Diritto internazionale dei diritti umani e dei conflitti armati: guerra e pace
La legge Consolo per la prevenzione ed il divieto delle pratiche di mutilazione genitale femminile :: Studi per la pace  
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ultimo aggiornamento: 12.03.2008
   
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La legge Consolo per la prevenzione ed il divieto delle pratiche di mutilazione genitale femminile
Paper

Pro Manuscripto
Roma, Giugno 2006
Pubblicazioni
Centro italiano Studi per la pace
www.studiperlapace.it - no ©
Documento aggiornato al: 2006

 
Sommario

Le pratiche di mutilazione genitale femminile costituiscono violazioni dei diritti fondamentali all'integrità della persona e alla salute delle donne e delle bambine e sono vietate dalla legge 9 Gennaio 2006, n.7.

 
Indice dei contenuti
 
1. Introduzione
2. Epidemiologia e definizioni delle pratiche di mutilazione genitale femminile (MGF)
3. La cultura dell'infibulazione
4. Modalità, effetti e conseguenze psico-fisiche delle MGF
5. Le MGF nel contesto internazionale
6. All'avanguardia normativa per la salvaguardia dei diritti: la "Legge Consolo"
7. Conclusioni
8. Bibliografia
9. Legge 9 Gennaio 2006, n.7 "Disposizioni concernenti la prevenzione e il divieto delle pratiche di mutilazione genitale femminile" (testo integrale)
 
Abstract
 

1. Introduzione

Il 18 Gennaio 2006 la Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana ha pubblicato la Legge 09/01/2006 n. 7, recante "Disposizioni concernenti la prevenzione e il divieto delle pratiche di mutilazione genitale femminile", diffuse ormai da lungo tempo anche e soprattutto in Italia.

In attuazione degli articoli 2, 3 e 32 della Costituzione della Repubblica Italiana e di quanto sancito dalla Dichiarazione e dal Programma di azione adottati a Pechino il 15 Settembre 1995 nella Quarta Conferenza mondiale delle
Nazioni Unite sulle Donne, la "Legge Consolo" (dal nome dell'On. Giuseppe Consolo, proponente e primo firmatario), detta "le misure necessarie per prevenire, contrastare e reprimere le pratiche di mutilazione genitale femminile quali violazioni dei diritti
fondamentali all'integrità della persona e alla salute delle donne e
delle bambine".


2. Epidemiologia e definizioni

Le pratiche di mutilazione sessuale femminile sono diffuse in almeno 40 Paesi nel mondo (28 Paesi dell'Africa sub-sahariana ): ogni anno 3 milioni di bambine si aggiungono ai 130 milioni di donne che già convivono con il ricordo, concreto ed indelebile, di questa orrenda tortura .
In particolare, i dati forniti dalle ricerche nei singoli Paesi rivelano percentuali che vanno dal 5 per cento delle donne in Niger al 94 per cento in Mali. Nella maggioranza dei Paesi monitorati circa la metà dell'intera popolazione femminile ha subito tali pratiche. Le percentuali in alcuni Paesi dell'Africa Orientale sono vicine o superiori al 90 per cento. Tra i Paesi dell'Africa Centrale per i quali si dispone di dati, le percentuali variano dal 5 per cento nella Repubblica Democratica del Congo al 60 per cento in Chad. In Egitto, il 97 per cento delle donne ha subito mutilazioni genitali .

Gli unici Paesi che registrano una riduzione continua dei tassi di prevalenza sono la Repubblica Centrafricana, dove le percentuali di MGF tra le donne dai 20 ai 24 anni sono inferiori a quelle registrate tra le donne dai 45 ai 49 anni, ed il Kenya dove tali percentuali corrispondono rispettivamente al 32 e al 48 per cento .
Secondo stime non ufficiali, solo in Italia sono state in media - fino alla promulgazione della nuova Legge - 40mila ogni anno le giovani donne ad esser sottoposte a questo orrendo "rituale".

L'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) distingue le mutilazioni sessuali femminili in 4 tipi differenti (a seconda della gravità per il soggetto):
1. Circoncisione o infibulazione "as sunnah": si limita alla scrittura della punta del clitoride con fuoriuscita di sette gocce di sangue simboliche;
2. Escissione "al uasat": asportazione del clitoride e taglio totale o parziale delle piccole labbra;
3. Infibulazione o circoncisione faraonica o sudanese: asportazione del clitoride, delle piccole labbra, di parte delle grandi labbra con cauterizzazione, cui segue la cucitura della vulva, lasciando aperto solo un foro per permettere la fuoriuscita dll'urina e del sangue mestruale;
4. Interventi di varia natura sui genitali femminili.

Mentre la prima è puramente simbolica e non comporta conseguenze, soprattutto la terza, l'infibulazione faraonica, danneggia in maniera grave la salute generale e la vita sessuale delle donne.
E' soprattutto su quest'ultima pratica che si concentra l'analisi di questo scritto.


