Diritto internazionale dei diritti umani e dei conflitti armati: guerra e pace
Il trattato ABM. Il rapporto tra le due superpotenze dall'equilibrio del terrore allo scudo spaziale di Bush :: Studi per la pace  
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ultimo aggiornamento: 12.03.2008
   
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Il trattato ABM. Il rapporto tra le due superpotenze dall'equilibrio del terrore allo scudo spaziale di Bush
Paper

14 settembre 2002 Pubblicazioni
Centro italiano Studi per la pace
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Documento aggiornato al: 2002

 
Sommario

Il Trattato ABM viene firmato il 26 maggio 1972 a Mosca dall'allora presidente degli Stati Uniti, Richard Nixon, e dal Segretario del PCUS, Leonid Brezhnev. L'entrata in vigore del Trattato risale a circa 5 mesi dopo, il 3 ottobre 1972.

 
Indice dei contenuti
 
I. La situazione internazionale precedente il trattato ABM

II. Il trattato ABM ed il suo protocollo Aggiuntivo

III. Gli sviluppi

IV. Aspetti positivi e negativi della SDI

V. Ulteriori sviluppi: dai DST agli start

VI. Clinton ed il programma "3+3"

VII. Bush ed il ritiro USA

VIII. La posizione della Cina

Note
 
Abstract
 

I - La situazione internazionale precedente il trattato ABM
 



Negli anni successivi a quelli della Seconda Guerra Mondiale ciò che distingueva principalmente una superpotenza da un Paese ben fornito militarmente non era soltanto il possesso della bomba atomica ma la capacità di utilizzare vettori a razzo: era evidente che possedere la più potente bomba atomica mai creata non era sufficiente se non si possedevano dei missili in grado di trasportarla in territorio nemico. Fu per questo motivo che la corsa al riarmo si orientò principalmente verso la costruzione di potenti missili, tali che né gli Usa né l'Urss avrebbero più potuto sentirsi al sicuro, poiché ciascuna "avrebbe avuto la possibilità di essere spazzata via dall'altra nel brevissimo tempo di mezz'ora".
 

Negli anni '60 si prese coscienza del fatto che era impossibile difendere la popolazione dalla minaccia nucleare, e il ministro della difesa americano, Robert Mc Namara, si convinse che "lo sviluppo di una difesa americana contro i missili balistici è la risposta strategica sbagliata allo sviluppo sovietico", in quanto troppo costosa. Nonostante ciò Nixon decise di procedere allo spiegamento di un blando sistema di difesa missilistico, (the ABM system, chiamato più specificamente "Safeguard"). Nixon, onde evitare la nascita di polemiche a livello internazionale, giustificò la predisposizione del "Safeguard" in funzione anti-cinese (e peraltro questi ultimi disponevano di un arsenale missilistico senza dubbio più esiguo di quello sovietico, rendendo quindi queste sue giustificazioni poco convincenti).
 

Nel 1967 avvenne a Glassboro, nel New Jersey, il famoso incontro tra il presidente americano Lyndon Johnson e il premier sovietico Kosygin: per gli americani doveva essere stipulato un trattato per l'interdizione di tutti i sistemi ABM (Anti Ballistic Missile) al fine di evitare una spirale di spese militare e per realizzare una situazione reciproca di vulnerabilità tale da inibire entrambi i Paesi dall'iniziare una nuova guerra; i sovietici si opposero perché giudicarono immorale limitare la difesa della propria nazione. Dal 1968 gli americani cominciarono a produrre un sistema MIRV (Multiple Indipendent Reentry Vehicles), e cioè un sistema di missili, con cui ciascuno era in grado trasportare più testate nucleari.
 

Un anno dopo cominciarono i colloqui per limitare le armi strategiche (SALT, Strategic Arms Limitation Talks), i quali portarono a due accordi, entrambi sottoscritti a Mosca nel 1972, ossia il cosiddetto Accordo Transitorio (Interim Agreement) che fissava i tetti massimi per l'ICBM (InterContinental Ballistic Missile), SLBM (Submarine Launched Ballistic Missile) e bombardieri strategici, e il Trattato ABM, detto anche SALT 1.
 

L'Accordo Transitorio ebbe il merito di porre un freno alla corsa agli armamenti ma limitatamente alla categoria dei missili terra-aria ICBM; infatti per quanto riguardava i missili lanciabili da sommergibile (SLBM) il tetto era così elevato da vanificare l'intento della limitazione delle armi nucleari. È da notare come gli americani non avessero compreso a pieno l'importanza dei SLBM: Kissinger, nei negoziati precedenti l'accordo, inizialmente li aveva esclusi, a tutto vantaggio dei sovietici che avevano investito molte risorse nello sviluppo e nella costruzione di questo tipo di missili. Ma la lacuna più grande dell'Accordo Transitorio riguardava l'esclusione dei MIRV: gli americani, forti del vantaggio tecnologico acquisito negli anni, avevano tutto l'interesse a non frenare lo sviluppo di questa tecnologia; i sovietici, dal canto loro, essendo in forte svantaggio, erano incentivati a recuperare il divario e non avevano alcun interesse a porre limiti che sarebbero stati un sicuro intralcio al raggiungimento del loro obiettivo.
 

Decisamente più significativi furono i risultati raggiunti con la stipula del Trattato ABM: da un lato si permetteva lo sviluppo di due sistemi di difesa [1] , dall'altro limitò i missili intercettori delle due superpotenze. Ma prima di affrontare l'esame del Trattato è bene accennare alle dinamiche politiche che hanno portato alla sua stipula. Alcuni commentatori hanno osservato che sarebbe stato possibile concludere il Trattato ABM già dal 1970 ma che i negoziati furono prolungati per interesse reciproco delle parti.
 

Gli Usa vollero rimanere fermi sulle loro posizioni, anche perché Nixon riteneva che una positiva conclusione a ridosso della campagna elettorale sarebbe stata un'ottima credenziale per la rielezione. L'Urss invece dovette fronteggiare il malcontento interno derivante dalla crisi del raccolto degli anni 1970-1971 e la ribellione della Polonia dovuta ad una crisi alimentare che portò ad un aumento spropositato dei prezzi dei generi di primo consumo (ribellione che fu sedata molto duramente e portò alla destituzione di Gomulka).
 

Altri furono i motivi che, invece, non permisero di concludere altri accordi successivamente a quelli sopracitati: sul vertice di Washington del 1973 pesarono i primi effetti dello rivelazioni dello scandalo "Watergate" e la crisi tra i due Stati dei negoziati commerciali soprattutto nel settore agricolo. Nel frattempo entrava nella scena internazionale un terzo protagonista: la Cina. Dopo il disgelo tra Usa e Cina, coronato con la storica visita di Nixon a Pechino nel febbraio del 1972, al fine di ottenere mano libera in Vietnam, gli Usa si trovarono in una posizione di forza nei confronti dell'Urss, la quale organizzò in tutta fretta nel mese di maggio un vertice tra Breznev e Nixon, incontro che porterà poi alla firma del trattato.
 

Col Trattato ABM si riconobbe ufficialmente che, a causa dell'enorme potenza atomica, la scelta migliore per garantire la pace era la consapevolezza della reciproca vulnerabilità. La teoria che studiosi trassero ed elaborarono dall'accordo fu chiamata "MAD" ("Mutua Distruzione Assicurata") [2] : la pace era garantita dal fatto che, in caso di attacco nucleare, entrambi i Paesi sarebbero stati distrutti. Si può facilmente intuire il motivo per cui questo particolare equilibrio che sussisteva tra le due superpotenze era considerato un "equilibrio del terrore", che portava ad una situazione di "stallo" in cui nessuno, secondo i risultati del Trattato ABM, avrebbe avuto il coraggio di sferrare un primo colpo, per la paura reciproca della distruzione della propria civiltà [3] .
 

Quest'equilibrio veniva raggiunto dalla protezione predisposta per gli arsenali militari, lasciando però scoperta la città. Conseguentemente un Paese, come elaborato dagli analisti Usa, avrebbe dovuto sviluppare un sistema di difesa in grado di:



  1. Assorbire un primo colpo dell'avversario;

  2. Essere in grado di distruggere città e centri industriali del nemico.


Per "primo colpo" ("first strike") veniva inteso un attacco portato, appunto, contro bersagli militari, non contro città; in quest'ultimo caso, infatti, il Paese colpito dovrebbe prepararsi soltanto ad una rappresaglia, ossia un "secondo colpo" ("second strike"), apportato in risposta ad una guerra iniziata dall'altro Stato. Nel caso in cui Usa ed Urss avessero attaccato soltanto le città, entrambe avrebbero compiuto un "secondo colpo", tale da non provocare l'inizio di una guerra, poiché questa ha inizio solamente nel caso di un "first strike" [4] .
 

