Diritto internazionale dei diritti umani e dei conflitti armati: guerra e pace
Rapporto Annuale 2006 di Amnesty International - estratto sull'Italia :: Studi per la pace  
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ultimo aggiornamento: 12.03.2008
   
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Rapporto Amnesty 2006 Amnesty International
 
Versione integrale
Rapporto Annuale 2006 di Amnesty International - estratto sull'Italia
Paper

RAPPORTO ANNUALE 2006
Roma, 23 maggio 2006

tratto da
www.amnesty.it

Pubblicazioni
Centro italiano Studi per la pace
www.studiperlapace.it - no ©
Documento aggiornato al: 2006

 
Sommario

"Un anno pieno di contraddizioni, durante il quale segnali di speranza per i diritti umani sono stati indeboliti dagli inganni e dalle false promesse dei governi che hanno più voce in capitolo."

 
Indice dei contenuti
 
1. Comunicato stampa
2. Scheda inerente alla situazione italiana
 
Abstract
 

COMUNICATO STAMPA 51-2006: 23/05/2006

Il Rapporto Annuale 2006 di Amnesty International: i poveri e gli svantaggiati della terra pagano il prezzo della "guerra al terrore"

Il quadro del 2005 che emerge dal Rapporto Annuale di Amnesty International, presentato a Roma dal presidente della Sezione Italiana dell'associazione, Paolo Pobbiati, è quello di "un anno pieno di contraddizioni, durante il quale segnali di speranza per i diritti umani sono stati indeboliti dagli inganni e dalle false promesse dei governi che hanno più voce in capitolo. L'agenda della sicurezza, promossa da chi ha potere e privilegio, ha sviato le energie e l'attenzione del mondo dalle gravi crisi dei diritti umani in corso".

I governi, da soli e collettivamente, hanno paralizzato le istituzioni internazionali, dilapidato risorse pubbliche per perseguire obiettivi di sicurezza limitati e di corto respiro, sacrificato valori in nome della "guerra al terrore" e chiuso gli occhi di fronte a violazioni dei diritti umani su scala massiccia. La conseguenza è che il mondo ha pagato un prezzo elevato, in termini di erosione dei principi fondamentali e di enormi danni arrecati alla vita e al benessere della gente comune.

La discontinua attenzione e la flebile azione delle Nazioni Unite e dell'Unione Africana si sono dimostrate pateticamente inadeguate rispetto a quanto occorreva fare nel Darfur, la regione del Sudan in cui sono stati commessi crimini di guerra e crimini contro l'umanità ad opera di tutte le parti coinvolte in un conflitto che ha causato migliaia di morti e ha costretto alla fuga milioni di persone.

"Nel 2005, l'Iraq è affondato in un vortice di violenza settaria. È questa la dimostrazione che quando le grandi potenze sono troppo arroganti per rivedere e mutare le proprie strategie, il prezzo più alto viene pagato dai poveri e da chi non ha potere: in questo caso donne, uomini e bambini iracheni" - ha denunciato Pobbiati. "Contemporaneamente, Israele e i Territori Occupati sono scomparsi dall'agenda internazionale: ciò ha acuito l'angoscia e la disperazione della popolazione palestinese, da un lato, e le paure di quella israeliana dall'altro".

La brutalità e l'intensità degli attacchi dei gruppi armati hanno raggiunto nuovi livelli nel corso del 2005, con un conseguente alto tributo di vite umane.

"Il terrorismo dei gruppi armati è ingiustificabile e inaccettabile. I responsabili devono essere portati di fronte alla giustizia, ma attraverso processi equi e non con la tortura e le detenzioni segrete - ha sottolineato Pobbiati. "Purtroppo, la crescente brutalità di queste azioni in ogni parte del mondo ha rappresentato un ulteriore, amaro monito: la 'guerra al terrore' sta fallendo e continuerà a fallire fino a quando non verrà data precedenza ai diritti umani e alla sicurezza umana, anziché a interessi di sicurezza nazionale limitati e di corto respiro".

Nel corso del 2005, speranze e frustrazioni sono andate di pari passo.

L'anno ha visto in scena una delle più grandi mobilitazioni della società civile contro la povertà e per la lotta in favore dei diritti economici e sociali. Il Summit delle Nazioni Unite che ha esaminato l'attuazione degli Obiettivi di sviluppo del Millennio, ha mostrato la clamorosa distanza tra gli impegni dichiarati e l'azione concreta. Ad esempio, a parole i governi hanno sostenuto i diritti delle donne ma nella realtà non hanno dato seguito agli obiettivi internazionali relativi all'uguale accesso delle bambine all'educazione.