3. La cultura dell'infibulazione

Le mutilazioni genitali femminili (in particolare l'infibulazione) vengono molto spesso considerate parte di alcune culture religiose, prevalentemente islamiche. In realtà si praticano in società di religione sia islamica che politeista e cristiana (copta, cristiana ortodossa, protestante, giudaica) , pur essendo pubblicamente condannate in ciascuna di esse.

Mentre, infatti, alcuni Islamici sostengono che tali pratiche trovino origine in alcune ahadith del profeta Maometto che disse ad una donna che stava praticando un'infibulazione su una bambina: "Taglia, ma non distruggere", ci sono testimonianze storiche che attestano che tali procedure fossero già praticate al tempo dei Romani antichi.

Le motivazioni che spingono a praticare queste vere e proprie torture si richiamano a detti popolari, precetti religiosi o al controllo politico e sessuale della donna.

Ma la motivazione e causa fondamentale di questo crimine è che nelle culture ove le mutilazioni sono richieste e praticate non averle subite significa isolamento sociale.

La sessualità femminile è considerata un istinto impuro e da controllare e, possibilmente, annullare. Attraverso queste pratiche la donna preserva l'onore e l'integrità della famiglia. Questo "imperativo categorico" sociale fa dimenticare alla stessa vittima il carattere di tortura di tali pratiche e di annullamento completo dei propri diritti di persona umana .

Prima dell'entrata in vigore della Legge Consolo, un'autorevole dottrina riportava: "Questo tipo di mutilazione femminile ha antiche radici in alcune zone del continente africano ed è stata adottata in aree islamiche, ma non ha una vera motivazione religiosa; riflette piuttosto quella mentalità arcaica che vede nella donna una sorta di proprietà esclusiva dell'uomo, priva del diritto ad una propria peculiare sessualità. Non c'è dubbio che, riguardate nella loro materialità e nei conseguenti effetti corporei, le pratiche infibulatorie integrano il reato di lesioni volontarie di cui all'articolo 582 del Codice Penale e risultano contrarie, sotto diversi profili, a convenzioni e dichiarazioni internazionali sui diritti umani, ed in questo senso già si registrano in Italia delle sentenze di condanna per pratiche del genere (Floris).

Il profilo penalistico della questione è richiamato in una dichiarazione del Ministero della Sanità del 30 Settembre 1999 con la quale, rispondendo implicitamente a quanti, con la motivazione della diversità di cultura e di tradizioni, ritengono che l'infibulazione possa essere legittimata e praticata addirittura nell'ambito delle strutture pubbliche sanitarie, esclude categoricamente << l'effettuazione di tali interventi presso le strutture del SSN e per opera del personale medico>>.

E' vero, però, che sarebbe difficile risolvere un problema che nasce da oggettive e profonde diversità culturali, e che si innesta in tradizioni etniche molto radicate, in un'ottica esclusivamente penalistica. La rilevanza di valori quali la tutela della salute e della dignità della persona suggeriscono che lo Stato, e gli enti competenti, si facciano promotori di interventi preventivi, soprattutto di carattere educativo, capaci di far arretrare e infine estirpare usi e abitudini che contrastano con acquisizioni che appartengono a tutta l'umanità, a prescindere dall'area geopolitica in cui sono germinati (Vitalone)" .

Oltrepassando ulteriormente i confini del Biodiritto, le MGF - formalmente e nella sostanza atti di violenza su minore - vengono considerate tradizionalmente un segno di premura ed attenzione nei confronti delle bambine: una bambina non infibulata è una bambina di cui nessuno si è preso cura.

Perdendo individualità e diritti, la giovane donna viene accettata dal proprio gruppo sociale, subendo dunque non solo una violenza fisica, ma anche psicologica, poiché la pratica mutilativa viene considerata dalle stesse donne necessaria per il loro vivere associato.


4. Modalità, effetti e conseguenze psico-fisiche


Il termine "infibulazione" deriva dal latino fibula, la spilla utilizzata per agganciare la toga romana. Essa veniva utilizzata nei tempi antichi anche per impedire i rapporti sessuali tra gli schiavi (fissando le grandi labbra delle donne e il prepuzio degli uomini) e per preservare le fedeltà delle schiave verso i loro padroni.

Attualmente, al "rito" dell'infibulazione partecipano solo donne. Il taglio degli organi genitali viene compiuto da una donna anziana (una chiromante o una levatrice) che procede all'operazione dietro un alto compenso monetario.

Nella maggior parte dei casi viene praticata su bambine dai 2 agli 8 anni, ma l'intervallo di età aumenta nei diversi Paesi (ad esempio, nel Sud della Nigeria si pratica sulle neonate, in Uganda sulle adolescenti, in Somalia sulle bambine).

La bambina viene immobilizzata a gambe divaricate, il taglio viene effettuato senza alcuna anestesia o sostanza disinfettante, tramite un paio di forbici o un coltello, una scheggia di metallo o un pezzo di vetro.

