1. La lotta al terrorismo scatenata dalle principali potenze occidentali dopo gli attentati dell'11 settembre 2001 a New York ed Washington, sembra difficilmente inquadrabile come uno sforzo genuino destinato a debellare il fenomeno.
E' piuttosto plausibile sostenere come quella della "lotta al terrorismo" abbia costituito un'occasione per estendere gli interventi militari volti al controllo delle materie prime e delle regioni strategiche e per comprimere in modo intollerabile gli spazi democratici e le libertà civili, a partire da talune categorie "a rischio" come le persone di religione islamica e gli immigrati in genere.
Il presente scritto prenderà in esame, in particolare, la principale legge statunitense in materia, il Patriot Act, si soffermerà brevemente sulla recente sentenza della Corte suprema statunitense relativa al campo di Guantanamo, svolgerà alcune considerazioni sull'approccio alternativo di lotta al terrorismo adottato dalle autorità cubane ed enuncerà alcune considerazioni finali riguardo all'inquietante fenomeno e al modo migliore per combatterlo efficacemente.
2. Il Patriot Act varato dalle autorità statunitensi subito dopo gli attentati dell'11 settembre costituisce in buona misura il modello principale di lotta al terrorismo sul piano interno; ad esso fa da contrappunto, su quello internazionale, lo scatenamento di guerre di aggressione contro l'Afghanistan e poi l'Iraq, nonché l'attivazione di una rete clandestina per la cattura, reclusione e tortura di presunti terroristi.
Esso consta di dieci titoli, rispettivamente dedicati al rafforzamento della sicurezza nazionale, all'intensificazione delle attività di sorveglianza, al controllo della finanza, alla protezione delle frontiere, alla rimozione degli ostacoli nella lotta al terrorismo, alla compensazione delle vittime, al miglioramento degli scambi di informazione per la protezione delle infrastrutture, al rafforzamento della legislazione penale, al miglioramento delle attività di intelligence e a disposizioni varie ("miscellaneous").
In sostanza esso punta a conferire pieni poteri al presidente, producendo una rilevante verticalizzazione del sistema istituzionale statunitense, a consentire in modo generalizzato e incontrollato intercettazioni della corrispondenza, delle conversazioni telefoniche e delle comunicazioni telematiche, all'estensione più in generale dei poteri dei servizi segreti e alla diminuzione delle garanzie nei confronti delle persone sospettate di terrorismo.
In sintesi, l'approccio adottato dalle autorità statunitensi è volto all'introduzione di uno stato di guerra interno ed esterno contro i terroristi, che determina una notevole debilitazione delle garanzie legali esistenti sia a livello interno che internazionale.
3. Il campo di Guantanamo, aperto dagli Stati Uniti all'interno della base militare illegalmente detenuta a Cuba appunto per godere di un'ulteriore misura di extraterritorialità venendo a situarsi in una sorta di no man's land giuridica, rappresenta probabilmente l'emblema più significativo della politica antiterroristica perseguita dagli Stati Uniti, venendo a racchiudere in sé vari aspetti di illegalità sia dal punto di vista interno che internazionale.
Desta qualche speranza e rafforza la fiducia nello Stato di diritto la decisione recentemente assunta al riguardo dalla Corte suprema degli Stati Uniti, relativamente al caso dell'autista di Bin Laden, Hamdan, sulla quale occorre soffermarsi brevemente.
Con la maggioranza di cinque giudici contro tre la Corte suprema ha stabilito che le commissioni militari difettano del potere di procedere contro i presunti terroristi, dato che la loro struttura e le procedure da esse seguite violano al tempo stesso Codice uniforme di giustizia militare statunitense e le Convenzioni di Ginevra.
In particolare la Corte ha affermato che l'art. 3 comune alle Convenzioni di Ginevra, il quale prescrive il diritto dei prigionieri al giusto processo e vieta ogni trattamento disumano nei loro confronti, si applica anche ai presunti membri di Al Qaeda. In tal modo la Corte ha riaffermato che l'ordinamento statunitense deve essere conforme agli obblighi internazionali che prevedono in questo caso il rispetto di fondamentali principi di civiltà giuridica.
4. Cuba ha subito, nel corso degli ultimi decenni, vari attentati terroristici ad opera di gruppi operanti a partire da Stati esteri, in particolare gli Stati Uniti, con un totale di oltre tremila vittime e danni materiali ingenti.
La risposta delle autorità cubane a questa sanguinosa strategia di destabilizzazione è stata costituita dall'invio di agenti di intelligence negli Stati Uniti ed altrove per raccogliere informazioni sull'operato delle organizzazioni terroristiche. Le informazioni raccolte sono state sottoposte al Dipartimento di Stato statunitense ma per tutta risposta l'FBI ha proceduto all'arresto di cinque di questi agenti, tuttora reclusi con pesanti ed ingiustificate accuse nonostante sia le Nazioni Unite che la Corte di appello di Atlanta abbiano dichiarato il carattere non corretto della procedura, in particolare per quanto riguarda il giudizio celebrato a Miami, città che non offriva alcuna garanzia di imparzialità, come ampiamente dimostrato dalle intimidazioni subite dai giurati e dal comportamento della pubblica accusa.
La risposta cubana appare invece esemplare perché improntata al principio della leale collaborazione e del primato della raccolta di informazioni. Sul piano interno Cuba non ha dato vita a persecuzioni massicce o sospensioni delle libertà democratiche, pur perseguendo i soggetti che ricevono finanziamenti dall'estero.
5. La breve rassegna compiuta consente di concludere che, se è vero che il terrorismo costituisce un problema grave, la sua soluzione va ricercata nella collaborazione effettiva e leale tra gli organismi di intelligence. Va inoltre definita una nozione comunemente accolta di attività terroristiche, che deve avere il suo nucleo concettuale nell'esistenza di danni gravi e indiscriminati alle popolazioni civili e deve distinguere accuratamente tra attività terroristiche e attività di gruppi insurrezionali o movimenti di liberazione nazionale.
La strada percorsa dalle autorità statunitensi, seguite in alcuni casi da Stati europei, come soprattutto il Regno Unito, o di altri continenti, è viceversa consistita nello scatenamento di guerre di aggressione all'estero e nella drastica limitazione delle libertà democratiche all'interno, con l'effetto di determinare una maggiore virulenza delle stesse attività terroristiche che si pretende di contrastare e di ampliare la base di consenso dei gruppi terroristici. E' giunta l'ora di cambiare strada.
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