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Sanzioni economiche all'Iraq: una questione di etica pubblica :: Studi per la pace  
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ultimo aggiornamento: 12.03.2008
   
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Versione integrale
Sanzioni economiche all'Iraq: una questione di etica pubblica
Tesi di laurea

Università degli Studi di Ferrara
Facoltà di Giurisprudenza

Relatore: Prof. Letizia Gianformaggio
Anno Accademico 2001/2002 Pubblicazioni
Centro italiano Studi per la pace
www.studiperlapace.it - no ©
Documento aggiornato al: 2002

 
Sommario

L'incertezza e l'ambiguità delle relazioni internazionali emergono con evidenza in relazione all'embargo imposto dalle Nazioni Unite all'Iraq, di carattere emblematico: si tratta delle sanzioni economiche più estese e severe mai applicate, la cui durata non ha precedenti, così come senza precedenti è la gravità delle conseguenze umanitarie prodotte sulla popolazione irachena. Un episodio complesso, che mette in luce le incongruenze e il mancato collegamento fra le disposizioni del capitolo settimo della Carta delle Nazioni Unite e le convenzioni sui diritti umani, e che è causa di contrapposizione fra organi diversi di una stessa organizzazione.

 
Indice dei contenuti
 
INTRODUZIONE


I. LE SANZIONI ECONOMICHE NELLA CARTA DELLE NAZIONI UNITE: NATURA E PROBLEMATICHE


1. La sanzione giuridica

1.1 Il concetto di sanzione
1.2 La sanzione come concetto giuridico fondamentale
2. La sanzione nel diritto internazionale

2.1 Sanzioni internazionali e natura del diritto internazionale
2.2 Le sanzioni nella Carta delle Nazioni Unite
2.3 Le sanzioni economiche nella Carta delle Nazioni Unite


II. IL CASO IRACHENO: DODICI ANNI DI SANZIONI ECONOMICHE


1. Sanzioni economiche all'Iraq

1.1 Le principali risoluzioni Onu
1.2 Il sistema delle sanzioni e le clausole umanitarie: dalle parole ai fatti
1.3 Il programma "petrolio in cambio di cibo"
1.3.1 Antefatti
1.3.2 Dalla risoluzione 986 alla risoluzione 1409: sviluppi e limiti del programma
1.3.3 I danni di guerra e la Commissione Onu per i risarcimenti
1.4 La questione del disarmo
2. Conseguenze delle sanzioni sulla popolazione

2.1 La situazione socio-economica prima e dopo la guerra
2.2 L'economia
2.3 La situazione nutrizionale e alimentare
2.4 La situazione sanitaria
2.5 L'impatto sociale
3. Sanzioni economiche all'iraq e diritto internazionale

3.1 Le pronunce degli organi delle Nazioni Unite
3.2 Le sanzioni economiche all'Iraq e la Convenzione sul Genocidio


III. VALUTAZIONE ETICA DELLE SANZIONI ECONOMICHE ALL'IRAQ DA UN PUNTO DI VISTA UTILITARISTICO


1. Etica e relazioni internazionali

1.1 Etica: nozioni generali
1.2 Ammissibilità di un discorso etico in merito alle relazioni internazionali
1.3 Etica e diritto internazionale
2. Utilitarismo e relazioni internazionali

2.1 Etica consequenzialista: l'utilitarismo
2.2 L'utilitarismo come etica pubblica
2.3 L'utilitarismo come etica internazionale
3. Utilitarismo e sanzioni economiche all'iraq

3.1 Utilitarismo e conseguenze delle sanzioni da un punto di vista umanitario
3.2 Efficacia delle sanzioni rispetto ai fini delle risoluzioni Onu
3.3 Efficacia delle sanzioni rispetto a fini ulteriori non indicati nelle risoluzioni Onu
3.4 Efficacia delle sanzioni rispetto ai fini della Carta delle Nazioni Unite
3.5 Sanzioni all'Iraq e dottrina della sicurezza collettiva


IV. ETICA, RESPONSABILITÀ E POTERE


1. Responsabilità morale come imputazione delle conseguenze di un atto

1.1 Consiglio di sicurezza, governo sanzionato e popolazione
1.2 Responsabilità morale e funzione retributiva delle sanzioni economiche
2. Responsabilità morale come funzione del potere e del sapere

2.1 La responsabilità del politico
2.2 La responsabilità del funzionario e il valore etico della testimonianza
2.3 Società civile e disobbedienza civile

3. Etica e potere: la strumentalizzazione retorica dell'etica

BIBLIOGRAFIA
 
Abstract
 

INTRODUZIONE
[note omesse]

In termini generali, l'etica pubblica è definibile come il settore della filosofia relativa all'universo dei valori e delle norme a cui gli uomini fanno riferimento nell'ambito della sfera pubblica. L'oggetto di tale disciplina è quindi costituito dalla condotta umana nella vita di relazione: gli individui vengono considerati in quanto facenti parte di una collettività ed agenti all'interno di essa.