Le ferite vengono suturate con spine di acacia o fili di seta e cicatrizzate con sostanze naturali (succo di limone, erbe aromatiche, tuorlo d'uovo, ceneri), spesso causa di infezioni violente e mortali. A questo si aggiungono la possibilità che l'operazione, condotta da mani inesperte, danneggi anche altri organi e le complicazioni al momento del parto che possono portare alla morte della madre e del figlio.

Dopo l'operazione, le gambe vengono legate e immobilizzate per alcune settimane per consentire la guarigione della ferita.

Attraverso questa pratica i rapporti sessuali vengono resi impossibili fino alla defibulazione , effettuata direttamente dallo sposo prima del matrimonio o della prima notte di nozze per consentire la penetrazione e conservare la verginità della donna .

Dopo ogni parto viene praticata una nuova infibulazione ("reinfibulazione" ), al fine di ripristinare la situazione prematrimoniale.

Le conseguenze psico-fisiche sono devastanti: i rapporti sessuali diventano difficili e molto dolorosi, la donna perde quasi completamente la capacità di provarne piacere. Molto spesso la vittima è affetta da ritenzione urinaria, cistiti molto gravi (accompagnate da una dolorosa difficoltà nella minzione), infezioni vaginali, shock emorragico, frigidità.


5. Le Mutilazioni Genitali Femminili nel contesto internazionale

L'opera internazionale per contrastare ed abolire l'abitudine a tali pratiche prende il via concretamente solo in questo secolo, grazie agli sforzi di Organizzazioni femminili africane.

La Commissione sui Diritti Umani delle Nazioni Unite sollevò il problema nel 1952, ma solo nel 1984 l'ONU creò un Comitato Interafricano contro le pratiche tradizionali pregiudizievoli per la salute delle donne e dei bambini" (IAC), con sede a Dakar. Dai primi Anni '90 le MGF vengono riconosciute dalla comunità internazionale come una grave violazione dei diritti delle donne e delle bambine.

Nel contesto internazionale la condanna della pratica delle MGF si articola in tre dimensioni: la tutela dei Diritti Umani, dei diritti della Donna e dei diritti del Bambino .
Le Nazioni Unite condannano la pratica delle MGF facendo inizialmente riferimento all'Art. 5 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo del 1948 ("Nessun individuo potrà essere sottoposto a tortura o a punizioni crudeli, inumane o degradanti") fino alla solenne Dichiarazione di Ginevra del 1997, promulgata da tre Agenzie dell'ONU - il Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione, l'Organizzazione Mondiale della Sanità e il Fondo delle Nazioni Unite per l'Infanzia - dove per mutilazioni genitali femminili si intendono "tutte le procedure che comportano la rimozione parziale dei genitali esterni femminili o altri interventi dannosi sugli organi genitali tanto per ragioni culturali che per altre ragioni non terapeutiche".

In Africa (dove le MGF vengono praticate in tutti i Paesi) da oltre vent'anni molti Stati hanno intrapreso un'opera di discussione e prevenzione per il superamento di tali pratiche, elaborando leggi e strumenti preventivi che conducano ad un reale cambiamento di mentalità individuale e sociale.
Il primo Gruppo di lavoro venne costituito nel 1977 da 20 Organizzazioni Non Governative aventi status consultivo per l'ONU. Da allora si sono succedute occasioni di incontro e di studio che hanno avviato un dibattito ormai continuo su questi argomenti e sull'entrata in vigore di leggi che proibiscano tali pratiche . In particolare alcuni Paesi, come il Burkina Faso, l'Egitto e il Togo hanno vietato per legge le MGF (in Burkina Faso e in Egitto esse non sono pù praticate neanche secondo il diritto consuetudinario) .

In Europa, l'attenzione verso questo problema nasce all'inizio degli Anni '70 fino a concretizzarsi nel 1980 con l'apertura dela Conferenza di Copenhagen sulla Donna ed il parallelo Forum di Organizzazioni Non Governative in cui delegate statunitensi ed africane si scontrarono e confrontarono vivacemente sul tema.
Nei decenni successivi la risoluzione di questo problema è diventata sempre più necessaria ed urgente, a causa dell'intensificarsi dei flussi migratori provenienti dall'Africa verso il Vecchio Continente, con l'aumento di richieste, da parte dei genitori immigrati, di poter effettuare mutilazioni genitali sulle proprie figlie nelle strutture sanitarie pubbliche.
Il Consiglio d'Europa assimila le mutilazioni genitali femminili alle pratiche di tortura, facendo esplicito riferimento all'Art. 3 della Convenzione per la Salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e delle Libertà fondamentali" del 1950 ("Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti") .
La Svezia è stato il primo Paese, nel 1982, a dotarsi di una disciplina specifica in materia, seguita nel 1998 dalla Norvegia. La Legge svedese proibisce "operazioni sulle parti esterne dei genitali femminili che hanno lo scopo di mutilarli o di produrre altri danni permanenti".
In Gran Bretagna, nel 1985 è entrato in vigore il "Prohibition of Female Circumcision Act", ai sensi del quale è un crimine "praticare l'escissione o mutilare in altro modo, interamente o parzialmente, le grandi labbra o il clitoride di un'altra persona".
In Germania il Tribunale Amministrativo di Oldenburg è recentemente ricorso alla Convenzione di Ginevra sullo status di rifugiato del 1951, accogliendo il ricorso di una cittadina del Togo, permettendole di non essere espulsa dal territorio tedesco, con la motivazione che la condizione di una donna obbligata a subire delle mutilazioni puo' essere considerata una vera e propria persecuzione .

