Diritto internazionale dei diritti umani e dei conflitti armati: guerra e pace
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ultimo aggiornamento: 12.03.2008
   
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Versione integrale
La dichiarazione universale dei diritti umani
Tesi di laurea

UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI PAVIA
FACOLTA' DI SCIENZE POLITICHE
Laurea di Primo Livello in Scienze Politiche - Scienze e Relazioni Internazionali

Titolo originale: LA DICHIARAZIONE DELL'ONU DEL 1948 SUI DIRITTI UMANI

Relatore:
Chiar.mo Prof.re Marco Mugnaini

Anno Accademico 2004/2005 Pubblicazioni
Centro italiano Studi per la pace
www.studiperlapace.it - no ©
Documento aggiornato al: 2005

 
Sommario

Quasi 60 anni fa, in seno alle Nazioni Unite in una fase storica piuttosto difficile per via delle incomprensioni e dei contrasti fra Stati Uniti ed Unione Sovietica e appena terminata la Seconda Guerra Mondiale, venne alla luce, il 10 dicembre 1948, la Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo.

 
Indice dei contenuti
 
Introduzione


CAPITOLO I: LA DICHIARAZIONE UNIVERSALE DEI DIRITTI DELL'UOMO DEL 1948

I.1- il periodo storico

I.2- i precedenti della dichiarazione

I.3- come si è giunti alla dichiarazione

I.4- la struttura e i contenuti della dichiarazione

I.5- concetti di fondo

I.6- il ruolo della dichiarazione nella seconda metà del xx secolo


CAPITOLO II: REALTÀ O UTOPIA: L'UNIVERSALITÀ DEI DIRITTI UMANI

II.1- quanto è corretto parlare di diritti "universali"?

II.2- differenze religiose e nelle tradizioni culturali

II.3- il problema della protezione internazionale dei diritti umani

II.4- differenti posizioni riguardo a singoli diritti

II.5- quali sono i punti di comune accordo?


CAPITOLO III: DAL 1939 AL 1948: LE RELAZIONI INTERNAZIONALI NEGLI ANNI CHE PORTARONO ALLA DICHIARAZIONE UNIVERSALE DEI DIRITTI DELL'UOMO

III.1-il fallimento della società delle nazioni e la nascita dell'onu

III.2- il contesto internazionale e i primi anni dell'onu

III.3- la guerra fredda: avvisaglie e opinioni del tempo

III.4- le relazioni internazionali e gli eventi storici nel 1948


Bibliografia


Sitografia
 
Abstract
 

I.1- Il periodo storico
[note omesse]

La Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, redatta e firmata nel 1948 da un numero cospicuo di Stati, fu il risultato di un susseguirsi di eventi che portarono ad una nuova e maggiore consapevolezza di ciò che si intendesse per diritti umani.

Se si volesse effettuare una periodizzazione, o meglio, se si volesse definire quali furono gli anni durante i quali si configurò tale ideologia, bisognerebbe partire dal 1939.

A tale anno è da ricollegare lo scoppio di una guerra terribile, un conflitto che vide coinvolta gran parte della comunità internazionale e che, oltre ad essere causato da interventi implicanti l'uso della forza e da una politica aggressiva da parte della Germania hitleriana, pose a confronto due schieramenti: da un lato gli Stati che perseguivano una politica razzista e di espansione imperialistica, dall'altro Paesi che venivano sempre più a porsi come difensori della pace e della libertà dei popoli e degli individui. Questa considerazione della natura del conflitto iniziò ad essere analizzata fino al punto che maturò la convinzione che la causa della Seconda Guerra Mondiale risiedesse nel disprezzo dei diritti e delle libertà umane, disprezzo che si palesava nell'atteggiamento di Hitler.

Viste le atrocità che si verificarono nel corso della guerra, si fece strada il concetto che, per evitare il ripetersi delle sciagure e dei tristi eventi dei primi anni Quaranta, fosse di notevole rilievo il binomio pace-diritti umani.