La dottrina "MAD" fu giudicata assurda e riprovevole dal punto di vista morale e non fu mai adottata ufficialmente dal Governo americano, anche se venne utilizzata come metodo per quantificare gli stanziamenti economici in grado di assicurare un'adeguata difesa agli Usa, o meglio, per usare le parole di Helperin, una sorta di "modo per quantificare la distruzione generale". Se nei primissimi tempi dall'elaborazione della teoria le critiche furono moltissime (e provenienti sia da destra che da sinistra) col senno di poi si deve riconoscere che fu un valido deterrente contro una guerra nucleare: con "MAD" i due Paesi dovettero riconoscere che "la deterrenza creata dalla possibile punizione è un modo di influenzare le scelte del nemico" [5] . Come è stato fatto notare "la deterrenza non deve essere giudicata come una strategia per vincere la guerra ma piuttosto per non combattere alcuna guerra, nella consapevolezza che in caso contrario non vi sarebbero stati vincitori" [6] : di fatto entrambe le nazioni furono sottoposte allo stesso pericolo e non ci fu un disarmo unilaterale perché ciascuna doveva difendersi. Grazie al Trattato ABM si concepì un nuovo modo di fare la guerra (o, forse, non fare la guerra) ed avremo modo di apprezzare anche futuri sviluppi, specialmente da parte americana, su questo aspetto. C'è solo da ricordare che dal 1945 il conflitto non poteva essere più delimitato in una determinata area geografica ma poteva potenzialmente investire tutto il mondo e gli effetti di esplosioni nucleari potevano essere sentiti a migliaia di chilometri di distanza, mettendo in seria difficoltà anche le difese del Paese che sferrava per primo l'attacco.

II - Il trattato ABM ed il suo protocollo Aggiuntivo
 


Il Trattato ABM viene firmato il 26 maggio 1972 a Mosca dall'allora presidente degli Stati Uniti, Richard Nixon, e dal Segretario del PCUS, Leonid Brezhnev. L'entrata in vigore del Trattato risale a circa 5 mesi dopo, il 3 ottobre 1972. Come abbiamo già visto, il Trattato è il risultato di negoziati portati avanti nei colloqui SALT I durante i quali fu discusso anche un Accordo Provvisorio della durata di cinque anni per la limitazione di alcune armi strategiche; e come abbiamo già anticipato in questo lavoro, occorreva fare chiarezza sulla situazione internazionale a livello di capacità missilistica sia offensiva che difensiva da parte dei soggetti firmatari del documento [7] . Il Trattato ABM é considerato uno dei più importanti accordi mai raggiunti dalle due superpotenze in campo militare, perché prevedeva la vera e propria messa al bando di una intera classe di sistemi d'arma (i sistemi difensivi contro i missili balistici) e per via anche della conferma, nel 1969, della decisione (presa nella precedente amministrazione) dallo stesso Nixon di procedere allo spiegamento del "Safeguard".
 


Il Trattato è composto da sedici articoli ed un preambolo nel quale sono elencati i principi alla base di questo accordo. Le Parti, nello stilare gli articoli del documento, hanno tenuto conto delle devastanti conseguenze che una possibile guerra mondiale causerebbe per l'umanità; l'adozione invece di misure per la limitazione di un sistema "anti-balistico" porterebbe ad una diminuzione del rischio di guerra con armi nucleari.
 

Inoltre, il Trattato viene concluso per porre eventuali condizioni per future trattative con l'obiettivo di limitare le armi strategiche in generale, confermando che sia gli Usa che l'allora Urss dichiaravano la loro intenzione di cessare quanto prima la loro corsa all'utilizzo di armi nucleari e di intraprendere una strada verso un generale disarmo nucleare.
 

Potrebbe dunque già bastare la parte introduttiva del Trattato per arrivare a comprendere lo spirito con cui le due superpotenze mondiali si impegnavano a considerare il rischio che potrebbe comportare lo spiegamento di sistemi (o meglio ancora, lo spiegamento senza precise convenzioni predeterminate, quindi fatto "segretamente", di complessi sistemi) predisposti per lanciare missili con testate nucleari. D'altronde, il periodo dal quale si usciva era uno dei più delicati tra quelli del secondo dopo guerra. Un minimo di certezza nelle relazioni internazionali dei Paesi più esposti a livello mondiale era diventato un obiettivo importante e soprattutto necessario.
 

L'articolo II del Trattato spiega in cosa consiste un sistema ABM, e cioè un sistema specifico predisposto per intercettare missili strategici (o loro elementi) nella loro traiettoria di volo. Questo particolare sistema consiste in:


  1. Missili ABM intercettori, che sono missili costruiti e spiegati con il fine di contrastare un attacco militare strategico [8] ; oppure missili testati con il fine dell'ABM [9] ;

  2. Lanciamissili ABM, che sono costruiti per lanciare i missili ABM;

  3. Radar ABM, costruiti o testati per perseguire il fine antimissilistico dell'ABM.


Tra i componenti del sistema ABM vengono considerati anche quelli che sono:


- Operativi;

- In costruzione;

- Che si stanno sottoponendo a test;

- In riparazione;

- Ancora non utilizzati.
 


Il fatto che il Trattato del '72 sia stato scritto solo in inglese o in russo (ma per ovvi motivi di semplicità si è preso solo in considerazione quello tradotto nella prima lingua) ha a volte complicato la corretta interpretazione linguistica del documento, e anche da parte dei compilatori stessi dell'ABMT ci saranno diverse interpretazioni riguardo l'attuazione del Trattato.
 

Già il fatto che nella precisazione dei componenti del sistema ABM non siano stati menzionati altri importanti elementi, come armi laser o a fascio di particelle, può lasciar spazio a interpretazioni che non estendono l'applicabilità delle disposizioni del Trattato verso questi particolari elementi. Così il presidente Reagan utilizzerà questa "zona grigia" per l'interpretazione alla base della sua SDI [10] ("Strategic Defense Initiative", "Iniziativa di difesa strategica") adducendo che, nel Trattato, c'è il riferimento alla tecnologia esistente al momento ("currently") della stesura del documento stesso, mentre nel corso degli anni si potranno sviluppare nuove tecnologie per nuovi strumenti. Ci saranno comunque altre "zone grigie" di interpretazione sulle quali dovremo tornare nelle prossime pagine.
 

Ogni Parte si impegna, ex art. I, a limitare sistemi ABM e ad adottare le misure necessarie per rispettare le regole del Trattato. Inoltre, si impegnano a non dispiegare i sistemi in questione (né a creare una base per questi) per una difesa del proprio territorio e di ogni regione, eccetto per quanto stabilito nell'articolo che prevede le deroghe per i limiti dello spiegamento: l'art. III.
 

Quest'articolo ricopre sicuramente una delle parti più importanti del documento perché prevede gli ambiti in cui le indicazioni del Trattato non si applicano. In effetti, questi casi sono definiti "limiti di soglia", che, a loro volta, saranno oggetto di diverse interpretazioni. Si può dunque stabilire che, quando il Trattato fu siglato, venne previsto che i sistemi ABM si potevano dislocare:


- In un'area con un raggio di 150 chilometri (con il centro situato nella capitale dello Stato), con non più di 100 intercettori nelle "aree di istallazione permesse" (at launch sites) e con 6 complessi radar ABM, nell'area di istallazione della capitale (ognuno di questi aventi non più di 3 chilometri di raggio); oppure

- In un'area, sempre con il raggio di 150 chilometri (in questo caso però non si indica che il centro del raggio dovrebbe essere la capitale nazionale, ma c'è chi non lo nega), con non più di 100 intercettori ABM nelle "aree permesse", con 2 grandi radar a schiera di fase (Large phased array radars) nell'area di istallazione dei missili ICBM, e con non più di 18 radar ABM nell'area di istallazione dei missili ICBM.
 


Inoltre si consentono, nell'art. IV, anche 15 lanciatori ABM nei poligoni di prova, mentre nella Dichiarazione concordata B (successiva alla stesura del Trattato) si concede un prodotto Potenza-Apertura per i radar a schiera di fase pari a 3.000.000. Per ultimo, nelle Dichiarazioni concordate C ed E delle due parti si scrive che ci devono essere 1300 chilometri di distanza fra le due aree di istallazione permesse ed 1 sola testata a guida indipendente per ogni intercettore.
 