La Francia è l'unico Paese europeo dove si sono celebrati processi contro gli esecutori di pratiche di mutilazione sessuale, non essendo però presente nell'ordinamento giuridico interno una Legge specifica in materia, basandosi gli organi giudiziari sull'Art. 222 del Codice penale che punisce genericamente le "mutilazioni" fisiche contro natura.

A testimonianza che le MGF non sono una tradizione della religione e della cultura islamica, significativa e importante è la Dichiarazione di Rabat del 2005, a conclusione della prima Conferenza Islamica dei Ministri incaricati, che invita tutti gli Stati musulmani a "prendere le necessarie misure per eliminare tutte le forme di discriminazione nei confronti delle ragazze e tutte le pratiche tradizionali nocive, come la mutilazione genitale femminile", sottolineando che queste pratiche sono contro i precetti e la tradizione dell'Islam. Ai Governi è stato chiesto di "promulgare ed attuare leggi adeguate, fare dei programmi nazionali e delle strategie per proteggere le ragazze".


6. All'avanguardia normativa per la salvaguardia dei diritti: la "Legge Consolo"

Dal 9 Gennaio 2006 praticare mutilazioni genitali femminili a fini non terapeutici, anche in Italia è un reato .
L'importanza sociale dell'entrata in vigore di tale provvedimento risiede nel fatto che l'Italia è il primo Paese in Europa con il più alto numero di donne infibulate, per lo più immigrate di origine somala e nigeriana e le loro figlie.
Le nuove norme hanno lo scopo di "prevenire, contrastare e reprimere le pratiche di mutilazione genitale femminile quali violazioni dei diritti
fondamentali all'integrità della persona e alla salute delle donne e
delle bambine" (Art. 1).

La strategia di questo strumento normativo segue un approccio integrato.
La Legge Consolo si caratterizza, infatti, per il suo duplice carattere di provvedimento repressivo dell'illegalità e della violenza contro i diritti umani di ogni donna e strumento formativo con lo scopo di informare il più possibile le donne e le famiglie immigrate nel nostro Paese e di vincere, eliminandola fin dall'origine, l'ignoranza dei propri diritti, alla base di queste orribili pratiche.

Dall'entrata in vigore della Legge "chiunque, in assenza di esigenze terapeutiche, provoca, al fine di
menomare le funzioni sessuali, lesioni agli organi genitali femminili, da cui derivi una malattia nel corpo o nella mente, e' punito con la reclusione da tre a sette anni. La pena e' diminuita fino a due terzi se la lesione è di lieve
entità.

La pena è aumentata di un terzo quando le pratiche sono commesse a danno di un minore ovvero se
il fatto è commesso per fini di lucro.
Tali disposizioni si applicano altresì quando
il fatto è commesso all'estero da cittadino italiano o da straniero
residente in Italia, ovvero in danno di cittadino italiano o di
straniero residente in Italia. In tal caso, il colpevole è punito a
richiesta del Ministro della Giustizia.
La condanna contro
l'esercente una professione sanitaria per taluno dei delitti previsti
importa la pena accessoria dell'interdizione
dalla professione da tre a dieci anni" (Art. 6) .

La seconda parte della Legge è mirata a promuovere Programmi di cooperazione internazionale "condotti dal Ministero degli Affari esteri e in particolare nei
programmi finalizzati alla promozione dei diritti delle donne, in
Paesi dove, anche in presenza di norme nazionali di divieto,
continuano ad essere praticate mutilazioni genitali femminili, e
comunque senza nuovi o maggiori oneri per lo Stato, in
accordo con i Governi interessati, presso le popolazioni locali". Tali "progetti di formazione e informazione sono diretti a scoraggiare tali
pratiche nonché a creare centri antiviolenza che possano
eventualmente dare accoglienza alle giovani che intendano sottrarsi a
tali pratiche ovvero alle donne che intendano sottrarvi le proprie
figlie o le proprie parenti in età minore". Questo allo scopo di diffondere la conoscenza dei diritti fondamentali della persona e di "modificare le motivazioni culturali, etniche e religiose che sono alla base delle pratiche" vietate (Art. 7).

Il 4 Aprile 2006 la Legge Consolo viene applicata per la prima volta.
A Verona le Forze di Pubblica Sicurezza arrestano una donna nigeriana di 43 anni che, in cambio di un compenso di 300 Euro, era pronta a mutilare una neonata di 14 giorni. Gli Agenti di Polizia l'hanno fermata poco prima che iniziasse l'intervento, nell'abitazione dei genitori della piccola vittima, una coppia di suoi connazionali. La donna aveva in borsa forbici chirurgiche, flaconi di sostanze anestetizzanti e antibiotici, garze ed olii emollienti. Pochi giorni prima aveva eseguito un intervento simile su un'altra bambina.


