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ultimo aggiornamento: 12.03.2008
   
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Afghanistan: la storia vera
Paper


Collettivo di fisica
e-mail: collettivo@collettivodifisica.it
Università "La Sapienza", Roma

22 dicembre 2001 Pubblicazioni
Centro italiano Studi per la pace
www.studiperlapace.it - no ©
Documento aggiornato al: 2001

 
Sommario

Nel 1993 cambia il contesto strategico e l'Afghanistan, ormai completamente disintegrato, torna a farsi importante per i grandi manovratori delle trame del potere mondiale. La sparizione dell'URSS è ormai irreversibile; le ex-repubbliche sovietiche vogliono divenire luogo di approdo dei capitali americani.

 
Indice dei contenuti
 

  1. L'Asia centrale, val bene una (o più guerre)?


    1. Che fine ha fatto la Russia?

    2. Che cosa c'è di tanto "speciale" in Asia Centrale?

    3. Il nuovo Grande Gioco


  2. Giochi di potere in Afghanistan (parte prima)


    1. Prima fase: 1979-1989, la sporca guerra Urss-Afghanistan

    2. Seconda fase '89' 92- ascesa dei mujhaeddin


  3. Giochi di potere in Afghanistan (parte seconda)


    1. Il nuovo grande ruolo dell'Afghanistan nella partita globale

    2. I talebani e la strategia Pakistana di controllo dell'Afghanistan

    3. Bin Laden, gli americani e i talebani

 
Abstract
 

L'ASIA CENTRALE VAL BENE UNA (O PIÙ) GUERRE?





Che fine ha fatto la Russia?




L'8 dicembre 1991 l'URSS cessa di esistere. Al suo posto nasce la Comunità di Stati Indipendenti (CIS) formata dalla Russia e dalle ex-repubbliche sovietiche.
 

Da quel momento è veramente finita la guerra fredda e con essa il lungo periodo di tensione internazionale?
 

Secondo il generale USA W.E. Odom "la scomparsa della minaccia sovietica non ha reso obsoleto il sistema di sicurezza guidato dagli USA e creato per contenerla; l'idea diffusa che la fine della guerra fredda abbia rimosso il bisogno di una leadership degli USA nelle tre aree strategiche (Europa, Giappone-Corea, Golfo Persico-Asia Centrale ndr) è pericolosamente sbagliata", "anzi è divenuta più importante proprio per il collasso dell'URSS. Questo è certamente vero nel Transcaucaso e nell'Asia Centrale ".
 

La caduta della Russia rende appetibili le ex-repubbliche sovietiche, ora accessibili al mercato occidentale, sostanzialmente per due ragioni: una, di carattere prettamente economico, scaturisce dal bisogno dell'Occidente di espandere il suo mercato, ormai stagnante, in nuove aree e di impossessarsi delle notevoli risorse naturali, ancora inesplorate, presenti in alcuni di questi Paesi; l'altra, di natura strategica, nasce dal desiderio di accerchiare la Russia, pur sempre potenza nucleare, attraverso una strategia a tenaglia.
 

A nord la Nato comincia ad allargarsi, senza incontrare troppi ostacoli, verso l'Europa Orientale e i Paesi baltici, mentre a sud procede la penetrazione statunitense nel Caucaso e nell'Asia Centrale.
 

E' soprattutto qui, in Asia Centrale, che si apre il cosiddetto "Grande Gioco", sia in quanto si tratta di una zona ancora da spartire, sia perché essa è ricca di risorse naturali.

Soffermiamo la nostra attenzione sulla zona del Turkestan occidentale, che comprende Kazakistan, Uzbekistan, Tagikistan, Turkmenistan e Kirghizistan.
 

Si tratta dei 5 Paesi ex-sovietici meno evoluti, trovatisi, all'atto dell'indipendenza dall'URSS, alle prese con i problemi di una confusa transizione economica dovuta all'obsolescenza del preesistente apparato industriale.
 