Si arrivò anche a formulare un'altra dichiarazione, la D, che prevedeva la possibilità di discutere, ex art. XII (che riguarda la Commissione di consultazione) e art. XIV (sulla possibilità di presentare emendamenti) l'eventualità di creare sistemi ABM basati su altri principi fisici e con componenti in grado di sostituirsi a missili e radar ABM. Le eventuali limitazioni in merito a tali sistemi verrebbero discusse una volta presentati i progetti.
 

Occorre adesso richiamare il Protocollo firmato nel 1974 dagli stessi firmatari del Trattato ABM perché proprio con questo nuovo documento si decisero cambiamenti nell'ambito delle deroghe di applicazione del Trattato. Infatti le Parti decisero in quella sede di ridurre le aree di deroga ad una sola per ciascuna. Quindi l'allora Unione Sovietica scelse di mantenere (e l'odierna Russia fa lo stesso) una difesa ABM sulla sua capitale, mentre gli Stati Uniti decisero di completare il loro sistema ABM, progettato per difendere i loro lanciamissili ICBM in North Dakota, anche se il sistema fu operativo solo per un breve periodo e divenne definitivamente inattivo nel 1976.
 

Andando avanti con gli articoli del Trattato, arriviamo all'art. V che sarà, anche questo, sottoposto a diverse interpretazioni da parte dei Presidenti delle due superpotenze. Adesso ci limitiamo solo ad evidenziare che nell'importante articolo si precisa che ogni Parte si impegna a non spiegare, testare o sviluppare sistemi ABM (o loro componenti) a base marina, aerea, spaziale e a base terrestre mobile. Nel secondo paragrafo dell'articolo in questione si è voluto limitare anche l'incremento qualitativo della loro tecnologia ABM in un certo numero di ambiti, come la capacità di lanciare intercettatori multipli (impedendo ai lanciamissili di lanciare più di un intercettore alla volta) o la capacità di rapida ricarica dei lanciamissili.
 

I sistemi ABM (ed i loro componenti) che saranno costruiti senza rispettare le indicazioni del Trattato saranno distrutti o smantellati attraverso procedure che le Parti stesse provvederanno a predisporre (così l'art. VII). Non sarà poi possibile assumere obblighi internazionali con altri Paesi che potrebbero essere in contrasto con quanto stabilito dal documento in esame, mentre è importante ricordare che secondo l'art. XI ciascuna delle Parti si impegna a continuare trattative per limitare l'utilizzo di armi strategiche offensive.
 

Ogni Parte, poi, prevedrà mezzi tecnici per il controllo del pieno rispetto delle disposizioni del Trattato, anche attraverso i principi del diritto internazionale. Al riguardo, non si potrà influenzare i metodi scelti dall'altra nazione né si potrà limitare la possibilità di verificare, dal di fuori, i mezzi utilizzati per l'applicazione dell'accordo. Ecco perché si vietano, sempre nell'art. XII, modifiche improvvise nell'attività di costruzione di sistemi di difesa permessi negli articoli che consentono le deroghe.
 

Affinché poi si possano promuovere gli obiettivi dell'ambizioso Trattato viene costituita una "Standing Consultative Commission", con l'onere di considerare questioni concernenti il rispetto degli obblighi assunte dalle Parti, valutare le eventuali modifiche della situazione internazionale (rispetto a quella che esisteva al momento della stesura del Trattato), e dedicarsi ad altre importanti attività indicate dall'art. XIII.
 

Cinque anni dopo l'entrata in vigore, e successivamente, ad intervalli di cinque anni, le Parti dovranno affrontare insieme una revisione del Trattato che si considera, comunque, di durata illimitata, anche se al paragrafo 2 dell'art. XV viene consentita la possibilità di ritirarsi dall'accordo, nel caso in cui accadessero eventi particolari da far ritenere che gli interessi supremi tutelati dal Trattato fossero intaccati. Il ritiro dovrà avvenire attraverso la notifica della decisione all'altra Parte, almeno 6 mesi prima del ritiro stesso. Nella notifica del ritiro dovranno anche essere specificati gli eventi straordinari che hanno generato la scelta.
 


Visti dunque i punti più importanti del Trattato ABM (e del suo protocollo aggiuntivo), è necessario adesso affrontare le problematiche che si sono andate sviluppando negli anni seguenti fino ad arrivare alla importante scelta nel dicembre 2001, da parte Usa, di uscire dal Trattato. Si avrà modo di scoprire che nei 30 anni seguiti dalla firma del Trattato, ci sono state diverse posizioni interpretative e diverse scelte su come sviluppare i rapporti tra le superpotenze e strutturare il proprio arsenale missilistico (ma sulle scelte ha avuto il suo peso anche l'appartenenza politica dei governanti, a partire proprio dai presidenti Usa).

III - Gli sviluppi
 


Il primo passo di rilevante importanza che occorre richiamare e che già avevamo avuto modo di anticipare, è quello del presidente Ronald Reagan nel 1983, con l'annuncio dell'inizio di un programma di ricerca, sempre nel rispetto di quanto stabilito nel Trattato ABM, che avrà come fine quello di studiare la flessibilità di misure difensive contro gli attacchi eseguiti con missili strategici. L'obiettivo era quello di assicurare concretamente la pace a livello internazionale attraverso, appunto, la proposta di un sistema (chiamato anche in gergo "scudo spaziale " [11]) tale da poter rendere il paese inattaccabile. Questa ricerca (chiamata SDI, Strategic Defense Iniziative) sarà l'inizio, da parte Usa, di un nuovo approccio alle tematiche presentate sia nei SALT, che nell'accordo del 1972. La SDI sarà dunque un programma di ricerca a lungo termine che dovrà produrre il risultato, secondo Reagan, "di rendere le armi nucleari impotenti ed obsolete". Con la sigla SDI si vuole intendere quel particolare progetto per sperimentare missili capaci di neutralizzarne altri, di tipo ICBM, nella loro fase iniziale della traiettoria, al di sopra del paese da cui i missili intercontinentali vengono lanciati.
 

La scelta di Reagan fece ovviamente discutere per via di un possibile non rispetto, da parte americana, dell'accordo ABM, e le problematiche dell'attività di ricerca SDI ruotavano proprio sui limiti della ricerca stessa. Nel momento in cui venne firmato il Trattato, nel 1972, era molto più facile verificare se una certa ricerca o sperimentazione rispettava i limiti di soglia decisi a Mosca in quell'anno (e nel successivo protocollo già affrontato in queste pagine), mentre con lo sviluppo dei mezzi tecnologici non sempre diventava semplice poter affrontare la verifica di un test svolto "secondo modalità ABM". In più, l'interpretazione data da Reagan, era di quelle considerate "allargate" ("broad"), con cui si sosteneva che le limitazioni alle sperimentazioni contenute nell'articolo V non si applicavano ai sistemi non convenzionali basati su altri principi fisici (come laser o fascio di particelle). Grazie a questa interpretazione, Reagan si avvaleva del lavoro in laboratorio per sviluppare il progetto di ricerca perché non veniva appunto compreso nelle attività proibite dal Trattato (soprattutto perché non si trattava di esperimenti per un nuovo sistema difensivo nella sua interezza, ma solo per un'indagine "conoscitiva" - almeno così sosteneva il governo americano - delle potenzialità di una tale sperimentazione).
 

Anticipiamo che, ovviamente, i dirigenti di Mosca non accettarono una scelta di tal tipo, anche perché da parte sovietica si intendeva ancora perseguire una interpretazione più restrittiva ("narrow"), non consentendo la sperimentazione di componenti o di altri elementi che avessero capacità ABM e che non fossero oggetto di deroghe nel Trattato, permettendo quindi i test e lo sviluppo, ma non lo spiegamento, di sistemi fissi (e non mobili) ABM basati su altri principi fisici e sulla terra (si veda l'art. V del Trattato). Oltre poi a queste due interpretazioni "opposte", esisteva anche una lettura "permissiva-ristretta" del Trattato, che riconosceva la sua applicazione a tutti i tipi di componenti antimissile (compresi anche i sistemi non tradizionali), e sosteneva che le restrizioni del Trattato (previste nell'art. V) sui componenti mobili non ponevano limiti alla SDI, perché nessuno dei dispositivi sperimentali del programma disponeva di tutte le caratteristiche ABM. Secondo questa interpretazione, poi, l'art. VI non poneva limiti alle sperimentazioni SDI, in quanto queste non sarebbero state condotte secondo modalità ABM, o non avrebbero dimostrato capacità ABM. C'è comunque da sottolineare che, negli anni seguenti, con Gorbachov si arrivò a dichiarazioni sovietiche più possibiliste riguardo i progressi avvenuti nei laboratori, bandendo però qualsiasi altra attività fuori dai posti di ricerca [12] .
 