7. Conclusioni

Una società nasce dall'unione di individui che stabiliscono leggi e norme per governare se stessi in relazione agli altri ed ottenere da questi rapporti vantaggi e benefici che non otterrebbero individualmente.

Le Leggi, per loro natura intrinseca, devono seguire il corso dell'evoluzione umana per salvaguardare il diritto di ogni individuo di esercitare i propri diritti all'interno del proprio gruppo sociale.

La legge 7/2006 rappresenta nel panorama normativo italiano ed internazionale un mezzo di difesa e prevenzione.

L'ordinamento giuridico italiano si è dotato di uno strumento non solo repressivo, ma necessario e utile per creare una nuova cutura di diritti, un nuovo modo di entrare nella comunità.

Affinché nel nostro Paese nessuno debba mai più pagare un prezzo per la propria esistenza.




Gazzetta Ufficiale N. 14 del 18 Gennaio 2006

LEGGE 9 gennaio 2006, n.7
Disposizioni concernenti la prevenzione e il divieto delle pratiche di mutilazione genitale femminile.
La Camera dei Deputati ed il Senato della Repubblica hanno
approvato;
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Promulga
la seguente legge:
Art. 1.
(Finalita)
1. In attuazione degli articoli 2, 3 e 32 della Costituzione e di
quanto sancito dalla Dichiarazione e dal Programma di azione adottati
a Pechino il 15 settembre 1995 nella quarta Conferenza mondiale delle
Nazioni Unite sulle donne, la presente legge detta le misure
necessarie per prevenire, contrastare e reprimere le pratiche di
mutilazione genitale femminile quali violazioni dei diritti
fondamentali all'integrita' della persona e alla salute delle donne e
delle bambine.
Avvertenza:
Il testo delle note qui pubblicato e' stato redatto
dall'amministrazione competente per materia, ai sensi
dell'art. 10, commi 2 e 3, del testo unico delle
disposizioni sulla promulgazione delle leggi,
sull'emanazione dei decreti del Presidente della Repubblica
italiana, approvato con D.P.R. 28 dicembre 1985, n. 1092,
al solo fine di facilitare la lettura delle disposizioni di
legge modificate o alle quali e' operato il rinvio. Restano
invariati il valore e l'efficacia degli atti legislativi
qui trascritti.
Nota all'art. 1:
- Il testo degli articoli 2, 3 e 32 della Costituzione
sono i seguenti:
«Art. 2. - La Repubblica riconosce e garantisce i
diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle
formazioni sociali ove si svolge la sua personalita', e
richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di
solidarieta' politica, economica e sociale.».
«Art. 3. - Tutti i cittadini hanno pari dignita'
sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione
di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni
politiche, di condizioni personali e sociali.
E' compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di
ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la
liberta' e la uguaglianza dei cittadini, impediscono il
pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva
partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione
politica, economica e sociale del Paese.».
«Art. 32. - La Repubblica tutela la salute come
fondamentale diritto dell'individuo e interesse della
collettivita', e garantisce cure gratuite agli indigenti.
Nessuno puo' essere obbligato a un determinato
trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La
legge non puo' in nessun caso violare i limiti imposti dal
rispetto della persona umana.».
Art. 2.
(Attivita' di promozione e coordinamento)
1. La Presidenza del Consiglio dei ministri-Dipartimento per le
pari opportunita' promuove e sostiene, nell'ambito degli ordinari
stanziamenti di bilancio, il coordinamento delle attivita' svolte dai
Ministeri competenti dirette alla prevenzione, all'assistenza alle
vittime e all'eliminazione delle pratiche di mutilazione genitale
femminile.
2. Ai fini dello svolgimento delle attivita' di cui al comma 1, la
Presidenza del Consiglio dei ministri-Dipartimento per le pari
opportunita' acquisisce dati e informazioni, a livello nazionale e
internazionale, sull'attivita' svolta per la prevenzione e la
repressione e sulle strategie di contrasto programmate o realizzate
da altri Stati.
Art. 3.
(Campagne informative)
1. Allo scopo di prevenire e contrastare le pratiche di cui
all'articolo 583-bis del codice penale, il Ministro per le pari
opportunita', d'intesa con i Ministri della salute, dell'istruzione,
dell'universita' e della ricerca, del lavoro e delle politiche
sociali, degli affari esteri e dell'interno e con la Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano, predispone appositi programmi
diretti a:
a) predisporre campagne informative rivolte agli immigrati dai
Paesi in cui sono effettuate le pratiche di cui all'articolo 583-bis
del codice penale, al momento della concessione del visto presso i
consolati italiani e del loro arrivo alle frontiere italiane, dirette
a diffondere la conoscenza dei diritti fondamentali della persona, in
particolare delle donne e delle bambine, e del divieto vigente in
Italia delle pratiche di mutilazione genitale femminile;
b) promuovere iniziative di sensibilizzazione, con la
partecipazione delle organizzazioni di volontariato, delle
organizzazioni no profit, delle strutture sanitarie, in particolare
dei centri riconosciuti di eccellenza dall'Organizzazione mondiale
della sanita', e con le comunita' di immigrati provenienti dai Paesi
dove sono praticate le mutilazioni genitali femminili per sviluppare
l'integrazione socio-culturale nel rispetto dei diritti fondamentali
della persona, in particolare delle donne e delle bambine;
c) organizzare corsi di informazione per le donne infibulate in
stato di gravidanza, finalizzati ad una corretta preparazione al