La vita di ogni comunità è caratterizzata dall'assunzione di fini, in vista della realizzazione di una certa struttura sociale, e dalla scelta dei mezzi che si ritengono preferibili per il perseguimento dei fini stessi: è caratterizzata, cioè, da un'attività politica. La determinazione degli obbiettivi politici non prescinde dai valori morali dei membri della società, piuttosto ne deriva, essendo espressione della condivisione di alcuni valori ritenuti fondamentali. Tra gli strumenti più incisivi per la realizzazione di questi ci sono le istituzioni e norme giuridiche di cui la comunità si dota, vale a dire il diritto, che in un significato esteso del termine comprende l'insieme delle prassi, degli organi e dei meccanismi di formazione delle scelte collettive.

Morale, politica e diritto sono dunque necessariamente interconnessi nell'ambito dell'esperienza umana di relazione: essa è dunque al tempo stesso esperienza morale, politica e giuridica. Considerare gli aspetti pubblici della vita umana da un punto di vista etico presuppone la consapevolezza di questo legame, da cui deriva il riconoscimento dell'ammissibilità di una valutazione delle decisioni pubbliche (politiche o giuridiche) sulla base di criteri morali. La specificità dell'etica pubblica consiste, in altri termini, nel riconoscere la legittimità della discussione pubblica: "[p]iù che un arsenale di principi, regole, argomentazioni stringenti, l'etica pubblica è un insieme di chiamate in causa di tutti coloro che pretendono di agire in nome di una collettività" .

Operare una critica etica del diritto, assumendo un punto di vista interno alla comunità da cui il diritto è prodotto e a cui si applica, significa verificare che esso adempia alla sua funzione specifica di realizzazione dei fini etico-politici che la comunità stessa si è attribuita. Fini che trovano espressione, all'interno di un ordinamento giuridico, nei principi fondanti contenuti nelle Carte costituzionali, e rispetto ai quali dovrà essere valutato il contenuto delle norme giuridiche.

In questo scritto intendo compiere un'analisi etica di un tipo particolare di decisione pubblica: l'adozione di sanzioni economiche da parte delle Nazioni Unite, considerata nel caso specifico della sua applicazione all'Iraq. La decisione, dunque, di un'organizzazione internazionale, che vuole rappresentare quella comunità del tutto peculiare che è la comunità internazionale, che si traduce in decisione statale allorché, con una legge, viene recepita dagli Stati membri dell'organizzazione.

Nel primo capitolo introdurrò l'argomento definendo la misura in questione e presentando le principali problematiche connesse alla sua applicazione, prestando particolare attenzione alle difficoltà legate al carattere primitivo del diritto internazionale. In un sistema, come quello internazionale, in cui in assenza di tribunali con giurisdizione coercitiva vige 'l'auto-interpretazione' delle norme, i confini fra morale, diritto e politica sono inevitabilmente più incerti che in altri sistemi giuridici, e ciò rende preferibile un approccio etico complessivo: "[...] sul piano pratico, le sanzioni giuridiche mancano: sono inflitte solo sanzioni politiche e morali. L'assenza di giudici e gendarmi è un male a cui dobbiamo rassegnarci senza troppe recriminazioni, consapevoli che il diritto ci fornisce almeno dei punti di riferimento che si possono far valere sul piano etico e politico."

L'incertezza e l'ambiguità delle relazioni internazionali emergono con evidenza in relazione all'embargo imposto dalle Nazioni Unite all'Iraq. In effetti, la scelta di questo caso, descritto nel secondo capitolo, è dovuta proprio al suo carattere emblematico: si tratta delle sanzioni economiche più estese e severe mai applicate, la cui durata non ha precedenti, così come senza precedenti è la gravità delle conseguenze umanitarie prodotte sulla popolazione irachena. Un episodio complesso, che mette in luce le incongruenze e il mancato collegamento fra le disposizioni del capitolo settimo della Carta delle Nazioni Unite e le convenzioni sui diritti umani, e che è causa di contrapposizione fra organi diversi di una stessa organizzazione.