Si è scritto molto sul motivo di questa importante svolta americana, e si ritiene che una delle cause per cui si voleva dare vita ad un sistema avanzato di difesa missilistica trovasse fondamento nella necessità di contrastare efficacemente le nuove tecnologie offensive dotate di esplosivi nucleari con un alto grado di pericolosità.
 

Con questo sistema si arrivava a costituire, quindi, un arsenale non più basato esclusivamente sul deterrente delle forze offensive, alterando perciò l'equilibrio strategico-militare, fondato sull'aspetto intimidatorio della capacità di "risposta" di una superpotenza. Lo squilibrio si veniva a creare nel momento in cui i sovietici vedevano che ogni loro eventuale attacco (o contro-attacco) sarebbe stato reso vano da questo nuovo sistema di difesa. Reagan, insieme con suoi colleghi democratici, riteneva che la deterrenza nucleare non rappresentava una soluzione così "positiva" in quanto basata sul conosciuto "equilibrio del terrore" (che abbiamo già menzionato nel primo capitolo di questo lavoro).
 

Sicuramente il problema non era di facile soluzione, perché in questo modo gli Usa volevano unilateralmente predisporre un loro sistema di difesa (attraverso un programma di ricerca) per poter contrastare un eventuale attacco sovietico e non esser colti alla "sprovvista".
 

Difatti, lo spiegamento di mezzi militari che andassero ad alterare tale equilibrio e tale certezza poteva essere considerato rischioso per via di una possibile attività di mutua ricorsa alle armi (sia offensive che difensive), con relativo spreco di risorse [13] . Nessuno garantisce che, una volta predisposto un efficace scudo per un attacco, le tecnologie dell'offesa segnino il passo di fronte a quelle della difesa anzi, proprio questi programmi innovativi di ricerca americani potevano stimolare l'altra Parte a crearne di propri per operare un complesso riarmo totale [14] .
 

D'altronde si ritiene che solo se si riuscisse ad ottenere perfette SDI (o BMD, "Ballistic Missile Defense " [15]) per proteggere sia la popolazione sia gli obiettivi di interesse militare, si farebbe sicuramente un passo in avanti notevole, perché delle perfette BMD segnerebbero la fine dell'efficacia potenziale dei missili balistici, e creerebbero (anche se in uno spazio temporale molto largo) la possibilità di un grande accordo di disarmo graduale.
 

Logicamente si è portati a pensare che sia impossibile raggiungere questo risultato perfetto, e ciò che contava era, comunque, garantire un certo equilibrio strategico, anche se si considerasse remota l'eventualità di un attacco missilistico. L'importante era ottenere un rapporto, con l'altra superpotenza, che si basasse sulla certezza di non trovarsi mai con una difesa "non all'altezza" di una provocazione. Da ultimo, essendo l'Unione Sovietica un paese abbastanza avanzato dal punto di vista della capacità offensiva [16] , riconsiderare solo il lato difensivo (come vorrebbero fare gli Usa) di un sistema missilistico per apportargli nuovi sviluppi, significava competere in un campo (quello dell'alta tecnologia) dove, effettivamente, era difficile lottare alla pari con l'Usa. Ecco allora che si poteva verificare una situazione alquanto particolare, con un tentativo sovietico di predisporre una simile iniziativa difensiva, ma allo stesso tempo provvedere ad un rapido riarmo dei propri arsenali offensivi per compensare un'eventuale mancanza nel proprio sistema missilistico di difesa.

IV- Aspetti positivi e negativi della SDI
 


Il progetto SDI, dunque, comportò diverse critiche, a favore e a sfavore, nell'immediato periodo successivo alla presentazione del programma.
 

Tra gli aspetti tecnici positivi della Iniziativa di Difesa Strategica, c'era sicuramente quello di avere una maggiore possibilità di intercettazione dell'ICBM incursore (data la sua lentezza e la sua generale vulnerabilità nella fase iniziale di lancio) e la maggiore disponibilità di tempo per distruggere il missile stesso (o comunque diverse possibilità successive per farlo). Inoltre, la creazione di un sistema così altamente avanzato tecnologicamente, potrebbe aggiungere un ulteriore elemento di incertezza ai molti che già caratterizzano la pianificazione di un primo colpo, rendendola ancora più improbabile e quindi meno attendibile. Infatti, con un SDI in funzione, gli strateghi sovietici non potrebbero più sapere se un dato missile, destinato a colpire un bersaglio particolarmente importante, potrà compiere la sua missione. Quindi, uno stato di incertezza generale, generato da questo particolare sistema di difesa americano, costituirebbe, oltre alla possibilità di una rappresaglia statunitense, un ulteriore elemento di deterrenza per un attacco dell'Urss.
 

Da un punto di vista strettamente economico, poi, un sistema di difesa che fosse superiore al sistema offensivo avversario, renderebbe quest'ultimo un bene superfluo ("a wasting asset"), costringendo quindi l'altra Parte ad intraprendere negoziati per giungere ad un accordo sulla riduzione delle armi nucleari, con un gesto obbligato per via della forza di chi ha predisposto misure difensive più efficaci, avendo anche un budget economico sicuramente più elevato.
 

Non tutti gli argomenti però sono a favore dell'iniziativa portata avanti da Reagan nel 1982. Un primo problema potrebbe essere dato dal fatto che, grazie ad un sistema di difesa diverso in un Paese rispetto a quello dell'altro, questo potrebbe incentivare il primo a sferrare un colpo iniziale, sapendo di poter rispondere con efficacia al contrattacco. Il risultato netto sarebbe, dunque, quello di voler attaccare l'avversario con una mossa a sorpresa. C'è poi chi sostiene che, nonostante l'interpretazione allargata sfruttata da Reagan per attivare un progetto di ricerca nei laboratori, bisogna anche pensare che questo avviene per un possibile sviluppo e spiegamento di una difesa del territorio nazionale, obiettivo ovviamente in contrasto con gli impegni previsti dal Trattato.
 

Con il sostegno al programma SDI, non si può non pensare che l'Unione Sovietica si sentisse costretta a scegliere una delle due strade: o cercare di opporsi in maniera decisa a questo tipo di sviluppo di ricerca (cosa che, come vedremo, avverrà in diverse sedi negli anni successivi), oppure perseguire anche lei nuovi programmi che comportino nuove strutture di difesa con le stesse capacità di quelle americane, ma con possibili conseguenze negative, come la rapida corsa al riarmo.

V - Ulteriori sviluppi: dai DST agli start
 



Intanto nell'estate del 1983, gli Usa rivelavano che era stato scoperto un radar russo (Il Krasnoyarsk) in costruzione nella città sovietica (situata a est degli Urali, da cui il radar prendeva il nome) ad una distanza di circa 800 km dai confini posti dalle deroghe del Trattato e quindi in violazione degli accordi. Il problema dell'esistenza di questo radar verrà sollevato nell'incontro, nei mesi successivi, della Commissione di consultazione, e solo nel 1989 (il ritardo si pensa sia dovuto al passaggio in secondo piano della questione del radar rispetto ai problemi di interpretazione del Trattato che con il tempo sorgevano) i sovietici riconosceranno l'illegalità del radar e si dichiareranno favorevoli al suo smantellamento (che in effetti cominciò nel 1994, non solo però per motivi legati al vincolo del Trattato, ma anche per problemi dovuti alle ingenti spese di manutenzione e di energia elettrica).
 