parto;
d) promuovere appositi programmi di aggiornamento per gli
insegnanti delle scuole dell'obbligo, anche avvalendosi di figure di
riconosciuta esperienza nel campo della mediazione culturale, per
aiutarli a prevenire le mutilazioni genitali femminili, con il
coinvolgimento dei genitori delle bambine e dei bambini immigrati, e
per diffondere in classe la conoscenza dei diritti delle donne e
delle bambine;
e) promuovere presso le strutture sanitarie e i servizi sociali il
monitoraggio dei casi pregressi gia' noti e rilevati localmente.
2. Per l'attuazione del presente articolo e' autorizzata la spesa
di 2 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2005.
Nota all'art. 3:
- Per il testo dell'art. 583-bis del codice penale si
veda l'art. 6, comma 1, della legge in lettura.
Art. 4.
(Formazione del personale sanitario)
1. Il Ministro della salute, sentiti i Ministri dell'istruzione,
dell'universita' e della ricerca e per le pari opportunita' e la
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le
province autonome di Trento e di Bolzano, emana, entro tre mesi dalla
data di entrata in vigore della presente legge, linee guida destinate
alle figure professionali sanitarie nonche' ad altre figure
professionali che operano con le comunita' di immigrati provenienti
da Paesi dove sono effettuate le pratiche di cui all'articolo 583-bis
del codice penale per realizzare un'attivita' di prevenzione,
assistenza e riabilitazione delle donne e delle bambine gia'
sottoposte a tali pratiche.
2. Per l'attuazione del presente articolo e' autorizzata la spesa
di 2,5 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2005.
Nota all'art. 4:
- Per il testo dell'art. 583-bis del codice penale si
veda l'art. 6, comma 1, della legge in lettura.
Art. 5.
(Istituzione di un numero verde)
1. E' istituito, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore
della presente legge, presso il Ministero dell'interno, un numero
verde finalizzato a ricevere segnalazioni da parte di chiunque venga
a conoscenza della effettuazione, sul territorio italiano, delle
pratiche di cui all'articolo 583-bis del codice penale, nonche' a
fornire informazioni sulle organizzazioni di volontariato e sulle
strutture sanitarie che operano presso le comunita' di immigrati
provenienti da Paesi dove sono effettuate tali pratiche.
2. Per l'attuazione del presente articolo e' autorizzata la spesa
di 0,5 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2005.
Nota all'art. 5:
- Per il testo dell'art. 583-bis del codice penale si
veda l'art. 6, comma 1, della legge in lettura.
Art. 6.
(Pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili)
1. Dopo l'articolo 583 del codice penale sono inseriti i seguenti:
"Art. 583-bis. - (Pratiche di mutilazione degli organi genitali
femminili). - Chiunque, in assenza di esigenze terapeutiche, cagiona
una mutilazione degli organi genitali femminili e' punito con la
reclusione da quattro a dodici anni. Ai fini del presente articolo,
si intendono come pratiche di mutilazione degli organi genitali
femminili la clitoridectomia, l'escissione e l'infibulazione e
qualsiasi altra pratica che cagioni effetti dello stesso tipo.
Chiunque, in assenza di esigenze terapeutiche, provoca, al fine di
menomare le funzioni sessuali, lesioni agli organi genitali femminili
diverse da quelle indicate al primo comma, da cui derivi una malattia
nel corpo o nella mente, e' punito con la reclusione da tre a sette
anni. La pena e' diminuita fino a due terzi se la lesione e' di lieve
entita'.
La pena e' aumentata di un terzo quando le pratiche di cui al
primo e al secondo comma sono commesse a danno di un minore ovvero se
il fatto e' commesso per fini di lucro.
Le disposizioni del presente articolo si applicano altresi' quando
il fatto e' commesso all'estero da cittadino italiano o da straniero
residente in Italia, ovvero in danno di cittadino italiano o di
straniero residente in Italia. In tal caso, il colpevole e' punito a
richiesta del Ministro della giustizia.
Art. 583-ter. - (Pena accessoria). - La condanna contro
l'esercente una professione sanitaria per taluno dei delitti previsti
dall'articolo 583-bis importa la pena accessoria dell'interdizione
dalla professione da tre a dieci anni. Della sentenza di condanna e'
data comunicazione all'Ordine dei medici chirurghi e degli
odontoiatri".
2. All'articolo 604 del codice penale, al primo periodo, le
parole: "da cittadino straniero" sono sostituite dalle seguenti:
"dallo straniero" e, al secondo periodo, le parole: "il cittadino
straniero" sono sostituite dalle seguenti: "lo straniero".
Nota all'art. 6:
- Il testo dell'art. 604 del codice penale, cosi' come
modificato dalla presente legge, e' il seguente:
«Art. 604 (Fatto commesso all'estero). - Le
disposizioni di questa sezione, nonche' quelle previste
dagli articoli 609-bis, 609-ter, 609-quater e
609-quinquies, si applicano altresi' quando il fatto e'
commesso all'estero da cittadino italiano, ovvero in danno
di cittadino italiano, ovvero dallo straniero in concorso
con cittadino italiano. In quest'ultima ipotesi lo
straniero e' punibile quando si tratta di delitto per il
quale e' prevista la pena della reclusione non inferiore
nel massimo a cinque anni e quando vi e' stata richiesta
del Ministro di grazia e giustizia.».
Art. 7.
(Programmi di cooperazione internazionale)
1. Nell'ambito dei programmi di cooperazione allo sviluppo
condotti dal Ministero degli affari esteri e in particolare nei
programmi finalizzati alla promozione dei diritti delle donne, in
Paesi dove, anche in presenza di norme nazionali di divieto,
continuano ad essere praticate mutilazioni genitali femminili, e