Il terzo capitolo sarà dedicato alla valutazione etica dell'embargo da un punto di vista utilitaristico: la correttezza di tale misura sarà dunque considerata in base al criterio della massimizzazione del benessere dell'umanità. L'esame del rapporto fra i fini politici per cui le sanzioni sono state adottate e le conseguenze effettivamente prodotte sarà condotto su diversi piani: dagli obiettivi contenuti nelle risoluzioni Onu, a quelli non indicati dalle risoluzioni ma apertamente dichiarati da esponenti politici o sostenuti da accademici, per poi ricondurre l'analisi degli effetti nell'ambito dei fini superiori espressi dalla Carta delle Nazioni Unite. L'apparente contraddittorietà della politica delle sanzioni mi porterà ad allargare lo sguardo al quadro globale in cui essa è inserita, considerando l'incidenza dei rapporti di forza su cui si basa il Consiglio di sicurezza nella determinazione delle strategie di sicurezza collettiva.

Il quarto capitolo sarà incentrato sui concetti di responsabilità e potere. Il primo sarà considerato sia nel suo significato di imputazione delle conseguenze di un atto, sia in quello finalistico legato al potere derivante dall'assunzione di un ruolo pubblico. L'analisi dei diversi livelli di responsabilità degli individui, nella loro condotta pubblica, rispetto all'embargo all'Iraq si focalizzerà sul momento, eticamente significativo, del conflitto fra dovere morale, impegno politico e obbligo giuridico. Il potere, fonte di responsabilità, sarà poi considerato nella diversa prospettiva della ricerca di giustificazione e consenso tramite il ricorso strumentale e retorico a termini e concetti di natura etica.

***


1.1 Le principali risoluzioni Onu

L'invasione del Kuwait da parte dell'Iraq il 2 agosto del 1990 causa un'immediata risposta internazionale: il giorno stesso il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite adotta una risoluzione di condanna - la 660 (1990) - con cui chiede il ritiro immediato delle truppe irachene.

Il 6 agosto interviene una seconda risoluzione - la 661 (1990) - adottata con tredici voti a favore, zero contrari e due astensioni (Yemen e Cuba), che segna l'inizio del regime di sanzioni economiche contro l'Iraq da parte delle Nazioni Unite . Al fine di ottenere il rispetto del paragrafo due della risoluzione 660 (ritiro immediato e incondizionato), la 661 prevede l'imposizione di sanzioni totali, tali cioè da vietare ai paesi membri l'importazione di tutti i beni e prodotti fabbricati in Iraq e Kuwait, il trasferimento di fondi a fini commerciali e l'esportazione di tutti i beni e prodotti "eccetto forniture strettamente destinate a scopi medici, e, in circostanze umanitarie, viveri " . Istituisce inoltre il Comitato per le sanzioni, composto da tutti i membri del Consiglio di sicurezza, con il compito di monitorare l'applicazione delle sanzioni.

Fatte salve poche eccezioni, la risoluzione viene rapidamente applicata dagli Stati tramite l'adozione di provvedimenti legislativi interni: a due settimane dall'occupazione del Kuwait le sanzioni sono già effettive e il loro impatto sull'economia irachena è significativo (cfr. paragrafo 2).

Con le risoluzioni 665 e 670 (1990), adottate rispettivamente il 25 agosto e il 25 settembre, le sanzioni vengono ampliate e viene rafforzato il controllo della loro applicazione: la prima autorizza le forze navali presenti nel Golfo ad adottare le misure necessarie, non escluso l'uso della forza, per assicurarne l'esecuzione mentre la seconda include ulteriori misure relative alla navigazione e al trasporto aereo.

Nonostante i disagi prodotti dalle sanzioni siano comprovati, in seno alle Nazioni Unite prevale la posizione di coloro che ritengono non si possa attendere oltre per ottenere il ritiro delle truppe irachene; la risoluzione 678 (1990) fissa al 15 gennaio la scadenza dell'ultimatum all'Iraq, termine oltre il quale gli Stati membri sono autorizzati ad utilizzare "tutti i mezzi necessari". Il 17 gennaio ha inizio l'intervento militare: a cinque settimane di bombardamenti segue l'attacco di terra che si conclude il 28 febbraio con il ritiro dell'esercito iracheno dal Kuwait.