Nel 1985, a Ginevra, si tennero importanti colloqui sul problema delle armi nucleari e dell'utilizzo dello spazio (NST: Nuclear and Space Talks), nelle quali si procederà anche ad affrontare colloqui sullo spazio e la difesa (DST: Defense and Space Talks). Durante gli incontri, i rappresentanti degli Stati Uniti cercavano di discutere, insieme con loro colleghi dell'Urss, una transizione dal principio di deterrenza basato solo sulla minaccia di una rappresaglia nucleare al principio di un incremento della difesa (a base terrestre o mobile) contro missili balistici. Si voleva dare così più importanza alla capacità difensiva del Paese che alla potenzialità della risposta susseguente ad un eventuale attacco e, anche se può non sembrare, in questo modo gli americani volevano spostare l'angolo di approccio al concetto di equilibrio che, come avevamo ben indicato prima, si era potuto creare con il Trattato. Infatti la risposta sovietica a questa proposta di spiegamento di un sistema difensivo nazionale fu negativa, sostenendo un divieto per la ricerca, lo sviluppo, i test e lo spiegamento di armi "space-strikes" (cioè capaci di colpire missili in arrivo sul proprio territorio).
 

Sul finire dell'85 si arrivò a considerare le varie interpretazioni (allargata, tradizionale e restrittiva) che abbiamo già affrontato in precedenza. C'è solo da menzionare il fatto che Reagan, dopo l'incontro di Ginevra, considererà la sua interpretazione come "fully justified", ma per evitare incertezze sull'attività di ricerca americana e situazioni di imbarazzo generale, l'amministrazione Reagan sceglierà di continuare la propria ricerca SDI secondo quanto stabilito dall'interpretazione restrittiva.
 

Nell'incontro tenutosi a Reykjavik nel 1986, i fini dei colloqui si spostavano non tanto sull'organizzazione dei sistemi difensivi o su come attuare un possibile equilibrio "nucleare" a livello internazionale, quanto sul problema delle riduzioni dell'arsenale balistico offensivo di ciascuna superpotenza. Vedendo gli americani allontanarsi da quanto era stabilito nel Trattato del '72, i sovietici proposero agli Usa di impegnarsi a rispettare per 10 anni il Trattato ABM senza mai ritirarsi. Allo stesso tempo, il presidente sovietico formulava la sua posizione riguardo le sperimentazioni che, nel rispetto del Trattato, potevano verificarsi. Esse sarebbero state possibili solo se avessero riguardato ricerche di laboratorio su elementi basati nello spazio, esclusivamente la difesa da missili balistici nello spazio extra-atmosferico, con la proibizione di tutte le altre sperimentazioni di questo tipo di elementi se svolte in altro modo. Ovviamente, non sarebbero state proibite le sperimentazioni permesse dal Trattato ABM, cioè dei sistemi fissi basati a terra e dei loro componenti (secondo l'interpretazione restrittiva).
 

Queste dichiarazioni si resero necessarie per chiarire il significato della proibizione sostenuta dall'Urss, perché non si era ancora potuto comprendere, prima dell'incontro di Reykjavik, se si voleva far un riferimento alle "sperimentazioni nello spazio" (il che proibiva le sperimentazioni al di fuori dall'atmosfera) o "sperimentazioni basate nello spazio", il che permetteva la sperimentazione nello spazio di dispositivi in volo su traiettorie balistiche ma non su quelle orbitali.
 

Questa proposta sovietica suscitò una controproposta americana nei seguenti termini:


- Una riduzione del 50% delle forze strategiche offensive degli Stati Uniti e dell'Unione Sovietica prima del 1991;

- L'eliminazione, entro il 1996, di tutti i missili offensivi, sia americani che sovietici;

- Un accordo in base al quale ciascuna parte poteva spiegare difese strategiche avanzate dopo il 1996 a meno che non fosse raggiunta una decisione di altro tipo.
 


Purtroppo, le divergenze dei due leader sulla SDI furono tali da impedire che si giungesse ad un accordo.
 

L'anno successivo il presidente Reagan, per evitare che si pensasse che gli Usa non credessero più nei principi del Trattato ABM, rinnovò la fiducia nell'accordo di Mosca, ed allo stesso tempo propose l'inizio di colloqui con l'Urss per una riduzione delle armi strategiche (START: Strategic Arms Reduction Talks), dichiarandosi favorevole a raggiungere presto un'intesa con Gorbachov sui più generali colloqui DST per garantire anche un completo rispetto del Trattato, ma allo stesso tempo riservandosi la possibilità di continuare ricerche, sviluppi e test (solo se ritenuti necessari) permessi dal Trattato ABM (nell'ambito ovviamente dell'interpretazione seguita dalla presidenza americana).
 

Continuando con il nostro studio "cronologico" sulla "vita" del Trattato ABM, il 1988 rappresentò un altro anno importante per via delle nuove proposte avanzate da Reagan. Nell'ambito del programma START per la riduzione dell'utilizzo delle armi strategiche e dei colloqui sulla difesa e lo spazio, con la bozza presentata ai nuovi colloqui dagli americani si ripeteva il rispetto del principio di durata illimitata del Trattato ABM, ma si faceva anche un riferimento alla previsione (decisa con un accordo bilaterale) di un periodo limitato, trascorso il quale ciascuna Parte poteva essere libera di intraprendere le proprie decisioni, comprese quelle che avevano come fine lo sviluppo di sistemi di difesa basati sull'utilizzo di missili strategici, anche se proibiti dal Trattato ABM, dopo aver però avvisato l'altra Parte di tale scelta [17] .
 

Si capisce quindi che, nonostante tutto, gli americani volevano andare fino in fondo con le loro attività specifiche, prevedendo anche un possibile comportamento in contrasto con gli accordi ABM (ma con avviso, però), che era comunque in risposta a quanto già fatto dall'Urss anni prima con il radar "illegale" Krasnoyarsk, considerato tale dal suo costruttore solo dopo che gli Usa, nell'ambito della terza "Review" del Trattato svolta insieme all'Urss (1988), avevano minacciato di "intraprendere appropriate e proporzionate risposte in futuro".
 

Il punto di vista degli Usa su come sviluppare le trattative sullo spazio e la difesa non veniva ovviamente accolto troppo felicemente dall'altra sponda, specialmente dal momento in cui questa riconosceva l'illegalità del suo radar (e quindi di quanto già asserito dagli Usa, anche per rendere più facile il dialogo tra i due Paesi). Parimenti l'Unione Sovietica non vedeva un forte impegno per rispettare il Trattato da parte né di Reagan, né del nuovo presidente Bush, specie quando egli, in uno dei discorsi tenuti al senato, rivendicava il suo "credo" verso il programma SDI. Quindi i sovietici decidevano effettivamente di considerare l'importanza dei colloqui DST e l'impegno a sviluppare concretamente i risultati dello START ma, in riferimento a quest'ultimo, solo con la garanzia del rispetto statunitense del Trattato ABM, altrimenti veniva già prevista l'eventualità del ritiro dal Trattato per la riduzione delle armi strategiche.
 

Il programma di difesa SDI subiva un cambio di impostazione, sotto l'amministrazione Bush, da un sistema di difesa contro un attacco missilistico su larga scala in un sistema di protezione contro un qualsiasi tipo di attacco (anche limitato, "limited ballistic missile strikes"), indifferentemente dalla propria origine. Il nuovo programma prenderà il nome di "The new Global Protection Against Limited Strikes" (GPALS), e sarà presentato da Bush nel '91, comportando tagli delle armi tattiche nucleari, senza però trascurare la credibilità delle forze deterrenti in possesso del paese americano. Il GPALS diventerà uno degli obiettivi da raggiungere tra quelli dell'agenda di Bush, anche se non sarà facile arrivare ad un accordo bilaterale sul programma, specialmente nell'ambito di una nuova proposta di DST americana.
 

Il 1992 è un anno senza dubbio importante per i rapporti tra le due superpotenze, soprattutto perché gli Usa non avevano più di fronte l'Unione Sovietica, ma la Russia. Il suo presidente, Boris Yeltsin, dopo aver affrontato le varie procedure per il trasferimento dei documenti ABM dall'Urss alla Russia, si dichiarava presto a favore della necessità di rispettare quanto stabilito nel Trattato anche se, parlando al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, si esprimeva a favore di uno sviluppo e della messa in opera, insieme con l'altra superpotenza, di un sistema specifico diverso dalla SDI, avente come fine primario la protezione dello spazio, sempre nella piena osservazione degli articoli del Trattato. Il passo fatto da Yeltsin fu sicuramente considerevole, soprattutto perché la mossa successiva fu proprio quella di presentare un progetto comune di un sistema di protezione globale (Global Protection System). Inoltre l'amicizia americana, in un clima sicuramente diverso da quello vissuto negli anni '60, rappresentava un importante punto di partenza per l'organizzazione della Russia del nuovo leader.
 