comunque senza nuovi o maggiori oneri per lo Stato, sono previsti, in
accordo con i Governi interessati, presso le popolazioni locali,
progetti di formazione e informazione diretti a scoraggiare tali
pratiche nonche' a creare centri antiviolenza che possano
eventualmente dare accoglienza alle giovani che intendano sottrarsi a
tali pratiche ovvero alle donne che intendano sottrarvi le proprie
figlie o le proprie parenti in eta' minore.
Art. 8.
(Modifiche al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231)
1. Dopo l'articolo 25-quater del decreto legislativo 8 giugno
2001, n. 231, e' inserito il seguente:
"Art. 25-quater. 1. - (Pratiche di mutilazione degli organi
genitali femminili). - 1. In relazione alla commissione dei delitti
di cui all'articolo 583-bis del codice penale si applicano all'ente,
nella cui struttura e' commesso il delitto, la sanzione pecuniaria da
300 a 700 quote e le sanzioni interdittive previste dall'articolo 9,
comma 2, per una durata non inferiore ad un anno. Nel caso in cui si
tratti di un ente privato accreditato e' altresi' revocato
l'accreditamento.
2. Se l'ente o una sua unita' organizzativa viene stabilmente
utilizzato allo scopo unico o prevalente di consentire o agevolare la
commissione dei delitti indicati al comma 1, si applica la sanzione
dell'interdizione definitiva dall'esercizio dell'attivita' ai sensi
dell'articolo 16, comma 3".
Nota all'art. 8:
- Il decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231,
recante: «Disciplina della responsabilita' amministrativa
delle persone giuridiche, delle societa' e delle
associazioni anche prive di personalita' giuridica, a norma
dell'art. 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300» e'
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 140 del 19 giugno
2001.
Art. 9.
(Copertura finanziaria)
1. Agli oneri derivanti dagli articoli 3, comma 2, 4, comma 2, e
5, comma 2, pari a 5 milioni di euro annui a decorrere dall'anno
2005, si provvede mediante corrispondente riduzione dello
stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2005-2007,
nell'ambito dell'unita' previsionale di base di parte corrente "Fondo
speciale" dello stato di previsione del Ministero dell'economia e
delle finanze per l'anno 2005, allo scopo parzialmente utilizzando,
quanto a euro 5.000.000 per l'anno 2005, a euro 769.000 per l'anno
2006 e a euro 1.769.000 a decorrere dall'anno 2007, l'accantonamento
relativo al Ministero della salute, quanto a euro 4.231.000 per
l'anno 2006, l'accantonamento relativo al Ministero degli affari
esteri e quanto a euro 3.231.000 a decorrere dall'anno 2007,
l'accantonamento relativo al Ministero dell'istruzione,
dell'universita' e della ricerca.
2. Il Ministro dell'economia e delle finanze e' autorizzato ad
apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sara' inserita
nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica
italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla
osservare come legge dello Stato.
Data a Roma, addi' 9 gennaio 2006
CIAMPI
Berlusconi, Presidente del Consiglio dei Ministri
Visto, il Guardasigilli: Castelli
LAVORI PREPARATORI
Senato della Repubblica (atto n. 414):
Presentato dal sen. Consolo il 9 luglio 2001.
Assegnato alla 2ª commissione (Giustizia), in sede
referente, il 24 luglio 2001, con pareri delle
commissioni 1ª, 3ª, 12ª, speciale in materia di infanzia e
minori e straordinaria per la tutela e la promozione dei
diritti umani.
Esaminato dalla 2ª commissione, in sede referente, il
1° agosto 2001; il 26 novembre 2002; il 5 e 12 febbraio
2003.
Assegnato nuovamente alla 2ª commissione (Giustizia),
in sede deliberante, il 4 marzo 2003.
Esaminato dalla 2ª commissione, in sede deliberante, il
19 marzo 2003 e approvato l'8 aprile 2003.
Camera dei deputati (atto n. 3884):
Assegnato alla II commissione (Giustizia), in sede
referente, il 16 aprile 2003, con pareri delle commissioni
I e XII.
Esaminato dalla II commissione il 17 giugno 2003;
l'8 luglio 2003; il 17 settembre 2003; 1°-8 e 23 ottobre
2003; l'11 novembre 2003.
Nuovamente assegnato alle commissioni riunite II
(Giustizia) e XII (Affari sociali) in sede referente il 2
dicembre 2003.
Esaminato dalle commissioni riunite II e XII, in sede
referente, il 10 dicembre 2003; 21 gennaio 2004, 4, 11, 12
e 24 febbraio 2004; 10, 17, 23 e 25 marzo 2004.
Esaminato in aula il 29 marzo 2004; il 28 e 29 aprile
2004 ed approvato con modificazioni in un testo unificato
con gli atti numeri C. 150 (Ce' ed altri), C. 3282 (Conti);
C. 3867 (Conti); C. 4204 (Di Virgilio e Palumbo) il 4
maggio 2004.
Senato della Repubblica (atto n. 414/B):
Assegnato alle commissioni riunite 1ª (Affari
costituzionali) e 2ª (Giustizia), in sede referente,
l'11 maggio 2004, con parere delle commissioni 3ª, 5ª, 7ª,
12ª, commissione speciale in materia di infanzia e minori e
parlamentare per le questioni regionali.
Esaminato dalle commissioni riunite 1ª e 2ª, in sede
referente, il 1°-22 luglio 2004; 5 e 11 maggio 2005.
Esaminato in aula il 19 e 24 maggio 2005 e approvato
con modificazioni il 6 luglio 2005.
Camera dei deputati (atto n. 150-3282-3867-3884- 4204/B):
Assegnato alle commissioni riuniti II (Giustizia) e XII
(Affari sociali), in sede referente, il 12 luglio 2005, con
il parere delle commissioni I e V.
Esaminato dalle commissioni riunite II e XII, in sede
referente, il 21 e 27 luglio 2005; il 15 e 22 settembre
2005.
Esaminato in aula il 26 settembre 2005 ed approvato con
modificazioni il 20 dicembre 2005.
Senato della Repubblica (atto n. 414/D):
Assegnato alla 2ª commissione (Giustizia), in sede
deliberante, il 21 dicembre 2005 con parere delle
commissioni 1ª, 3ª, 5ª, 7ª e 12ª.
Esaminato dalla 2ª commissione in sede deliberante ed
approvato il 22 dicembre 2005.