Quanto accaduto in ambito internazionale nel corso di quegli anni, aveva indotto gli Stati a creare un'organizzazione sovranazionale affinché fossero improntati in maniera migliore i rapporti internazionali e si potesse ovviare ad ogni sorta di conflitto tramite discussioni in seno all'organizzazione stessa.

Fu in questo modo che nel 1945 nacque l'Organizzazione delle Nazioni Unite, sorta dopo il fallimentare progetto della Società delle Nazioni ma con gli stessi intenti e obiettivi di questa: mantenimento della pace e collaborazione fra gli Stati.

L'ONU fu creata con la consapevolezza della cattiva riuscita del suo precedente, ma la stessa consapevolezza poteva far sì che non si verificassero di nuovo tutti gli errori commessi in passato, sbagli che portarono al secondo conflitto mondiale.

Le tappe di maggior rilievo che portarono alla nascita delle Nazioni Unite furono:

1- la Carta Atlantica, documento redatto dopo un incontro nel 1941 tra Roosevelt e Churchill a bordo di una nave militare sull'Oceano Atlantico e contenente le linee generali della futura organizzazione;
2- la Conferenza di Teheran del 1943, alla quale parteciparono Roosevelt, Churchill e Stalin con l'intento di discutere sulla riorganizzazione dell'Europa al termine della Seconda Guerra Mondiale;
3- la Conferenza di Dumbarton Oaks (1944), alla quale furono presenti solo le 4 Grandi Potenze , non essendo riconosciuto "de iure" il governo provvisorio francese, pertanto non invitato;
4- la Conferenza di San Francisco (1945), appuntamento che vide la partecipazione di 50 Stati e seguito dalla stesura e firma della Carta dell'Organizzazione delle Nazioni Unite.

E' inoltre possibile effettuare un confronto tra la nuova organizzazione e l'antecedente Società delle Nazioni: entrambe si presentavano come "comunità di eguali", tuttavia in seno all'ONU è tuttora riscontrabile una precisa leadership costituita da quei Paesi che, godendo di un seggio permanente nel Consiglio di Sicurezza, dispongono anche del cosiddetto "diritto di veto".

Un secondo paragone può essere effettuato per ciò che riguarda l'organo assembleare; senza dubbio nel più recente organismo esso vanta maggiori poteri di controllo e vigilanza, oltre a pertinenza in merito ad altre discipline come economia e sanità.

Per una più efficace comprensione del periodo storico in cui venne a formarsi l'ONU, è necessario tenere conto di due aspetti:

1- i redattori della Carta cercarono di non ripetere gli errori della precedente Società delle Nazioni e di risolvere i problemi che essa aveva incontrato, oltre a notare che lo Statuto delle Nazioni Unite era totalmente svincolato dai trattati di pace, diversamente da quanto era stato quello della SdN;
2- esso era decisamente influenzato dalla Carta Atlantica e dalle vicende belliche che avevano contraddistinto quegli anni.

La nuova organizzazione era composta, generalmente, in modo simile alla SdN e gli organi principali erano: Consiglio di Sicurezza, Segretariato Generale, Assemblea Generale, Corte Internazionale di Giustizia, Consiglio Economico e Sociale, Consiglio di Amministrazione Fiduciaria (quest'ultimo, in seguito alla scomparsa dell'istituto dell'amministrazione fiduciaria e consistente nel governo di territori di tipo coloniale sotto il controllo delle Nazioni Unite, cessò di operare, nel senso che fu sospeso, nel 1994 con l'indipendenza raggiunta da Palau) .

Per concludere questa breve introduzione sul contesto storico e sull'ONU, si può dire che la Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo sia intervenuta in un momento nel quale si necessitava una sorta di regolamentazione della disciplina ed era quasi sentita come imprescindibile in seguito a quanto accaduto a partire dal 1939.

Per ciò che riguarda le Nazioni Unite, seppure furono molti i buoni propositi sulla creazione di un ente sovranazionale, è ovvio che esse furono e sono tuttora influenzate e limitate dalla scarsa reale volontà degli Stati di perdere parte dei loro poteri per renderli esercitabili dall'organizzazione.