I colloqui per il GPS portarono al risultato della redazione di un protocollo di modifica del Trattato ABM con le seguenti disposizioni principali:


- Possibilità di costruire 6 siti ciascuno con 150 missili intercettori;

- Possibilità di effettuare un numero illimitato di test (e di conseguenza un numero illimitato di sviluppi tecnologici) nell'ambito del programma ABM;

- Ridefinizione del concetto di "testato in modo ABM" per poter permettere un migliore sistema di difesa basato su missili da "teatro" (TMD: Theater Missile Defense). Questi sono dei vettori particolari che, a differenza dei missili intercontinentali, possono coprire solo un intero teatro di guerra (con una gittata, come vedremo, di 3.500 km [18] ). In questo modo verrebbero colpiti i missili nella loro fase di caduta e non nella loro fase di partenza;

- Possibilità di trasferire i sistemi ABM ad altri stati.
 


Il protocollo, a differenza del Trattato, non sarebbe stato di durata illimitata, ma con una validità di 10 anni, fino al 2002.

VI - Clinton ed il programma "3+3"
 


Per gli Usa il finire dell'anno 1992 rappresentava un altro momento importante perché erano previste le nuove elezi oni presidenziali, e William Jefferson Clinton, candidato dei democratici, durante la sua campagna elettorale sosteneva la rinuncia all'obiettivo di un sistema di difesa spaziale appoggiando più decisamente un sistema basato sull'utilizzo di un sistema più limitato di missili, e con un'interpretazione più restrittiva dell'ABM. Dopo esser stato eletto, Clinton si dichiara favorevole allo spiegamento dei cosiddetti missili da "teatro" (che, secondo gli esperti del Trattato ABM era permesso, ma sarà possibile constatare che si aprirà una discussione anche su questo) per ottenere una migliore protezione delle truppe militari contro missili a piccolo o medio raggio d'azione.
 

Con l'amministrazione Clinton si farà un deciso passo indietro verso un'interpretazione più tradizionale del Trattato. La conferma viene al Senato da un esponente del governo che ripete, favorendo dunque un maggiore rispetto per l'accordo di Mosca, che era proibito compiere attività di sviluppo, di test e di spiegamento dei sistemi ABM o di loro componenti. Il clima tra le due superpotenze sembra essere più disteso grazie ad un riconoscimento, da parte americana, dell'autenticità di quanto stabilito con sforzi diplomatici da Nixon e da Brezhnev 20 anni prima. Con la quarta "review" del Trattato (1993) si sottolinea, infatti, l'importanza di mantenere l'attuabilità delle disposizioni ABM, in vista delle innovazioni tecnologiche e, soprattutto, politiche.
Il presidente americano, con il fine di "costruire" migliori relazioni politiche con la Russia di Yeltsin, continua il suo lavoro diplomatico a favore di un miglior dialogo tra le due Parti. Così, la sua amministrazione decide di rinunciare alla revisione del Trattato fatta da Bush l'anno precedente, acconsentendo a rendere multilaterale l'accordo (cosa che accadrà però nel 1997 grazie alla successione nel Trattato da parte della Bielorusssia, Kazakhistan e Ucraina).
 

Nel summit di Washington del '94, i presidenti delle due superpotenze, nell'ambito dello sviluppo delle tecniche difensive, arrivano ad un'intesa, sia per l'importanza del mantenimento dell'integrità dei principi ABM, sia per la sperimentazione (congiunta) dei missili da teatro. In questo modo, si sostiene nel summit, si poteva sviluppare un sistema congiunto di difesa da utilizzare insieme, per esempio, in operazioni di pace.
 

Il discorso sulla sperimentazione dei TMD diventa di primissimo piano negli anni seguenti. Clinton e Yeltsin cercano, oltre a chiarire alcune base per i colloqui sull'ABM [19] , anche di trovare punti di incontro per specificare la velocità e il raggio d'azione, e per stabilire definitivamente se l'utilizzo, o la sperimentazione di questi missili rientrava nel campo delle attività permesse dal Trattato, visto che, per via degli sviluppi tecnologici, si riteneva che i missili da teatro, se utilizzati in un certo modo, potevano violare gli accordi del '72 [20] . Difatti comincia un lungo dibattito russo-americano per la definizione effettiva (e quella attuale è stata riferita, in questo lavoro, nelle pagine precedenti) delle capacità del missile da teatro e che vedrà svolgere la discussione in 2 fasi specifiche: la prima (settembre '96) per definire gli argomenti sulla linea di "demarcazione" tra un missile TMD secondo i principi ABM e uno che va oltre, e la seconda (marzo '97) per sviluppare più dettagliatamente le questioni poste l'anno prima. Verrà confermato che un missile TMD sarà rispettoso del Trattato ABM quando avrà una velocità non più alta di 5 km al secondo e avrà un raggio d'azione di non più di 3.500 km.
 


Contemporaneamente (marzo 1996) a questi importanti colloqui, l'amministrazione Clinton decide di far partire un programma di difesa nazionale (NMD: "National missile defense"), chiamato "programma 3+3", che avrà come obiettivo quello di predisporre lo sviluppo , nei 3 anni successivi, di elementi base di un sistema di difesa nazionale da poter essere spiegato, in caso di necessità, nel termine di altri 3 anni. Questo sarebbe stato un progetto con l'obiettivo di tutelare gli Usa da eventuali (e pericolosi) attacchi nucleari.
 

La conseguenza fu che nel 1999 il presidente americano firmò il "Missile Defense Act", recependo il progetto "3+3" di 3 anni prima [21] . In effetti Clinton dovette scendere a compromessi con la forte maggioranza repubblicana del congresso, e la commissione guidata da Donald Rumsfeld (attuale ministro della difesa americana) individuò alcuni stati, definiti "canaglia" ("Rogue States"), i quali potevano essere in grado di dotarsi di missili balistici in grado di colpire gli Stati Uniti con testate nucleari, chimiche o batteriologiche. La commissione considerò "stati canaglia" la Corea del Nord, l'Iran e l'Iraq. Si vedrà in seguito che l'attuale presidente americano Bush porterà avanti questo programma anche se, riguardo gli "stati canaglia", sembra che solo la Corea del Nord sarebbe in possesso di qualche missile intercontinentale, sulla cui efficienza esistono, oggi, parecchi dubbi.
 

Al fine poi di cercare un appoggio russo per la lotta contro questi "stati canaglia", nel 2000, a Ginevra, Clinton esortò la Russia a considerare l'importanza di questo progetto e di procedere ad una nuova "rivisitazione" del Trattato ABM. La risposta russa fu tutt'altro che negativa, anzi, sostenendo che 3 erano gli elementi primari da valutare nei colloqui riguardanti la non proliferazione di nuove tecnologie missilistiche (prevenire il pericolo di un uso di armi nucleari, e nel caso in cui non fosse possibile, essere capaci di scoraggiarlo e di difendersi da esso), un accordo con gli americani era possibile da trovare.
 

Nel periodo di settembre 2000 si avvicinano le nuove elezioni americane, e Clinton decide di lasciare a chi verrà eletto la delicata scelta riguardante la costituzione di un sistema di difesa nazionale, anche se vorrà comunque tenere allacciati i rapporti con Vladimir Putin, successore di Yeltsin, per definire, sempre nell'autunno dello stesso anno, alcuni aspetti riguardanti la cooperazione russo-americana, per contrastare la diffusione di armi strategiche e creare una iniziativa comune per garantire la stabilità nei rapporti internazionali.

VII - Bush ed il ritiro USA
 


Il nome che esce dalle urne, nelle elezioni americane dell'anno 2000, è quello di Gorge W. Bush, figlio del presidente che precedette Clinton. Con lui registriamo qualche cambiamento rilevante ai fini del riconoscimento (sicuramente tanto considerato dal suo predecessore) dei principi ABM. Già dopo 5 mesi di presidenza, Bush, con un discorso fatto alla "National Defense University", sostiene che: "Bisogna muoversi oltre gli schemi rigidi previsti da un trattato vecchio di 30 anni...".
 