La prima risorsa di questi Paesi è l'agricoltura, sebbene pessime politiche agricole, quali la monocoltura del cotone e l'eccessivo sfruttamento agricolo, abbiano causato veri e propri disastri ambientali. Tuttavia questa parte del Turkestan riveste un forte interesse per il Grande Gioco asiatico, che si riassume così: vi è abbondanza di fonti energetiche e materie prime ancora da sfruttare, si tratta di zone di transito per gasdotti e oleodotti; inoltre questi Paesi sono grandi produttori di oppio e vie di passaggio per le droghe orientali. La politica di questi Paesi è un giochino ben noto: hanno bisogno di riforme strutturali, ma non hanno i soldi per realizzarle; con riforme fittizie che migliorano alcuni indicatori economici, ma non il reddito pro-capite, cercano disperatamente di attirare i capitali stranieri.
 

Tutte queste repubbliche sono zeppe di idrocarburi e di materie prime: in particolare si segnalano Uzbekistan per gas e oro, Kirghizistan per i metalli, mentre per il gas soprattutto il Turkmenistan.
 

Quest'ultimo nel 1998 è stato il 4° produttore mondiale di gas, che al 95% viene esportato. Ecco qualche dato circa gli investimenti stranieri, considerando che spesso insediamento economico ha significato anche penetrazione militare; è il caso di Uzbekistan pieno di basi USA, e del Tagikistan, che ospita 10000 soldati russi.
 

Alcuni di questi Paesi hanno goduto di aiuti del FMI e si stima che fino al 1998 investitori occidentali e orientali abbiano speso 5 miliardi di dollari e ancor più ne spenderanno in futuro. Vediamo qualche nome: Newmont Mining (industria estrattiva), Technip (raffinerie), Daewoo, Siemens, Stet, Deutsche Telekom, Coca Cola. Il settore trainante è però quello dell'estrazione e trasporto di gas e petrolio, che vede a far la parte del leone Russia (Gasprom), USA (Unocal e Chevron), Turchia e Cina, settore ancor più importante in quanto chi controlla le vie del petrolio detiene il potere.
 

Al momento dell'indipendenza queste repubbliche del Turkestan, tutte desiderose di entrare in contatto con l'area del dollaro, ma prive di sbocchi marittimi, si vedevano ancora costrette ad appoggiarsi alla rete di trasporto dell'ex-URSS, (peraltro inadeguata ai nuovi giacimenti) in mano ad una Russia allora senza futuro e che spesso appariva più che altro come una rivale nella "corsa all'ovest". Molto più conveniente sarebbe stato per loro puntare direttamente verso l'Oceano Indiano.
 

E' illuminante il caso del Turkmenistan, che, come vedremo, ci riporterà all'attuale guerra. A metà degli anni '90 la Gasprom, che detiene il monopolio dell'esportazione, si rifiuta di vendere all'Occidente il gas turkmeno, tenendolo per sé. Il Turkmenistan guarda allora all'Iran, che offre il suo porto di Bandar-Abbas sul Persico; questo progetto trova l'opposizione USA che contropropone un gasdotto Caspio-Turchia (Baku-Ceyan) e soprattutto appoggia un progetto del Pakistan che propone un gasdotto Turkmenistan-Afghanistan-Pakistan ( porto di Gwadar). Questo progetto prevedeva un ruolo di primo piano della statunitense Unocal e della saudita Delta-Oil. Siamo negli anni in cui il regime talebano è in buoni rapporti con gli USA e la via di passaggio rappresentata dall'Afghanistan è aperta.
 

Torniamo adesso agli anni nostri e leggiamo dalla "Rivista ENI":
 

Le riserve di] gas (Turkmenistan, Uzbekistan, Kazakhstan) sono dell'ordine di 15-20 trilioni di mc. Altri quantitativi si potrebbero aggiungere a seguito di nuove attività esplorative.
 

Inoltre:

La distanza dai mercati potenziali, la mancanza di gasdotti per le esportazioni proiettano lo sfruttamento delle riserve di gas in una prospettiva temporale di lungo termine. Le alternative di trasporto al sistema russo verso i mercati europei, verso l'Oceano Indiano o verso la Cina hanno il problema dei transiti attraverso l'Iran (sottoposto ad embargo americano) o l'Afghanistan (la cui situazione interna è sempre fluida - eufemismo sostitutivo di " condizione perenne di guerra civile"- ndr), oppure comportano investimenti che rendono, ad oggi, il gas centroasiatico meno competitivo rispetto a quello proveniente da altre aree.