Nel 2005 la richiesta di giustizia ha fatto passi avanti quando la Corte penale internazionale ha emesso i suoi primi mandati d'arresto per crimini contro l'umanità e crimini di guerra in Uganda. L'immunità di cui godevano ex capi di Stato è stata contrastata in America Latina: Augusto Pinochet è stato posto agli arresti domiciliari ed è stato eseguito un mandato di cattura internazionale nei confronti di Alberto Fujimori.

Potenti governi sono stati chiamati a rendere conto del proprio operato di fronte a organi di giustizia e istituzioni. La massima corte britannica ha rigettato il proposito del governo di Londra di usare prove estorte con la tortura. Il Consiglio d'Europa e il Parlamento Europeo hanno aperto inchieste sul coinvolgimento dell'Europa nel programma Usa di "consegne", i trasferimenti illegali di prigionieri in paesi dove avrebbero rischiato di subire torture o altri abusi.

"Rivelazione dopo rivelazione, è emerso fino a che punto i governi europei sono stati complici degli Usa, sfidando il divieto assoluto di tortura e di maltrattamenti e subappaltando queste pratiche mediante il trasferimento di prigionieri in paesi come Arabia Saudita, Egitto, Giordania, Marocco e Siria, noti per praticare la tortura" - ha accusato Pobbiati. "Purtroppo, anziché accettare e apprezzare gli sforzi delle corti e dei parlamenti per ristabilire il rispetto dei principi fondamentali in materia di diritti umani, alcuni governi hanno cercato di trovare nuovi modi per aggirare i propri obblighi. Il Regno Unito ha seguito la strada delle 'assicurazioni diplomatiche', o garanzie scritte, per poter espellere persone verso paesi dove sarebbero state a rischio di tortura".

Nonostante l'opposizione del presidente Bush, il Congresso Usa ha ribadito il divieto di tortura e di altri maltrattamenti, ma ha anche gravemente ristretto il diritto dei detenuti di Guantánamo di ottenere una revisione giudiziaria dei propri casi da parte delle corti federali.

"Così come dobbiamo condannare nella maniera più assoluta gli attacchi terroristici contro i civili, dobbiamo respingere le affermazioni dei governi secondo cui il terrore può essere combattuto con la tortura. Si tratta di affermazioni fuorvianti, pericolose e sbagliate: come si può spegnere un incendio con la benzina?" - ha proseguito Pobbiati.

L'uso di un doppio linguaggio e di doppi standard, da parte delle grandi potenze, è pericoloso - sostiene l'associazione - perché indebolisce la capacità della comunità internazionale di affrontare gravi crisi dei diritti umani come quelle in Darfur, Cecenia, Colombia, Afghanistan, Iran, Uzbekistan e Corea del Nord. Questo atteggiamento consente agli autori delle violazioni dei diritti umani, in questi e altri paesi, di continuare ad agire in impunità.

Quando il governo di Londra rimane muto di fronte alla detenzione arbitraria e ai maltrattamenti a Guantánamo, quando gli Usa ignorano la proibizione assoluta di tortura, quando i governi europei tacciono sulle proprie responsabilità in tema di trasferimenti illegali di prigionieri, razzismo e rifugiati, essi pregiudicano la propria autorità morale di difendere i diritti umani nel mondo.

In un anno in cui hanno speso gran parte del tempo a parlare di riforme e di composizione dei loro principali organismi, le Nazioni Unite non hanno prestato attenzione al comportamento di due membri-chiave come la Russia e la Cina, che hanno fatto prevalere i propri limitati interessi economici e politici nei confronti delle preoccupazioni sui diritti umani a livello nazionale e internazionale.

Nel 2005, coloro su cui, nel Consiglio di Sicurezza dell'Onu, ricade la maggiore responsabilità di salvaguardare la sicurezza globale, sono stati i più attivi nel paralizzare questo organismo e impedirgli di svolgere un'azione efficace in difesa dei diritti umani.

I governi che hanno potere stanno giocando in modo pericoloso con i diritti umani. Il punteggio ottenuto, attraverso il proseguimento dei conflitti e il crescendo di violazioni dei diritti umani, è sotto gli occhi di tutti.