L'obiettivo perseguito dalla risoluzione 661 è stato quindi raggiunto e i termini della risoluzione 686 (1991) del 2 marzo, che chiede all'Iraq di adempiere a tutte le precedenti risoluzioni Onu, vengono accettati dalle autorità irachene. Le sanzioni vengono tuttavia confermate dalla risoluzione 687 (1991) del 3 aprile. Con essa il Consiglio di sicurezza dispone la demarcazione dei confini fra Iraq e Kuwait, il dispiegamento di un'unità di monitoraggio Onu per il controllo della zona smilitarizzata, il pagamento da parte dell'Iraq dei danni di guerra, la distruzione delle armi chimiche e biologiche e dei missili balistici di lunga gittata (nonché di tutte le forniture di riparazione e produzione associate) sotto la visione di una commissione speciale (Unscom); l'Iraq deve inoltre riaffermare la sua adesione al Trattato di non-proliferazione degli armamenti nucleari e accettare di non acquistare o sviluppare armi nucleari e ogni altro materiale e sistema correlato, il tutto sotto il controllo dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea). Il paragrafo F disciplina il regime delle sanzioni economiche: ne subordina la revoca al rispetto delle risoluzioni precedenti qui richiamate e delle disposizioni sul disarmo previste dai paragrafi precedenti e prevede una verifica periodica del livello di osservanza dell'Iraq da parte del Consiglio di sicurezza. Sono esenti dalle sanzioni i beni alimentari notificati al Comitato per le sanzioni, mentre gli altri beni essenziali per le necessità umanitarie sono sottoposti alla procedura accelerata di autorizzazione da parte del Comitato stesso.

La risoluzione 687 lega quindi l'embargo ad una serie complessa di condizioni; da questo momento le sanzioni verranno di volta in volta prorogate in virtù della mancata o insufficiente ottemperanza ad alcune di tali condizioni.

Il 10 novembre 1994 un decreto del Consiglio del Comando della rivoluzione e una dichiarazione dell'Assemblea nazionale irachena affermano il riconoscimento irrevocabile e incondizionato della sovranità, dell'integrità territoriale e dell'indipendenza politica del Kuwait, e dei confini fra Iraq e Kuwait come definiti dalla risoluzione Onu 883 (1993). Viene così soddisfatta una delle principali richieste.

Il 14 aprile 1995 viene approvata la risoluzione 986, che dà inizio ad un programma ribattezzato Oil for Food (petrolio in cambio di cibo): prevede la possibilità per l'Iraq di esportare petrolio per un valore di due miliardi di dollari ogni sei mesi, per far fronte alle necessità umanitarie del popolo iracheno. Tanto la vendita quanto l'amministrazione del ricavato ricade sotto il controllo delle Nazioni Unite. Dopo un primo rifiuto delle autorità irachene , la 986 entra vigore solo nel maggio dell'anno successivo in seguito alla firma di un memorandum d'intesa fra l'Iraq e il Segretario generale dell'Onu. L'adeguatezza di tale provvedimento e delle sue modalità di applicazione sarà messa in discussione da più parti (cfr. paragrafo 1.3), e il suo contenuto sarà parzialmente modificato da risoluzioni successive; così la 1284 (1999) elimina il limite alla quantità massima di petrolio che può essere esportato.

Si muove nella stessa direzione anche l'ultima pronuncia del Consiglio di sicurezza in materia di embargo all'Iraq, la risoluzione 1409 (2002), adottata il 14 maggio, che prevede la proroga del programma per altri sei mesi (fino al 25 novembre 2002) e modifiche alle procedure per l'approvazione dei contratti relativi alle merci la cui importazione è consentita. Tale decisione segue un anno di dibattiti in seno al Consiglio relativi alle cosiddette "sanzioni intelligenti" (tali cioè da facilitare l'ingresso in Iraq di merci per uso civile e inasprire i controlli sulle forniture militari), dibattiti che avevano visto contrapporsi Stati Uniti e Gran Bretagna da una parte e Russia, Francia, Cina dall'altra con una serie di proposte e controproposte . La 1409 non pone limiti di importazione per i beni di solo uso civile (per i quali è previsto un semplice controllo da effettuarsi entro dieci giorni dalla richiesta) mentre un elenco di oltre 300 pagine specifica i beni che potrebbero avere un uso sia civile che militare, per i quali è richiesta un'autorizzazione e il cui utilizzo è sottoposto a ispezioni.