Il nuovo Grande Gioco



Cerchiamo ora di disegnare una mappa delle strategie effettive messe in atto dai governo USA, in completo accordo con gli interessi delle multinazionali.
 

Esaminiamo ora un documento di A.W. Burke della Logistica del corpo dei marines scritto per l'ultimo numero del '99 su "Strategic Review", dello U.S. Strategic Institute di Boston, in commento del documento presidenziale " National Security Strategy" del 30/10/1998: " L'insieme dei campi energetici della regione Asia centrale-Medio Oriente contiene la più grande concentrazione mondiale di riserve di idrocarburi e merita l'attenzione statunitense. Assicurare alle compagnie USA la leadership nello sviluppo delle risorse nella regione e azzerare l'influenza russa e iraniana sull'esplorazione e sviluppo dei campi energetici, nonché sulle direttrici delle pipelines per l'esportazione costituisce la base di quella politica."
 

Seguono raccomandazioni che così riassumiamo:
 


  1. Pieno supporto alla realizzazione delle condotte transcaspiche ( tra cui la Baku-Ceyan) che avrebbero il pregio di mettere fuori gioco le vie controllate da Iran e Russia

  2. Limitare la penetrazione russa nella regione

  3. Sostenere la Turchia in quanto fedele alleato contro Russia ed Iran

  4. Controllare l'Iran

  5. Coltivare il Pakistan in chiave anti-Iran; "Il Pakistan è già un possibile punto di passaggio per l'esportazione del gas (pur di passare per l'Afghanistan, ndr)"

  6. Aumentare la presenza militare americana in Asia Centrale istituendo rapporti di cooperazione con i vari governi locali.

Come agiscono in questo nuovo contesto strategico le altre potenze? Abbiamo ragione di ritenere che la condotta perseguita sia la stessa degli USA.
 

L'Iran va accrescendo il suo potenziale militare da tempo e ha di recente siglato un accordo con Mosca per rifornimenti bellici per oltre 300 milioni di dollari all'anno.
 

La Cina stessa ha raggiunto un importante accordo per l'acquisto di armi dalla Russia, con la quale ha anche firmato un accordo sulla riduzione delle truppe di frontiera, chiudendo in tal modo un conflitto sul riconoscimento di alcuni confini che si trascinava da anni.



GIOCHI DI POTERE IN AFGHANISTAN (PARTE PRIMA)





Prima fase: 1979-1989, la sporca guerra Urss-Afghanistan




Dal '79 al '89 si svolge la guerra Urss-Afghanistan. Vediamo quali sono i retroscena di questa guerra e che conseguenze ha avuto nello scenario del mondo islamico.
 

Un passo indietro: il 1973 è l'anno in cui, con un colpo di stato ortganizzato dal principe Mohammed Daud che detronizza il re Zahir Shah, l'Afghanistan viene proclamato una repubblica; nel '78 il Partito Democratico del Popolo afghano (PDPA), filo-sovietico, dà il via alla "rivoluzione d'aprile" che porta alla nascita della Repubblica Democratica dell'Afghanistan, sotto la guida di Mohammad Taraki.
 

Tuttavia le riforme del nuovo regime, volte alla sovietizzazione e alla laicizzazione del paese, alimentano il malcontento di larghi strati della popolazione.
 

E' questo il contesto in cui comincia a organizzarsi la resistenza islamica armata.
 

A metà del '79 le formazioni della guerriglia islamica riunite in un unico fronte di resistenza sostenuto da Iran Pakistan ,Cina, controllano quasi l'80% del territoro afghano. Taraki viene ucciso e il PDPA si spacca definitivamente. L'URSS,
 

di fronte alla minaccia dell'estansione della ribellione islamica alle vicine repubbliche di Turkmenistan, Uzbekistan e Tagikistan, decide di invadere l'Afghanistan oltrepassando il confine nel dicembre '79.
 