Un confronto interessante sarebbe quello tra ONU e Unione Europea, dato che questo secondo organismo internazionale possiede mezzi e poteri maggiori, relativi al proprio contesto, di quanto accada invece per l'ente che vanta il maggior numero di Paesi membri.

***



I.2- I precedenti della Dichiarazione

La Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo non è stata il primo documento ad occuparsi della tutela dei diritti umani da un punto vista internazionale. Manifestazioni di interesse ad una tale questione furono molte, tuttavia nessuna di queste esplicò i diritti che direttamente si correlavano alla personalità umana senza far ricorso a realtà trascendenti; per questo motivo la Dichiarazione del 1948 può essere considerata innovativa nel momento in cui l'individuo viene visto come autonomo e non più legato a gruppi organizzati.

Questa scissione, da reputarsi come conquista recente, avviene anche secondo un profilo internazionale, giacché la soggettività dell'individuo in tale contesto non era mai emersa singolarmente ma sempre vincolata, in genere, allo Stato. Se si volesse fare un esempio di suddetta circostanza, senza dubbio si può dire che l'individuo aveva valenza sul piano del diritto internazionale solamente quando si stabilivano limiti allo Stato nel trattamento dei cittadini; gli obblighi che sugli Stati graverebbero di trattare in un certo modo l'individuo sussisterebbero sempre e soltanto nei confronti degli altri Stati .

Esistono testimonianze di rilevanza dei diritti umani riferibili al mondo antico e per citarne un esempio si può ricordare una lettera che Costantino il Grande spedì a Sapor II re di Persia intorno al 333, lettera nella quale si raccomandavano i cristiani di quel Paese.

Terminato il mondo antico, il diffondersi del messaggio cristiano pose basi più solide per quella che era la rivalutazione morale dell'uomo, sottolineandosi come la protezione dei suoi diritti dovesse avvenire in qualsiasi modo e con l'ausilio di qualsiasi mezzo. Di primaria importanza è notare come lo Stato, già allora, si poneva come nemico della tutela dei diritti umani, o meglio essi dovevano essere salvaguardati dalla suddetta organizzazione politica; ma, se da un lato, la religione cattolica volle proteggere l'individuo, soprattutto il cristiano, dall'altro questo suo essere così protettiva portò a polemiche e conflitti che spesso ebbero esiti sanguinosi.

Tra i testi di primaria importanza nell'avvicinamento alla Dichiarazione del 1948, bisogna citare anche la Magna Charta, con la quale il re inglese Giovanni Senza Terra accordò, nel 1215, una serie di libertà di diversa natura ai baroni, alle comunità e a tutti gli uomini liberi del regno. La Magna Charta viene considerata il primo abbozzo di carta costituzionale, in quanto sancì una limitazione dei poteri del sovrano.
Sul piano internazionale, la libertà di coscienza e di culto è stata la più protetta, a partire dal Trattato di Augsburg del 1555 fino all'Editto di Nantes del 1598 .

Nel secolo successivo i trattati mostrarono uno spirito nuovo ed in cui risultava naturale che molti sovrani garantissero particolari diritti agli abitanti delle terre che passavano sotto altra sovranità; tale periodo va dal Trattato di Westfalia del 1648 alla seconda metà del secolo XVIII. Lo spirito nuovo sembrava animato da due aspetti: da un lato, esso penetrava anche negli ordinamenti interni, oltre che nei rapporti fra gli Stati; dall'altro, si allargò dall'ambito internazionale di riferimento, l'Europa, andando a circoscrivere anche i Paesi asiatici .

Del XVIII secolo sono anche alcune fra le dichiarazioni più importanti nel panorama dei diritti umani; il riferimento è alle Dichiarazioni statunitensi del 1776-1789 e alla Dichiarazione francese del 1789: in ognuna di questa emergeva una tutela che si riferisse all'uomo, da una parte, e alla società, dall'altra.
L'uomo, secondo tali documenti, è degno di tale nome solamente ad alcune condizioni: se è libero, eguale, ha la possibilità di disporre dei propri beni, non è oppresso da un governo tirannico ed è libero di realizzarsi.