Tuttavia, nel 2005 si è assistito a un mutamento dello stato d'animo dell'opinione pubblica. La pressione popolare che sta emergendo va usata in modo efficace per trasformare l'attuale irresponsabilità internazionale in azione concreta in favore dei diritti umani.

Pobbiati ha concluso la presentazione del Rapporto Annuale ricordando le principali richieste di Amnesty International per l'anno in corso:
- alle Nazioni Unite e all'Unione Africana, di affrontare il conflitto e gli abusi dei diritti umani nel Darfur;
- alle Nazioni Unite, di avviare i negoziati per un Trattato internazionale che regolamenti il commercio delle armi, in modo che queste non possano essere usate per commettere abusi dei diritti umani;
- all'amministrazione Usa, di chiudere Guantánamo Bay e rendere noti i nomi e i luoghi di detenzione di tutti i prigionieri della "guerra al terrore";
- al nuovo Consiglio Onu dei diritti umani, di insistere nel pretendere i medesimi standard di rispetto dei diritti umani da parte di tutti i governi, che si tratti del Darfur o di Guantánamo, della Cecenia o della Cina.

FINE DEL COMUNICATO Roma, 23 maggio 2006

***

Italia
Repubblica italiana
Capo di Stato: Carlo Azeglio Ciampi
Capo del governo: Silvio Berlusconi
Pena di morte: abolizionista per i tutti i reati
Statuto di Roma della Corte penale internazionale: ratificato
Convenzione delle Nazioni Unite sulle donne e relativo Protocollo opzionale: ratificati


I diritti dei rifugiati sono stati minacciati dall'applicazione di una nuova legge sull'immigrazione, dalla mancanza di una legislazione specifica per tutelare i richiedenti asilo e dall'intenzione manifestata dall'Italia di costruire in Libia centri di detenzione per migranti. Nel corso dell'anno, a dispetto del diritto internazionale sui rifugiati, più di 1.425 migranti sono stati espulsi verso la Libia. Sono state comminate condanne detentive con sospensione condizionale della pena nei confronti di funzionari pubblici e personale civile per aggressione e maltrattamenti razzisti avvenuti in un centro di detenzione per migranti. Sono proseguiti i processi a carico di agenti di polizia accusati di aggressione e altri reati compiuti nel 2001 durante manifestazioni svoltesi a Napoli e, in occasione del Summit G8, a Genova. L'Italia non ha adottato misure per risolvere il problema dell'impunità all'interno delle forze dell'ordine, quali la creazione di un organismo indipendente per le denunce contro la polizia, l'inserimento del reato di tortura nel codice penale e l'obbligo per gli agenti di indossare chiaramente un qualche segno di identificazione.

MINACCIA AI DIRITTI DEI RIFUGIATI
Nonostante sia Stato parte della Convenzione delle Nazioni Unite sui rifugiati, l'Italia non si è ancora dotata di una legge specifica e completa sul diritto di asilo. Nella pratica, l'asilo è disciplinato dalla legge sull'immigrazione del 1990, così come emendata nel 2002 dalla cosiddetta legge Bossi-Fini, il cui regolamento di attuazione è entrato in vigore il 21 aprile 2005. La legge ha istituito centri di identificazione per la detenzione dei richiedenti asilo e una procedura veloce per la determinazione del diritto di asilo per i richiedenti detenuti, generando preoccupazione per l'accesso alle procedure di asilo, per la detenzione dei richiedenti asilo in violazione degli standard previsti dalla normativa internazionale e per la violazione del principio del non-refoulement (non respingimento) che vieta di rimpatriare o espellere forzatamente i richiedenti asilo verso Paesi in cui potrebbero essere a rischio di gravi abusi dei diritti umani.
È stato espresso il timore che molti delle migliaia di migranti e richiedenti asilo giunti in Italia via mare, principalmente dalla Libia, siano stati forzatamente respinti verso Paesi in cui erano a rischio di violazioni dei diritti umani. Tra gennaio e ottobre almeno 1.425 persone sono state deportate in Libia.
*Tra il 13 e il 21 marzo, sull'isola di Lampedusa sono arrivati 1.235 cittadini stranieri. Il 14 marzo l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (ACNUR) ha chiesto di poter accedere al centro di detenzione dell'isola, ma la richiesta è stata respinta per ragioni di sicurezza. Il 16 marzo il ministro dell'Interno ha riferito al Parlamento che nel centro erano stati ammessi funzionari libici, per identificare i trafficanti di esseri umani. Secondo quanto riferito, il giorno seguente sono state espulse 180 persone, scortate in volo da agenti delle forze dell'ordine italiane fino alla capitale libica Tripoli. Il 18 marzo l'ACNUR ha sottolineato che, se al momento delle visite dei funzionari libici nel centro fossero stati presenti richiedenti asilo libici, tali visite avrebbero contravvenuto i principi basilari della tutela dei rifugiati. Il 14 aprile il Parlamento Europeo ha espresso preoccupazione per le espulsioni dei migranti da Lampedusa attuate tra l'ottobre 2004 e il marzo 2005. Il 10 maggio la Corte Europea dei diritti umani ha ordinato alle autorità italiane di sospendere la prevista espulsione di 11 migranti che erano giunti a Lampedusa a marzo.
Nei Centri di permanenza temporanea e assistenza (CPTA) sono stati detenuti migliaia di cittadini stranieri senza permesso di soggiorno, mentre da alcuni di tali centri sono state segnalate aggressioni verso detenuti da parte di agenti delle forze dell'ordine e personale di sorveglianza. Sono state anche segnalate condizioni di sovraffollamento e mancanza di igiene; assistenza medica inadeguata unita a somministrazione eccessiva e illegale di sedativi; e difficoltà per i detenuti a ottenere assistenza legale e accesso alle procedure di asilo. Condizioni analoghe sono state riferite nei Centri di identificazione, di nuova creazione, dove sono stati trattenuti centinaia di richiedenti asilo.