***


3.1 Le pronunce degli organi delle Nazioni Unite

L'aspetto centrale della questione della legalità delle sanzioni economiche all'Iraq è costituito dall'impatto esercitato da queste misure sul godimento dei diritti umani. Questo aspetto non è argomento di dibattito solo in dottrina: in relazione ad esso si sono più volte espressi diversi organi delle stesse Nazioni Unite. Farò ora un breve accenno ad alcune di queste pronunce, al fine di mettere in evidenza le principali problematiche sollevate.


Alto Commissario per i diritti umani, decisione 2001/115 della Sotto-commissione sui diritti umani: "La situazione umanitaria della popolazione irachena"

In questo provvedimento la Sotto-commissione, dopo aver dichiarato che "misure come gli embarghi dovrebbero essere limitate nel tempo, non dovrebbero in alcun modo colpire la popolazione innocente e, per evidenti ragioni umanitarie, dovrebbero essere revocate anche se gli obiettivi legittimi delle misure non sono stati ottenuti", riaffermato "la necessità di rispettare la Carta delle Nazioni Unite, la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e le disposizioni fondamentali delle Convenzioni di Ginevra del 12 agosto 1949 e dei due Protocolli aggiuntivi che proibiscono di ridurre alla fame le popolazioni civili e di distruggere ciò che è indispensabile alla loro sopravvivenza", e considerato che "ogni embargo che condanna un popolo innocente alla fame, alla malattia, all'ignoranza e persino alla morte costituisce una violazione flagrante dei diritti economici, sociali e culturali e del diritto alla vita del popolo interessato e del diritto internazionale, decide [...] di fare appello [...] alla comunità internazionale, e in particolare al Consiglio di Sicurezza, affinché siano revocate le disposizioni relative all'embargo che colpiscono la situazione umanitaria della popolazione irachena".


Comitato sui diritti economici, sociali e culturali, commento generale n. 8 (1997): "La relazione fra le sanzioni economiche e il rispetto dei diritti economici, sociali e culturali"

Questo documento si occupa delle sanzioni economiche in generale. Dopo aver sottolineato di non discutere la necessità di imporre sanzioni in conformità al capitolo sette della Carta delle Nazioni Unite, il Comitato sostiene che "le disposizioni della Carta relative ai diritti umani (articoli 1, 55 e 56) devono essere considerate ancora pienamente applicabili in tali casi [...] Mentre l'impatto delle sanzioni varia da un caso all'altro, il Comitato è a conoscenza del fatto che quasi sempre hanno un impatto drammatico sui diritti riconosciuti dal Patto [sui diritti economici, sociali e culturali] [...] Il Comitato ritiene che le disposizioni del Patto, tutte praticamente riflesse in vari altri trattati sui diritti umani così come nella Dichiarazione universale dei diritti umani, non possono essere considerate non operative, o ad ogni modo inapplicabili, soltanto perché si è deciso che considerazioni relative alla pace e sicurezza internazionali richiedono l'imposizione di sanzioni. Così come la comunità internazionale insiste affinché ogni Stato sanzionato rispetti i diritti civili e politici dei suoi cittadini, allo stesso modo lo Stato e la comunità internazionale stessa devono fare il possibile per proteggere almeno l'essenza dei diritti economici, sociali e culturali della popolazione colpita [...] Per quanto questo obbligo di ogni stato derivi comunque dall'impegno di promuovere il rispetto per tutti i diritti umani richiesto dalla Carta delle Nazioni Unite, dovrebbe anche essere ricordato che tutti i membri permanenti del Consiglio di sicurezza hanno firmato il Patto, sebbene due (Cina e Stati Uniti) non l'abbiano ancora ratificato".


Alto Commissario per i diritti umani, "L'impatto sui diritti umani delle sanzioni economiche all'Iraq" (2000)

Richiama, fra le altre, le pronunce del Comitato sui diritti dell'infanzia e del Comitato sull'eliminazione della discriminazione razziale. Il primo sottolinea come l'embargo all'Iraq "[abbia] colpito negativamente l'economia e molti aspetti della vita quotidiana, impedendo il pieno godimento da parte della popolazione, in particolare dei bambini, dei loro diritti alla sopravvivenza, alla salute e all'educazione" . Il secondo, dopo aver ricordato un'analoga decisione della Sotto-commissione sulla prevenzione della discriminazione e sulla protezione delle minoranze, fa appello alla comunità internazionale, e al Consiglio di sicurezza in particolare, per la revoca delle disposizioni relative all'embargo che colpiscono la situazione umanitaria della popolazione irachena.