Il testo di questo provvedimento non riveste carattere di ufficialità e non è sostitutivo in alcun modo della pubblicazione ufficiale cartacea. La consultazione e' gratuita.
Fonte: Istituto poligrafico e Zecca dello Stato

 
Bibliografia
 

BIBLIOGRAFIA


Dichiarazione Universale dei Diritti dell'ONU, New York, 1 Gennaio 1948
Convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e delle libertà fondamentali, Roma, 1950
Convenzione di Ginevra sullo status di rifugiato, 1951
Convenzione ONU per l'eliminazione di tutte le forme di discriminazione conto le Donne, 1979
Convenzione ONU sui Diritti dei Bambini, 1989
Carta Africana sui Diritti e il benessere del Fanciullo, 1990
Dichiarazione ONU sulla violenza contro le Donne, 1993
Dichiarazione conclusiva della IV Conferenza Mondiale sulla Donna, Pechino, 1995
Carta di Addis Abbeba, 1997
Protocollo di Maputo, 2005

Costituzione della Repubblica Italiana, Roma, 1 Gennaio 1948
Codice Penale della Repubblica Italiana
Decreto Legislativo 8 Giugno 2001, n. 231
Legge 9 Gennaio 2006, n. 7 (Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, 18 Gennaio 2006)

"Demografic and health survey" (DHS), 1995
"The World's Women 2000. Trends and statistics", a cura dell'Ufficio Statistico delle Nazioni Unite, New York, 2000
"Mutilazioni dei genitali femminili", Associazione Italiana Donne per lo Sviluppo, 2000
Female Genital Mutilation - Policy Giudelines for Nurses and Midwives, World Health Organization, Geneva, 2001
Principi di Diritto ecclesiastico, Carlo Cardia, Ed. Giappichelli, 2002
Rapporto UNICEF, Novembre 2005
Opuscolo informativo sulle Mutilazioni genitali Femminili, Ministero per le Pari Opportunità della Repubblica Italiana, 2006

 
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