Dopo l'estate, Bush e Putin si incontrano in Texas per decidere come affrontare eventuali emendamenti da apporre al Trattato. Purtroppo non si raggiungerà un accordo su questi, anche perché erano mirati a dare la possibilità agli americani di ottenere meno limiti per lo svolgimento per testare o spiegare sistemi strategici. Nell'incontro, comunque, i 2 leader arrivano a stabilire riduzioni unilaterali per ciascuna delle parti. In questo modo si riusciva a garantire un certo margine d'intesa sull'idea di una revisione di un documento che, come si è potuto vedere, ha subito diversi (ma non sempre decisi) cambiamenti (specie dal punto di vista interpretativo), ma mai una scelta definitiva che, invece, arriva il 13 dicembre 2001, con la decisione da parte dell'amministrazione Bush di ritirarsi dal Trattato. La minaccia, ormai, non era più apportata dalla guerra fredda, ma da un certo numero di piccoli stati (quelli appunto definiti "canaglia" dalla commissione Rumsfeld nel periodo di presidenza Clinton) con la disponibilità di armi chimiche e biologiche e la capacità di lanciare limitati attacchi nucleari. Contro questa minaccia, la strategia della deterrenza, secondo Bush, non bastava più. Si rendeva quindi necessaria una transizione morbida verso una nuova struttura di sicurezza di cui, oltre all'importante obiettivo di ridurre gli arsenali nucleari, c'era anche quello di creare un sistema di difesa missilistica efficiente. Il timore di perdere il controllo sulle potenzialità di riarmo offensivo (sul quale non si è mai arrivati ad un accordo decisivo) di eventuali Paesi è stato da sempre considerato un fattore importante per la giustificazione di un allontanamento Usa dagli schemi rigidi dell'ABM.
 

La scelta di non seguire più i principi ABM sarà, come stabilisce il Trattato stesso, operativa dopo 6 mesi (quindi dal 13 giugno 2002). Inizialmente il presidente russo Putin l'accoglie come "un errore", ma allo stesso tempo vuole effettivamente chiudere la porta ad ogni possibile nuovo colloquio. La prima assicurazione che Putin ha voluto dare è stata quella di garantire che tutto questo non comporterà una nuova corsa al riarmo, e che si cercherà di decidere insieme quale via intraprendere per evitare che ognuno vada dalla sua parte. Certo, i russi potrebbero anche pensare, in futuro, che Bush abbia deciso di costruirsi questo super scudo per poter sferrare un attacco (non necessariamente verso l'ex Unione Sovietica) senza però poter permettere una risposta adeguata, creando quindi un clima di disagio e di tensione strategica che potrebbe, nel caso in cui si scoprisse che il sistema americano non fosse ancora efficiente, indurre qualche potenza nucleare o qualche "stato canaglia" a sferrare un attacco improvviso e preventivo. Putin, essendo cosciente della limitatezza tecnologica e finanziaria della Russia, preferisce, per il momento, non prendere una scelta troppo decisa, cercando di mantenere i rapporti sia con Pechino e Pyongyang, sia con Washington.
 

Da parte sua Bush, invece, trova nel suo progetto un modo per difendere le proprie forze armate, e anche quelle degli alleati NATO, da un eventuale attacco missilistico nucleare. Lo scudo non rappresenterebbe solo un "punto" a favore degli americani, ma anche per l'Alleanza Atlantica in generale per lo scopo del mantenimento della pace.
 

Troviamo quindi due posizioni decisamente differenti, una che cerca di ricucire, l'altra che invece vuole strappare (ma per ragioni che, almeno così gli americani pensano, sono da condividere per via del diverso tipo di minaccia esistente, rispetto al '72) allontanandosi, unilateralmente e senza un accordo specifico, da quella situazione di equilibrio creata 30 anni prima.
 

Neanche l'offerta dello scudo spaziale russo (che sarebbe anche a tutela di tutto il continente europeo), presentata circa un anno fa al segretario NATO Robertson [22] , ha influito sulla decisione del ritiro Usa. La contro-offerta di Putin prevedeva un sistema di intercettazione di un missile non al momento del suo avvicinamento al bersaglio (come lo scudo spaziale americano di Bush), ma al momento del suo lancio, scovando così l'origine dell'attacco. Non solo, nell'agosto 2002, durante nuovi colloqui tra Usa e Russia, il generale Yuri Baluyevsky, vice capo dello Stato Maggiore russo, affermava che Mosca non era contraria a eventuali test americani [23] , a patto che la controparte rendesse nota l'effettuazione del test; inoltre si voleva considerare la base costruita in Alaska all'interno dei limiti sanciti dalle deroghe del Trattato stesso.
 

Bisognerà aspettare i mesi prossimi per scoprire come il governo americano repubblicano saprà fare le scelte davanti ad un Congresso di segno opposto che ha manifestato pesanti critiche alla scelta di Bush. Nello stesso giorno (13 dicembre) in cui Bush comunicava di aver notificato alla Russia il ritiro dal Trattato (richiamando la tragedia dell'11 settembre come esempio di quanto, ormai, il pericolo non sia rappresentato dall'ex Unione Sovietica, ma da altri Paesi e con altri mezzi), i democratici rispondevano che questa mossa avrebbe comportato una corsa alle armi da parte non solo dei russi, e che questa situazione non garantiva né la pace, né la tranquillità a livello internazionale, soprattutto dopo gli attentati di New York.
 

E se tuttavia vogliamo considerare la politica di Bush non necessariamente a senso unico ma aperta, nonostante il discusso progetto SDI, ad accordi di cooperazione con la Russia sempre nell'ambito dello sviluppo di un sistema di difesa (attraverso, magari, scambi di informazioni nell'ambito dell'allargamento della Nato) un ruolo fondamentale é rappresentato anche dalla Cina.

VIII - La posizione della Cina
 


A metà degli anni sessanta Urss e Usa non erano i soli Paesi a possedere la bomba atomica; si stava affacciando sulla scena mondiale uno Stato asiatico con molte velleità di potere e molta influenza nel proprio continente: la Repubblica Popolare Cinese. A pochi anni dalla sua nascita il fondatore, Mao Tze Dong, dichiarava nel 1956 che per non essere "oppressa" da altri Paesi la Cina avrebbe dovuto dotarsi di armi atomiche; da quel momento iniziava un breve sodalizio che sarebbe durato fino al 1959 con l'altra repubblica socialista asiatica, l'Urss, per la fornitura della tecnologia e lo sviluppo della bomba atomica. Dopo la rottura con Mosca la Cina doveva provvedere da sé per quanto riguarda il "know how" tecnologico: nel 1964 riusciva a far esplodere la bomba atomica e nel 1966 a sperimentare un missile dotato di testata nucleare.
 

Da questo momento cominciava un percorso che la porterà a sperimentare e costruire i principali missili balistici, cioè quelli a medio raggio (MRBM) e a raggio intermedio (IRBM) nel 1972, a lunga gittata o intercontinentali (ICBM) nel 1982, riuscendo a recuperare il "gap" nei confronti dell'Unione Sovietica; a metà degli anni '80, infine, la Cina si dotava anche di missili balistici lanciati da sommergibili (SLBM) e di sommergibili a propulsione nucleare (SSBN). Le spese militari effettuate dalla Cina, nei primi anni dello sviluppo e della successiva produzione di armi, risultavano essere ingenti e assorbivano gran parte delle spese militari; tuttavia, nonostante gli ingenti investimenti nel settore, nel 1983 si era fatta promotrice, alla Conferenza sul disarmo, della Convenzione Internazionale sulla messa al bando delle armi spaziali, aderendo contemporaneamente anche al trattato del 1967 sull'uso e l'attività nello spazio. Convinzione della repubblica socialista era che uno sviluppo del settore in questione e soprattutto del sistema americano di SDI avrebbe di fatto provocato un "salto qualitativo" [24] nella corsa al riarmo.
 

Le obiezioni cinesi, riportate in uno studio del 1984, sottolineavano che:


  1. Lo sviluppo di sistemi speciali a difesa antimissili avrebbe aumentato il rischio di un "primo colpo" e quindi di una guerra nucleare;

  2. Lo SDI avrebbe provocato un riarmo anziché l'abolizione delle armi nucleari;

  3. Lo sviluppo dello SDI sarebbe stata ritenuta una violazione del Trattato ABM, rendendo di fatto più difficili i progressi nel controllo degli armamenti;

  4. Lo SDI sarebbe stata una minaccia non solo per la Cina ma avrebbe diminuito l'effetto deterrente delle armi nucleari di Francia e Regno Unito.


