Oriente; l'impegno della Commissione, sancito nella riunione di ieri a Lussemburgo, a presentare nuove proposte al Consiglio per rafforzare la politica estera di sicurezza e di difesa dell'Unione. Sottolineo, infine, quali ulteriori significativi esiti del recente incontro a livello di ministri degli esteri in Lussemburgo, la decisione relativa all'avvio di uno stretto dialogo con i paesi partecipanti al partenariato euromediterraneo inaugurato a Barcellona nel 1995 e con i paesi del Golfo, come pure l'immediata disponibilità finanziaria, stabilita a fini umanitari per le popolazioni afghane e dei paesi limitrofi, per un ammontare di 316 milioni di euro.

Tale approccio globale, coordinato ed interdisciplinare, che abbraccia tutte le politiche dell'Unione e che prende in considerazione l'intera gamma degli strumenti di contrasto al terrorismo è destinato insomma a costituire una pietra miliare nell'edificazione europea, incrementando la coesione interna dell'Unione e rafforzando la sua capacità di agire e decidere all'esterno. Questa rinnovata azione globale dell'Europa introduce il punto conclusivo su cui desidero soffermarmi.

Si tratta della capacità di gestione della crescente interdipendenza, ineliminabile fenomeno del nostro tempo. L'approccio condiviso da tutti gli attori internazionali per un adeguato e complessivo contrasto al terrorismo deve infatti mantenere alla base, anche in queste ore, il concetto di governabilità della globalizzazione, requisito fondamentale non solo di prevenzione e soluzione dei conflitti, ma anche e soprattutto di impegno per la diffusione di uno sviluppo più equo attraverso azioni miranti alla riduzione della povertà, alla lotta contro le grandi malattie endemiche, alla salvaguardia dell'ambiente, alla protezione dei diritti umani e sociali. Le decisioni del vertice di Genova, allargato ai paesi in via di sviluppo e, in particolare, all'Africa per iniziativa italiana, devono ormai costituire l'inizio di un nuovo rapporto tra il nord e il sud del mondo.

La situazione attuale resta certamente molto difficile. Dobbiamo, tuttavia, moltiplicare i nostri sforzi affinché dalla crisi di queste settimane, dai pericoli e dalle minacce che essa contiene, la comunità internazionale possa comunque cogliere tutti i fili, anche tenui, di speranza per un futuro migliore. Dobbiamo determinare e favorire le nuove prospettive con il massimo impegno.

L'Italia, con il convinto appoggio del nostro Parlamento, deve continuare ad operare, nell'Unione europea, nell'Alleanza atlantica e nelle Nazioni Unite, a favore dello sviluppo, della giustizia e della pace del mondo.