L'individuo, oltre che essere considerato singolarmente, deve essere rapportato ad una società e, per questo, è necessario rivolgere osservazioni alla stessa collettività: essa deve essere composta da individui eguali tra loro, sottomessi solo alla Legge, il cui proposito è e deve essere manifestazione della volontà generale.

Come è stato sottolineato in precedenza, quando si discute della tutela dei diritti umani, si effettua una contrapposizione tra individuo e Stato (o governo); le istituzioni politiche devono esistere solamente in funzione della libertà degli individui e del loro bene comune e non affinché siano di vantaggio ad un singolo o ad un gruppo ristretto di individui .

Le Dichiarazioni della seconda metà del XVIII secolo si distinguevano anche per il loro carattere perentorio nel momento in cui affermavano che la società potesse essere giudicata solo in riferimento alla tutela dei diritti dell'uomo, perentorietà riscontrabile nel Preambolo della Dichiarazione francese: "l'ignoranza, l'oblio o il disprezzo dei diritti dell'uomo sono le uniche cause delle sciagure pubbliche e della corruzione dei governi".

I documenti di cui si sta trattando in questa parte risultano influenzati anche da quelli che possono essere definiti "miti politici": ad esempio, l'esistenza di diritti naturali e imprescrittibili dell'uomo, sottolinea come l'individuo goda già di essi prima di entrare in società e, addirittura, sembrano essere innati. Nonostante tutto, il mito più rilevante è quello della Legge, espressione della volontà generale che, essendo espressione del popolo, non può sbagliare; è alla Legge che spetta la definizione dei limiti della libertà che riguarda ciascun individuo; è onnipotente e al riparo da qualsiasi critica nel momento in cui è, come già detto, espressione della volontà generale .

Quanto sono perentorie, queste Dichiarazione forniscono anche un elevato numero di scappatoie al potere politico, non fornendo definizioni appropriate e che tolgano ogni dubbio nel momento in cui si parla di essere "nocivo alla società" e quando "l'ordine pubblico" può impedire l'esercizio della libertà.

Lo stesso concetto di Legge nasconde una scappatoia che non è da considerare ininfluente, anzi: nessun documento informa del modo in cui essa debba essere realizzata, debba originarsi ed applicarsi. In questo senso essa è piuttosto flessibile ed è a discrezione degli Stati il modo in cui darle forma e vita.

Le Dichiarazioni di questa fase storica erano caratterizzate da due prerogative: la prima era quella di circoscrivere e delimitare il potere statale, la seconda di basarsi sul pensiero di alcuni filosofi che avevano elaborato concetti essenziali come "contratto sociale", "natura umana" , "separazione dei poteri" (come delimitazione dei poteri del monarca).

Sono soprattutto queste Dichiarazioni a fornire le più solide basi a quella che sarà la Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo redatta dall'ONU nel 1948; purtroppo bisogna ricordare che tali documenti, pur visti nella loro importanza e innovazione, saranno più volte violati ma, nonostante questo, furono certamente utili nel fornire una linea guida e d'azione nella tutela dei diritti umani negli anni, decenni, secoli che seguirono.

Nel XIX secolo altri furono gli atti destinati ad incrementare le libertà degli individui, ricordando tra questi l'Atto che sanciva l'abolizione della tratta degli schiavi .

Verso la fine del secolo ebbe rilevanza un'ulteriore carta, quella dell'Atto generale della Conferenza di Berlino del 1885, intenta ad una protezione di popoli e loro progresso tramite principi etici di notevole valore.
Tutti i trattati, le Conferenze, le Dichiarazioni che si sono succedute nel corso dei secoli avevano in comune il fatto di essere maggiormente approfondite nell'ambito di singole società, piuttosto che in un assetto internazionale; il motivo era da ricercarsi nella scarsa considerazione che si aveva del diritto internazionale e della sua manchevole efficacia.

Tale orientamento, tuttavia, andò migliorando e l'approvazione di testi in un contesto superiore a quello nazionale aumentò, giudicando la superiorità etica di un impegno internazionale.