A distanza di quasi vent'anni le posizioni del Paese asiatico non sono sostanzialmente mutate, nonostante sia radicalmente cambiato il contesto geo-politico mondiale. La Cina, pur non essendo formalmente parte del Trattato ABM, segue con molto interesse le vicende riguardanti la riduzione degli armamenti tra Usa e Russia, in quanto vede accrescere le proprie possibilità di colmare quel divario quantitativo di armi nucleari che la separa dai due Stati. Un ostacolo alle mire espansionistiche della Cina viene dal programma americano di sviluppo dello SDI, rilanciato, come sappiamo, da Bush. Dal punto di vista degli armamenti la potenza asiatica può contare su un numero di missili balistici piuttosto esiguo: possiede 20 Dong Feng, 5 con testata singola da 5 megatoni, ossia missili intercontinentali in grado di colpire gli USA ma che richiedono lunghi tempi di preparazione, in quanto le testate devono essere conservate separatamente dal missile a propellente liquido e successivamente su questo montate. Inoltre questi missili sono collocati in silos e quindi in postazioni fisse, la cui unica difesa consiste nel predisporre falsi silos di lancio.
 

Insomma, allo stato attuale la Cina è altamente vulnerabile ad un "first strike" senza avere la possibilità di reagire ad un attacco a sorpresa. La Repubblica popolare ha comunque a suo favore la teorica possibilità che almeno uno dei suoi missili possa colpire una città statunitense ma il sistema ABM degli Usa potrebbe, in futuro, essere in grado di contrastarlo; inoltre la minaccia risulta essere vanificata dal fatto che il Paese asiatico, a differenza della Russia, impiega testate singole e non MIRV. Allo stato dei fatti la scelta della Cina sembra essere obbligata: come sottolineato nelle posizioni di vent'anni prima, si profila il rischio di una corsa agli armamenti, con stanziamenti molto più ingenti di quelli finora destinati alla progettazione e allo sviluppo di nuovi missili.
 

Per non perdere quella seppur limitata capacità offensiva tale da generare una minima deterrenza, la Cina sta sviluppando nuovi tipi di missile: i nuovi Dong Feng 31 e Dong Feng 41, entrambi in fase di sperimentazione, hanno il vantaggio di essere collocati su piattaforme mobili e di essere in grado di supportare testate multiple; inoltre è previsto un incremento dei vettori SLBM e degli ICBM. Il piano apportato da Bush ha quindi provocato un riarmo da parte della Cina che difficilmente, almeno in tempi così rapidi, sarebbe avvenuto; la situazione tenderà sicuramente a diventare più allarmante in tutta la regione asiatica, nella quale è da ricordare che sono presenti Paesi, come India e Pakistan, che possiedono la bomba atomica e vettori per trasportarla, ed altri (come i già conosciuti Corea del Nord ed Iran) in procinto di conseguirla o in forte sospetto di esserne in possesso. Insomma, si rischia davvero di finire in una proliferazione nucleare che crea una maggiore instabilità in una delle zone più turbolente del mondo, proprio come era stato previsto negli anni ottanta dalla Cina.
 


Note
 

1. Nel 1974 col Protocollo aggiuntivo il centro sarà ridotto ad uno solo per Paese, ossia Mosca per l'URSS e Grand Folks - Nord Dakota - per gli USA.

2. Termine estremamente appropriato data i paradossali contenuti della teoria: infatti in inglese l'aggettivo significa "pazzo".

3. Ma non tutti gli esperti che hanno avuto modo di analizzare la situazione che veniva a prendere forma sono stati dell'idea che si trattava di un equilibrio basato sulla "paura". In effetti c'è chi sostiene che la paura esiste quando c'è l'incertezza, mentre ciascuna superpotenza sapeva con sicurezza che ad un attacco nucleare (e forse anche ad un attacco non nucleare) sarebbe seguita una risposta nucleare della parte attaccata con conseguenze non meno gravi dell'attacco stesso. Su questa sicurezza, quindi, si poteva fondare la sostanziale stabilità dell'attuale equilibrio strategico

4. Inoltre sarebbe comprensibile, se mai qualcuno se lo fosse chiesto, un primo attacco verso le basi missilistiche invece che verso le città perché, in un'ottica militare, sarebbe più giusto distruggere prima le risorse difensive del nemico (cosa che però non poteva accadere per via delle difese poste a tutela delle basi) piuttosto che le città.

5. Thomas Jefferson.

6. V. Canuto, "Il paradosso nucleare, dalla mutua distruzione assicurata allo scudo spaziale".

7. Ci sarà anche un SALT II, firmato nel 1979, ma mai ratificato dai due paesi.

8. E cioè con le potenzialità di raggiungere gli obiettivi vitali del nemico.

9. "Testato in modo ABM" significa, come chiarito dalla Commissione di consultazione nel 1978, che si è provato con un missile intercettore ad intercettare un missile strategico (come un mirv) od un suo elemento nella sua traiettoria.

10. Il progetto di sistema di difesa portato avanti da Reagan.

11. In effetti il termine "scudo spaziale" fu adottato dai "media" soprattutto negli ultimi anni (grazie allo sviluppo recente di questo progetto) per indicare un sistema complesso di difesa antimissilistica basato su una rete rilevazione satellitare.

12. E che sarebbero state anche facilmente individuabili per via dell'attività di industrie militari che eseguirebbero contratti per la progettazione e la costruzione dei sistemi difensivi.

13. Per ottenere un buon sistema SDI, infatti si rendeva necessario anche considerare certi parametri, indicati da Paul Nitze, esperto di controllo di armamenti, per giudicare la fattibilità delle tecnologie del progetto e la convenienza economica e delle risorse. Questi parametri (chiamati anche "Criteri Nitze") erano i seguenti:

- Il sistema di difesa dovrà essere capace di sopravvivere in modo tale da nondiventare un bersaglio allettante per un primo colpo e quindi tale da aumentare l'instabilità; e

- Il sistema di difesa dovrà essere tale che l'aggiunta di unità difensive abbia un costo sufficientemente basso da non costituire un incentivo per l'avversario ad aumentare la propria capacità d'attacco onde compensare l'incremento della difesa.

14. E tutto questo accadrebbe in un generale stato di tensione internazionale, perché un potenza nucleare che si dotasse di tali mezzi potrebbe arrivare a credere che un attacco contro una potenza rivale potrebbe fallire per via della possibile neutralizzazione da parte dello scudo difensivo, facendo sì che l'attuale mutua vulnerabilità poggiasse su fondamenta molto più fragili.

15. Un sistema di missili balistici è composto da 4 elementi, armi sistemi di lancio, sensori e sistema di gestione di battaglia. Le BMD sono i sistemi di gestione, cioè l'elemento più arduo nell'ambito del conseguimento di un sistema anti-missile.

16. E questo è un aspetto che è stato sempre reputato, da parte americana, come una violazione dello spirito (esplicitamente dichiarato) con cui si firmò il Trattato del 1972.

17. La bozza venne presentata nel gennaio del 1987, e due mesi dopo fu scritto anche un protocollo da parte degli Usa che prevedeva una maggiore cooperazione tra i due Paesi soprattutto a livello di scambio di informazioni sui test svolti e sugli studi fatti per la pianificazione dello spiegamento di un sistema di difesa.

18. Nel '94 si arriverà a stabilire che i TMD devono essere specifici intercettori sparati ad una velocità non più alta di 3 km al secondo.

19. Sostenendo la possibilità di spiegare un sistema TMD che non rappresenti una minaccia per le forze strategiche nucleari e che non consenta, al sistema stesso, di raggiungere una tale potenzialità.

20. Sempre nello stesso summit, infatti, si stabilì che un TMD poteva avere una gittata pari a 3.500 km e con una velocità di 5 km al secondo, ma solo quello sperimentato con una velocità di 3 (o meno) km al secondo, era in regola con l'ABM.

21. In questo suo programma, Clinton, decideva di organizzare la difesa con THAAD (missili terra-aria, ed erano già iniziati i test, per questi missili, l'anno prima new New Mexico) e con missili aria-acqua sparati da navi da guerra.

22. Si sostiene che la NATO occupi una posizione molto importante nei colloqui per lo scudo spaziale, essendo un soggetto di diritto internazionale che si trova nel "mezzo" (anche da un punto di vista "territoriale") delle trattative, anche se non può evitare che uno dei firmatari rinunci al diritto, riconosciuto nel Trattato, di ritirarsi.

23. Che in effetti si sono verificati ma che non tutti sono andati a buon fine, da ultimo quello del febbraio 2002.

24. Deng Xiao Ping, dichiarazione alla Xinnua News Agency, 2 agosto 1985.