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Il servizio civile ha però ora subito un'altra trasformazione con la legge 6 marzo 2001, n. 64, che lo renderà in futuro ancora maggiormente scollegato dalla obiezione di coscienza al servizio militare (che non sarà più obbligatorio).
Questa condizione impone di valutare quali siano i principi costituzionali di riferimento di un servizio civile non più dipendente dall'obiezione di coscienza al servizio militare .
A mio avviso, i principi costituzionali di riferimento sono sostanzialmente tre: il diritto alla pace, il dovere di solidarietà e il principio laburista.
Quanto al primo di questi, è facile sentirsi dire che si tratta di un «finto diritto», una specie di «petizione di principio» priva di valore giuridico.
Tuttavia, esso appare ben delineato nell'art. 11 della Costituzione, dove si afferma che «l'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa e di risoluzione delle controversie internazionali». La dottrina si è però - giustamente - presa il carico di precisare che tale affermazione si riferisce alle sole delle guerre d'offesa.
In certe situazioni la difesa della Patria, infatti, legittimerebbe, o addirittura obbligherebbe, una scelta bellica. In questa sede non è opportuno precisare ulteriormente i termini della questione, per i quali mi permetto di rinviare ad altri lavori , limitandomi a segnalare che il diritto alla pace non va inteso nella sola logica dei rapporti internazionali, ma anche dei diritti inviolabili. Il diritto alla pace è, infatti, un diritto umano.
E' "figlio" del diritto alla vita, e può essere inteso come il diritto di ognuno a non essere ucciso per mezzo di un evento bellico .
Nella prospettiva della pace e della nonviolenza l'istituzione del servizio civile si riferisce poi al dovere di solidarietà proposto nell'art. 2 della Costituzione in relazione alla tutela dei diritti inviolabili dell'uomo. Il principio di solidarietà appare «il pilastro essenziale di ogni democrazia» , «principio strutturale della Repubblica» «in tutti i campi (anche extragiuridici) in cui si svolgono i rapporti umani» .
Non rappresenta solo un punto di equilibrio nella logica di ammissibilità dei doveri, ma una vera e propria valvola di apertura a «spazi di intervento che investono anche le dimensioni della volontarietà e della libertà» .
La solidarietà investe perciò anche le funzioni della Repubblica, sia con riferimento al dovere di «rimuovere gli ostacoli» che impediscono «il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese», sia con riferimento al dovere del cittadino di «svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività e una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società» .
Il principio di solidarietà non investe perciò solo il cittadino uti singulus, ma anche uti socius; riguarda cioè l'appartenenza di una persona ad una certa societas, coinvolgendo il modo di essere sia del singolo che della collettività in cui egli si realizza.
Anche lo Stato quindi - inteso a sua volta come soggetto esponenziale di una determinata collettività -, deve avvertire come compito proprio la promozione di interventi volti a rendere efficaci e concreti i valori costituzionali (tra i quali abbiamo visto esservi quello della pace). Deve perciò essere in grado di azionare le forme di una solidarietà pubblica , che muove dallo Stato verso i cittadini, tale da legittimare - e per certi versi imporre - scelte che possono sembrare audaci, qual è l'istituzione di un servizio civile nazionale, non solo autonomo per natura e diverso da quello militare, ma sostanzialmente distinto da questo, che concorre alla difesa della Patria con mezzi ed attività non militari, favorendo la realizzazione dei principi costituzionali di solidarietà sociale, promuovendo la solidarietà e la cooperazione, a livello nazionale ed internazionale, con particolare riguardo alla tutela dei diritti sociali, dei servizi alla persona ed alla educazione alla pace fra i popoli, partecipando alla salvaguardia e tutela del patrimonio della Nazione, contribuendo alla formazione civica, sociale e culturale dei giovani .
Utilizzando questa chiave di lettura, mi pare importante sottolineare il ruolo che, accanto al principio di solidarietà, gioca il principio laburista.
Tradizionalmente collocato in un contesto economico-sindacale , collegato al diritto al lavoro retribuito, il valore - lavoro sembra doversi configurare piuttosto come l'«affermazione del dovere di ogni uomo di essere quello che ciascuno può in proporzione dei talenti naturali, sicché la massima espansione di questa comunità popolare potrà essere raggiunta solo quando ogni uomo avrà realizzato, nella pienezza del suo essere, il massimo contributo alla prosperità comune» .
Il principio laburista può cioè essere inteso in un senso più ampio, considerando che la "Costituzione ha voluto attribuire [a questo principio] un valore primario dell'ordinamento, per un verso considerandolo come un momento fondamentale di realizzazione della persona umana [...]; per un altro, come attività cui il cittadino è tenuto per concorrere 'al progresso materiale e spirituale della società" .
Questa norma concepisce cioè il lavoro - fondamento della Repubblica, sia come diritto sia come dovere collegato alla possibilità ed alla scelta di ciascuno non solo per un proprio tornaconto, ma per concorrere al progresso materiale o spirituale della società.
In altre parole un lavoro concepito in una logica solidaristica, che non serva solo a se stessi, ma anche agli altri. Una norma siffatta «suppone uno Stato dotato di un modicum di eticità; e lo Stato italiano che è fondato sul lavoro, che esige dai suoi cittadini l'adempimento di inderogabili doveri di solidarietà, che è impegnato a realizzare una società di eguali, questo minimo etico sicuramente possiede» .
Mi pare che le osservazioni svolte, seppure iniziali ed ancora disorganiche, dimostrino l'importanza del collegamento che gli studi per la pace e il servizio civile già presentano, ma che possono ancora essere ulteriormente precisati ed approfonditi.
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