L'Alto Commissario conclude affermando che "l'attuale regime sanzionatorio sta avendo un impatto negativo sproporzionato sul godimento dei diritti umani da parte della popolazione irachena [...] è arrivato il momento di riesaminare la portata e la natura del regime sanzionatorio all'Iraq".

***

3. Utilitarismo e sanzioni economiche all'Iraq

Perché una questione possa costituire oggetto di etica applicata, si ritengono necessari due requisiti: deve trattarsi di una questione controversa e deve avere rilevanza chiaramente morale (nel senso che deve trattarsi di una problematica di valenza universale).

Le sanzioni economiche imposte all'Iraq da parte delle Nazioni Unite soddisfano sicuramente entrambe le condizioni. Il loro pesante impatto sulla popolazione civile ha sollevato forti interrogativi in merito alla loro legittimità morale, determinando una contrapposizione tra sostenitori e oppositori di tale politica. Considererò ora questa questione da un punto di vista utilitaristico, compiendo un'analisi del rapporto tra le finalità politiche per cui tali misure sono state applicate e le conseguenze effettivamente prodotte, al fine di valutare la razionalità e correttezza delle sanzioni stesse. Parlando di "razionalità" e "correttezza" utilizzo questi termini adottando la definizione che ne dà Smart , per cui è razionale l'azione che, sulla base delle prove in possesso dell'agente, è probabile che produca i risultati migliori, mentre è corretta l'azione che realmente produce i risultati migliori (la differenza sta quindi nel carattere ex-ante o ex-post della valutazione). Si tratta di un caso di utilitarismo dell'atto, in quanto mi propongo di prendere in considerazione non la validità della regola generale dell'applicazione di sanzioni economiche come misura di diritto internazionale, ma il caso specifico della loro applicazione all'Iraq.

Il 12 maggio 1996, nel corso di una puntata del programma televisivo statunitense '60 minutes', l'allora ambasciatrice USA alle Nazioni Unite, Madaleine Albright, viene intervistata in merito alle sanzioni all'Iraq. Alla domanda della conduttrice "Abbiamo sentito che sono morti mezzo milione di bambini. Voglio dire, più bambini di quanti ne sono morti a Hiroshima. E' un prezzo che vale la pena pagare?", Madeleine Albright risponde: "Penso sia una scelta molto difficile, ma sì, penso che ne valga la pena" . Analizzare le sanzioni economiche all'Iraq da un punto di vista utilitaristico significa esattamente valutare se ne è valsa (e ne vale) la pena.
 
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Croce Rossa Internazionale (ICRC, International Committee of the Red Cross)

www.icrc.org

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www.defenselink.mil

Dipartimento di Stato degli Stati Uniti

www.state.gov

Fao, Food and Agriculture Organisation

www.fao.org

Global security

www.globalsecurity.org

Human Rights Watch

www.hrw.org

Institute for International Economics

www.iie.com

(The) Internet Encyclopedia of Philosophy, University of Tennessee at Martin

www.utm.edu/research/iep

John Pilger

www.johnpilger.com

Jus Cogens (di Elias Davidsson)

www.juscogens.org

Medialens

www.medialens.org

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www.merip.org

National Security Archive, George Washington University

www.gwu.edu/~nsarchiv

Not in Our Names (appello di D. Halliday e H. von Sponeck)

www.notinournames.org

Office of the Special Assistant for Gulf War Illnesses

www.gulflink.osd.mil

Organizzazione delle Nazioni Unite

www.un.org

Organizzazione mondiale della sanità (WHO, World Health Organisation)

www.who.int

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www.reliefweb.int

Unicef, United Nations International Children's Emergency Found

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Un ponte per, associazione di volontariato per la solidarietà internazionale

www.unponteper.it

Voices in the Wilderness, a Campaign to End the Economic Sanctions Against the People of Iraq

www.nonviolence.org/vitw

Z net

www.zmag.org

VIDEO

PILGER, J., Paying the Price: Killing the Children of Iraq, Carlton Television, 2000, distribuito dall'associazione "Un ponte per"

 
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