Nel gennaio '80 gli Usa offrono al Pakistan un piano di aiuti economici e militari per arrestare l'avanzata dell'Urss in Afghanistan, ma era già da tempo che la Cia tendeva la sua longa manus verso l'area in questione. Da un'intervista a Zbigniew Brzezinsky,ex consigliere per la Sicurezza Nazionale Statunitense, da Le Nouvel Observateur (Francia) 15 Gennaio 1998 :
 


Brzezinsky: Secondo la versione ufficiale della faccenda, gli aiuti ai Mujaheddin da parte della CIA sono cominciati durante il 1980, ovvero, dopo che l'armata rossa aveva cominciato l'invasione dell'Afghanistan il 24 Dicembre 1979. La realta', rimasta fino ad oggi strettamente celata, è completamente diversa: è stato il 3 luglio 1979 che il presidente Carter ha firmato la prima direttiva per aiutare segretamente gli oppositori del regime filo sovietico di Kabul.
 

Quello stesso giorno ho scritto una nota al presidente nella quale si spiegava che a mio parere quell'aiuto avrebbe determinato un intervento armato dell'unione sovietica in Afghanistan.
 

Domanda: nonostante questo rischio lei ha sostenuto questa azione segreta. Ma lei stesso desiderava questo intervento sovietico ed ha cercato di provocarlo?
 

Brzezinsky: non e' proprio cosi?. Non abbiamo spinto i russi ad intervenire, ma abbiamo consapevolmente aumentato le probabilita' di un loro intervento.
 


Come si attua la strategia USA in questo contesto?
 

Il ruolo fondamentale è svolto dai servizi segreti pakistani (ISI) che ricevono intelligence e finanziamenti da USA e Arabia Saudita ( sono questi gli anni dell'alleanza economica tra la famiglia Bush e la famiglia saudita dei bin Laden, al cui proposito torneremo in seguito). L'ISI gestisce autonomamente i fondi americani e la guerra contro la Russia non viene presentata al popolo afghano e ai volontari stranieri (che d'ora in poi chiameremo arabi-afghani) come una guerra pro-America, ma come una jihad islamica contro gli infedeli comunisti. I pochi ufficiali, che in realtà erano a conoscenza del vero ruolo americano, lo hanno silenziosamente accettato, pur di abbattere l'allora principale nemico russo.
 

Citiamo qualche dato: al 1987 si stima che l'America avesse fornito alle forze della guerriglia 65000 tonnellate di armi, fra cui i micidiali missili Stinger, e aiuti economici fino a 470 milioni di dollari. Con l'appoggio della Cia l'ISI arrivò ad avere uno staff segreto di ben 150000 persone, a tutti gli effetti una vera e propria struttura parallela di governo.
 

Agli inizi dell'89 è definitivo il ritiro delle truppe sovietiche e la sconfitta russa (13310 morti e 35478 feriti ) contribuisce in modo determinante alla dissoluzione dell'Urss, come ben previsto dagli strateghi americani.


Seconda fase '89' 92- ascesa dei mujhaeddin




Al di là dell'alleanza con gli usa il pakistan ha interesse a installare un governo islamico a Kabul subalterno ai suoi scopi. Infatti,Islamabad , vuole "disinnescare", la questione del Pashtunistan (la "Linea Durand" divideva in due i territoti dell'etnia pashtun tra Afghanistan e Pakistan) in senso favorevole al suo paese, così da potersi dedicare alla ancor più delicata questione del Kasmhir ( ove c'è l'uranio) dove erano in corso guerre sanguinose con l' India.
 

Inoltre un governo estremista di stampo islamico-sunnita in Afghanistan avrebbe esercitato una pressione contro il vicino Iran islamico-sciita ("bestia nera" degli Usa ), e contemporaneamente avrebbe costituito un freno per un eventuale ritorno russo nell'area.
 