AGGIORNAMENTI
Nel mese di luglio il tribunale di Lecce ha condannato 16 persone accusate di aggressione e maltrattamenti razzisti avvenuti nel novembre 2002 ai danni di detenuti nel CPTA Regina Pacis, in Puglia. Il direttore del centro, un prete cattolico, e due dei carabinieri addetti alla sicurezza sono stati condannati a 16 mesi di reclusione, con sospensione condizionale della pena. Gli altri imputati, sei dipendenti amministrativi, due medici e altri cinque carabinieri, hanno ricevuto condanne dai 9 ai 16 mesi di reclusione, anch'esse con sospensione della pena.

DETENZIONE PER PROCURA
Nel corso dell'anno fonti non ufficiali hanno riferito della decisione dell'Italia di costruire tre strutture di detenzione in Libia, nelle località di Gharyan, vicino a Tripoli, di Sheba, nel deserto, e di Kufra, vicino al confine con Egitto, Sudan e Ciad. Sono stati espressi timori che i diritti umani dei migranti potessero essere seriamente messi a rischio. La Libia non ha ratificato la Convenzione delle Nazioni Unite sui rifugiati, né il suo Protocollo, e non riconosce la presenza di rifugiati e richiedenti asilo sul suo territorio, né lo status ufficiale dell'ACNUR.

BRUTALITÀ DELLA POLIZIA
L'Italia ha continuato a non voler introdurre nel proprio codice penale il reato di tortura così come definito dalla Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura. Inoltre, non ha adottato alcuna misura per creare un istituto nazionale indipendente per la tutela dei diritti umani o un organo indipendente che accolga le denunce contro la polizia e ne individui le responsabilità. Le operazioni di mantenimento dell'ordine pubblico non sono risultate in linea con il Codice europeo di etica per la polizia che, ad esempio, richiede agli agenti di indossare in modo ben visibile qualche segno di identificazione, come il numero di matricola, per far sì che possano essere individuati e chiamati a rispondere delle proprie azioni.