Solamente nel corso del XX secolo la tutela dei diritti umani è venuta ponendosi in maniera più precisa e la rilevanza di taluni diritti umani si è fatta più evidente; un simile innalzamento del grado e del peso di questo argomento è osservabile nel momento in cui si giunge alle recenti enunciazioni di "Dichiarazione Universale", binomio che manifesta la nuova concezione della questione dei diritti umani, con l'utilizzo del termine "universale" atto a sottolinearne il valore assoluto.

Nel 1919 e nel 1920, nel momento in cui si delineavano le clausole dei trattati di pace successivi alla Prima Guerra Mondiale, ebbero luogo anche trattati sulle minoranze sotto forma di capitoli inseriti nei trattati di pace e miranti alla salvaguardia di quei gruppi di individui che risiedevano permanentemente in una porzione di territorio di uno Stato e legati ad esso da tradizioni storiche, senza che venissero confusi con la maggioranza della popolazione a causa di diversità che potevano essere di razza, lingua e religione.

La caratura degli atti a favore delle minoranze appariva molto alta, tant'è che si evidenziava l'irrilevanza di contraddizioni e opposizioni a tali norme vantaggiose per le minoranze; essi, inoltre, erano ben visti dagli Stati sovrani, non ledendo la sovranità e non affermando la supremazia di una qualche organizzazione di diritto internazionale sul diritto interno degli Stati, ma solamente fornendo linee direttrici alla loro attività e concedendo all'individuo la possibilità di adire i tribunali internazionali.

Considerando gli anni '20 del XX secolo è d'obbligo accennare alla Società delle Nazioni e a quello che è stato fatto da essa a favore della tutela dei diritti umani. In dettaglio si può notare che nel Patto della SdN si poneva l'accento sull'obbligo di non discriminare i cittadini degli altri Stati aderenti all'organizzazione; si trattava di tutela degli individui, tuttavia non poteva essere definita universale poiché era strettamente limitata ai soli Paesi aderenti. Ad un successivo approfondimento, si può constatare che, più che di uguaglianza, si trattava di non discriminare i cittadini degli altri Stati aderenti alla Società . Seppure possa apparire piuttosto scarno, il lavoro svolto dall'organizzazione fu abbastanza rilevante per quello che si sarebbe successivamente verificato.

Nel 1925 si ebbe un primo progetto di diritti e doveri internazionali delle persone fisiche e giuridiche, elaborati da una commissione di giuristi americani, e che dovevano inserirsi nel contesto di una cooperazione panamericana.

Di notevole spessore fu la Dichiarazione dell'Istituto di Diritto Internazionale del 1929, con la quale si afferma in termini precisi il riconoscimento generale, da parte dello Stato, di certi diritti umani; è qui che si delinea la concezione dell'esistenza dello Stato per l'individuo al posto dell'esistenza dell'individuo per lo Stato. Nella sua grandezza, questa Dichiarazione non sortì alcun reale effetto, nascendo da un organismo privo di potere e quindi incapace di determinare eventuali sanzioni.

Di non minore importanza è l'attività svolta dall'Organizzazione Internazionale del Lavoro , il cui programma consisteva nell'instaurare il grado più alto di giustizia sociale fra i popoli instaurando misure protettive del lavoro.

Considerando la successione di eventi, partendo dal mondo antico fino agli anni appena antecedenti la Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, emerge che quest'ultima non è sorta ex novo, bensì come conseguenza di una serie di manifestazioni precedenti destinate ad avvalorare l'importanza dei diritti umani.
Non è dato sapersi se il documento del 1948 sia il fine ultimo o soltanto una tappa dell'espressione dei diritti che spettano agli individui in quanto tali. Il fatto che essa sia sorta come conseguenza di così tanti eventi può essere interpretato nel senso che erano ormai giunti i tempi opportuni per un simile testo.


 
Bibliografia
 

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- SALVATORELLI Luigi, La Guerra Fredda, Venezia, Neri Pozza Editore, 1956

- La comunità internazionale: rivista trimestrale della Società Italiana per l'organizzazione internazionale, gennaio 1948- aprile 1949

SITOGRAFIA
www.repubblica.it
www.corriere.it
www.studiperlapace.it
www.wikipedia.org

 
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