Questi calcoli hanno convinti gli Usa a sforzarsi per sostenere la Jihad finchè con la definitiva scomparsa dell'Urss ( dic.'91), l'America si chiama fuori da un'area ormai scomoda a causa della presenza di un pericoloso integralismo islamico da lei stessa precedentemente armato e si dedica prevalentemente ad altre aree ( per esempio il golfo persico dove nel 91 scoppia la guerra ).
 

L'alleanza dei partiti di Peshawar, che sembrava ormai chiaramente forzata e imposta dall'esterno per interessi economici, i quali peraltro andavano cambiando la loro direzione, si sciolse e scoppiò la guerra civile tra le diverse fazioni della resistenza islamica. Nel 1992 i mujaheddin tagiki sostenuti dall'Iran e fedeli a Rabbani e Massud, si impossessano di Kabul, sottraendola all'uzbeko Dostum e ad Hekmatjar, leader degli afghani-arabi, appoggiato dal Pakistan.
 

Gli scontri proseguono a fasi alterne fino al 1994, nel momento in cui compaiono i talebani ( che nel 1996 prenderanno Kabul) e Russia e USA tornano ad interessarsi dell'area.
 

E' importante capire come la guerra contro la Russia prima e la successiva guerra civile siano state il brodo di coltura di un acceso fanatismo islamico ( di impronta wahabita-saudita). Basti pensare che con soldi sauditi e soprattutto pakistani tra il '92 e l'82 ben 35000 musulmani provenienti da tutto il mondo hanno infoltito le fila dei combattenti afghani. Il Pakistan in primo luogo ha creato centinaia di madrassas e campi militari in Afghanistan, più volte usate in seguito come centri di reclutamento e addestramento per i soldati da spedire in Kashmir, Kossovo e Cecenia.
 

Fra l'altro molti combattenti hanno preso a ragionare sul fatto che, se si era riusciti a sconfiggere l'URSS, perché non si poteva fare lo stesso con gli Stati Uniti?
 

Emblematico è il ragionamento di Brzezinsky.
 


    D:
    E nessuno di voi e' pentito di avere supportato l'integralismo ed il terrorismo islamico con armi ed addestramento?
     

    Brzezinsky:
    Cosa e' più importante per la storia del mondo? I talebani od il collasso dell'impero sovietico? Qualche musulmano esaltato o la liberazione dell'Europa centrale e la fine della guerra fredda?
     


L'errore (o forse la dimenticanza ) degli Stati Uniti appare ora in tutta la sua evidente drammaticità.

GIOCHI DI POTERE IN AFGHANISTAN (PARTE SECONDA)




Il nuovo grande ruolo dell'Afghanistan nella partita globale




Mentre all'interno del Paese i capi guerrieri si scontrano massacrando la popolazione civile, all'esterno non è visibile alcuna ricerca di soluzioni politiche per l'Afghanistan. Il mondo intero sembra voler "dimenticare" l'esistenza di questo Paese, per cancellare i misfatti e gli errori di valutazione commessi in questa regione.
 

Nel 1993 cambia il contesto strategico e l'Afghanistan, ormai completamente disintegrato, torna a farsi importante per i grandi manovratori delle trame del potere mondiale. La sparizione dell'URSS è ormai irreversibile; le ex-repubbliche sovietiche vogliono divenire luogo di approdo dei capitali americani. Teheran si offre ora come via alternativa a i traffici dell'Asia Centrale. Consentire all'Iran di controllare i traffici nell'area avrebbe significato ridurre l'influenza degli Usa da un lato e dell'Arabia Saudita dall'altro sugli stati della CIS dove venivano emergendo nuove riserve di petrolio e di gas. Era infatti sul petrolio del Caspio che l'Iran voleva mettere le mani. In questo momento dunque Usa e Arabia Saudita si ritrovano alleati. Il Pakistan , maggior produttore mondiale di oppio, voleva dal canto suo il controllo delle vie della droga. Con la guerra afghana fu possibile per il Pakistan agire indisturbato su questo territori segnato dagli scontri e bisognoso di finanziare i mujaheddin senza gravare sui bilanci interni, decise di trasferire le piantagioni di oppio in Afghanistan .Con la piena legittimazione della Cia e dell'Isi ebbe inizi un enorme commercio di narcotici che portò l'Afghanistan a produrre, tra il '92 e il '95, ben 240 tonn. di oppio annue.
 