AGGIORNAMENTI: OPERAZIONI DI POLIZIA DURANTE MANIFESTAZIONI DEL 2001
Sono proseguiti i processi nei confronti di agenti di polizia impegnati nelle operazioni di controllo dell'ordine pubblico durante le manifestazioni di Napoli del marzo 2001, e del Summit G8 di Genova nel luglio 2001.
*È proseguito il processo, avviato nel dicembre 2004, contro 31 agenti di polizia imputati per reati commessi durante la manifestazione di Napoli, che andavano dal sequestro di persona alle lesioni personali e alla violenza privata.
*Nel mese di marzo la Procura della Repubblica di Genova ha presentato prove di maltrattamenti verbali e fisici ai danni delle persone trattenute nella struttura detentiva temporanea di Bolzaneto in cui, durante il Summit G8, furono condotti più di 200 arrestati. I detenuti avevano denunciato di essere stati colpiti con schiaffi, calci, pugni e sputi; sottoposti a minacce, anche di stupro, e insulti, anche di natura sessuale e oscena; e privati di cibo, acqua e sonno per lunghi periodi. Il 16 aprile sono stati decisi 45 rinvii a giudizio per imputazioni varie nei confronti di agenti di polizia, carabinieri, agenti di custodia e personale sanitario. Il processo è iniziato l'11 ottobre.
*Il 6 aprile è iniziato il processo a carico di 28 agenti di polizia, tra cui alcuni funzionari di grado superiore, coinvolti in una irruzione notturna in una scuola di Genova durante le manifestazioni del 2001. Nel corso del raid quasi 100 persone vennero ferite e tre di esse entrarono in coma. Gli agenti sono stati accusati di vari reati, tra cui lesioni gravi e percosse, falsificazione e occultamento di prove e abuso d'ufficio. Nessuno è stato sospeso dal servizio. Decine di altri agenti delle forze dell'ordine ritenuti coinvolti in aggressioni fisiche, a quanto pare non hanno potuto essere identificati.

MALTRATTAMENTI NELLE CARCERI
Negli istituti di pena non è mutata la situazione di sovraffollamento cronico e insufficienza di personale, unita a un'alta incidenza di suicidi e atti di autolesionismo. Sono pervenute molte segnalazioni di condizioni sanitarie carenti e di assistenza medica inadeguata e non è diminuita l'incidenza di malattie infettive e problemi di salute mentale.
Nel corso dell'anno sono proseguiti procedimenti penali nei confronti di un gran numero di membri del personale carcerario, relativi a maltrattamenti di singoli detenuti o, talvolta, di gruppi di reclusi. Alcuni processi si sono contraddistinti per gli eccessivi ritardi. Le accuse si riferivano a presunti abusi psicologici e fisici ai danni di detenuti, in alcuni casi condotti in maniera sistematica e talvolta equivalenti a tortura.

MONITORAGGIO INTERNAZIONALE
A gennaio il Comitato delle Nazioni Unite per l'eliminazione della discriminazione contro le donne ha reputato inadeguate le misure adottate dall'Italia per risolvere il problema della bassa partecipazione delle donne alla vita pubblica. Il Comitato ha raccomandato che nella legislazione pertinente sia inclusa una definizione di discriminazione contro le donne, per allineare l'Italia alla Convenzione delle Nazioni Unite sulle donne.
Il 28 ottobre il Comitato diritti umani delle Nazioni Unite, in risposta al rapporto presentato dall'Italia sull'applicazione del Patto internazionale sui diritti civili e politici, ha raccomandato la creazione di un organismo nazionale indipendente per la tutela dei diritti umani. Il Comitato ha sollecitato maggiori sforzi sia per garantire che i presunti maltrattamenti compiuti da agenti dello Stato siano oggetto di indagine immediata e imparziale, sia per eliminare la violenza domestica. Il Comitato ha anche espresso preoccupazione riguardo al diritto di asilo e ha richiesto informazioni dettagliate in merito agli accordi di riammissione conclusi con altri Paesi, compresa la Libia. Inoltre ha sollecitato l'Italia a garantire l'indipendenza della magistratura dal potere esecutivo e ha evidenziato le proprie preoccupazioni per il sovraffollamento delle carceri.

CORTE PENALE INTERNAZIONALE
Nonostante l'importante ruolo svolto dall'Italia nella redazione dello Statuto di Roma della Corte penale internazionale e la ratifica del medesimo, già avvenuta nel 1999, a fine anno le autorità non avevano ancora promulgato norme attuative che consentirebbero di indagare e processare presso i tribunali nazionali reati inseriti nel diritto internazionale o di cooperare con la Corte penale internazionale nel corso delle sue inchieste.

 
Bibliografia
 

RAPPORTI DI AI
Italy: Temporary stay, permanent rights - The treatment of foreign nationals detained in "temporary stay and assistance centres" (AI Index: EUR 30/004/2005)
Italy: Lampedusa, the island of Europe's forgotten promises (AI Index: EUR 30/008/2005)
Italy: Law reform needed to implement the Rome Statute of the International Criminal Court (AI Index: EUR 30/009/2005)
Europe and Central Asia: Summary of Amnesty International's concerns in the region, July-December 2004: Italy (AI Index: EUR 01/002/2005)


 
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