Il 91,5 % del ricavato totale andava ai grandi centri della criminalità organizzata sparsi nel mondo civilizzato per un valore di 9,15 miliardi di dollari all'anno; i restanti 850 milioni di dollari criminali i fermavano in Pakistan, consentendogli di affermarsi come potenza nucleare.


I talebani e la strategia Pakistana di controllo dell'Afghanistan



Il 4 novembre del '94 un gruppo di guerriglieri assalta nei pressi di Kandahar un convoglio di 30 camion pakistani diretto in Asia Centrale. I taliban, (letteralmente , "studenti di teologia coranica") compaiono per la prima volta sulla scena come gruppo armato che dichiara di voler proteggere la libertà di traffico e di transito in Afghanistan. Il giorno dopo Kandahar viene presa dai talebani. Agli inizi del '95 i talebani controllano sette province afghane su 28 e nel febbraio '95 arrivano a Kabul sconfiggendo in pochi mesi i partiti dei mujaheddin e il governo, sempre più debole e diviso di Rabbani.
 

E' chiaro che il convoglio nascondesse dietro la facciata di aiuti umanitari merci scottanti quali armi e droga.
 

I talebani appartengono alla setta sunnita dell'Islam (inizialmente erano pasthun durani) e vogliono costruire una vera società islamica, sebbene sin dall'inizio non siano chiare le loro concezioni statuali e le loro idee costituzionali.
 

Tra fasi stagnanti e momenti di rapidissime avanzate militari, sostenuti economicamente e militarmente dal Pakistan, i talebani arrivano nel '98 a conquistare Mazar-i-Sharif e a controllare il 90% del territorio afghano. Nella prima tappa di questa ascesa un governo talebano filopakistano era la carta che il Pakistan poteva giocare per soddisfare l'alleato americano, che sosteneva fortemente il progetto Unocal di un gasdotto attraverso l'Afghanistan. Nel 1998 tuttavia qualche ingranaggio in questo complesso marchingegno si rompe.
 

Facciamo ora un passo indietro.

Bin Laden, gli americani e i talebani




La storia degli affari tra la famiglia Bush e la famiglia Bin Laden comincia negli anni '60 in Texas. Mohammad Bin Laden, sceicco saudita diventato miliardario con commesse edili provenienti direttamente dalla famiglia reale comincia a fare investimenti in America.
 
Dopo la morte di Mohammad (incidente aereo) il testimone passa al figlio Salem Bin Laden, fratello maggiore di Osama, che "sbarca" in Texas nel '73, fondando una compagnia aerea. Compagno di avventure imprenditoriale di Salem è il cognato Khalid bin Mafhouz, proprietario della più grande banca privata del mondo e banchiere della casa reale saudita. L'obiettivo dei due è entrare nei circoli finanziari americani che contano per poter poi condizionare la politica americana agli interessi della dinastia saudita. L'uomo giusto da agganciare per questo progetto è in quegli anni G. Bush senior, petroliere, influente uomo politico, direttore della Cia dal '76.
 
C'è anche il contatto giusto: si tratta di J.Bath, imprenditore, amico personale di G.Bush junior, agente Cia per i contatti con l'Arabia Saudita , alle dipendenze di Bush senior. L'anno di svolta è il '78. Bush jr. fonda la Arbusto Energy e i due sauditi, tramite Bath, prestanome di Salem, contribuiscono al capitale iniziale. In seguito Bath procurerà molti affari importanti ai due che entreranno pesantemente nei giri giusti. Gli anni '80 vedono l'ascesa di tutti questi personaggi. Bush sr. diventa vice presidente nell'81 e presidente nell'88; Bush jr. si da sempre più alla finanza e nonostante le sue società sembrassero sempre a un passo dal fallimento guadagna milioni di dollari , usufruendo di finanziamenti dagli arabie da tutto l'entourage di papà Bush. Salem e Mafhouz si radicano nel tessuto economico americano. Tra l'86 e il '90 Mafhouz acquisisce il 20% delle azioni Bcci, banca usata come copertura dalla Cia per il riciclaggio del denaro della droga, denaro usato tra le altre cose per finanziare i mujaheddin afghani nella loro guerra contro l'URSS. Tra i consiglieri di tale banca siede tra l'altro Khalifa , sceicco del Bharein.
 
Sempre Mafhouz è tra i finanzatori della "Blessed Relief", Ong musulmana recentemente accusata di finanziare Osama Bin laden (di cui Mafhouf è cognato).Tutte queste attività portano Mafhouz al 125° posto nella classifica degli uomini più ricchi del mondo secondo Forbes. Nell'87 Mafhouz acquisisce il 17% delle azioni Harken Energy compagnia di Bush Jr.; subito dopo la Harken ottiene una commessa multimiliardaria dal Barhein ( guarda caso) e le azioni volano alle stelle.Nell'88 però Salem muore come il padre in un incidente aereo e nel '90 il sodalizio Bush _Mafhouz si rompe.
 
Bush jr., prevedendo la crisi del petrolio kuwaitiano e la conseguente guerra del golfo ( fatta dal padre) vende tutte le azioni della Harken finchè il prezzo è ancora alto; quando la Harken fallisce Mafhouz è l'unico che ne paga le conseguenze e lo scandalo travolge anche la Bcci che fallisce. Mafhouz dunque scompare di scena e ripara in Irlanda. Attualmente è ricercato come braccio destro di Osama Bin Laden.
 

Durante la guerra contro l'URSS il giovane Osama combatte al fianco dei mujaheddin; pur essendo antiamericano, sceglie di approfittare del sostegno USA contro l'URSS . Tra il '90 e il '91 si rompe il cartello finanziario tra Bush e bin Laden e soprattutto l'America invade il Golfo. Osama si allontana allora dalla casa reale saudita, facendosi promotore degli interessi petroliferi locali.
Privato successivamente della cittadinanza saudita, ripara in Sudan, da dove, grazie alle sue immense risorse finanziarie riesce a mettersi a capo di un vasto movimento islamico antiamericano, cresciuto e fanatizzato nel calderone delle guerre civili afghane. Messo in piedi un vero e proprio impero del terrore, si sposta in Afghanistan, dove nel '96, con la mediazione del Pakistan (qual fatale errore!) conosce il mullah Omar. Mediante un'abilissima operazione politica, supportata dagli aiuti finanziari e militari che bin Laden era in grado di offrire ai talebani, sfila ai pakistani il controllo di ampi settori del regime talebano, rivolgendoli contro l'America. Nel 1998 si sfiora la guerra: bin Laden fa esplodere le ambasciate americane in Africa e l'America risponde con una pioggia di missili sui campi di al-Queda. L'Unocal abbandona il progetto. I tempi per una guerra però non sono ancora maturi. Sono gli anni in cui l'amministrazione Clinton privilegia i Balcani e il Kossovo. Si tenta una negoziazione che sembra aprire uno spiraglio; nel 2000 la Unocal rientra nel progetto, ma è solo uno fuoco di paglia. In seguito il cambio della guardia al governo USA: si insedia al potere l'amministrazione più militarista e connessa con gli interessi petroliferi degli ultimi anni. Dal marzo 2001 ad agosto 2001 l'America offre un ultimatum ai talebani: se ci consegnate Bin Laden (e ci lasciate costruire il gasdotto Unocal, ndr) vi copriremo d'oro, altrimenti vi seppelliremo di bombe.
 




Nota per il lettore:



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Bibliografia
 

Limes, Le Monde Diplomatique, Il Manifesto, la rivista "Scienza e Vita" del marzo '98,materiale reperito sul sito www.italy.indymedia.org, il libro "Afghanistan anno zero" di Giulietto Chiesa & Vauro, il dossier "Nato" a cura della rivista Guerre&Pace che a sua volta riprende fonti da "The Economist" e "International Herald Tribune", nonché rapporti ufficiali del governo Usa e rapporti della multinazionale petrolifera Unocal