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 pubblicato il 23 novembre 2000

PESC e ruolo dell'Italia per una politica di stabilità in Europa

Intervento a Il dibattito parlamentare sul Consiglio europeo di Nizza. Il contributo degli istituti di ricerca
Roma, 13 novembre 2000, Camera dei Deputati
 
Istituto Affari internazionali (IAI)

Pubblicazioni Centro Studi per la Pace
Sito Internet - www.studiperlapace.it

 



 

I. Aspetti generali

- l'Unione Europea ha affermato la sua volontà di giocare un ruolo crescente, autonomo e/o in congiunzione con l'Alleanza Atlantica, per la gestione dei conflitti regionali e per estendere la stabilità e la pace sull'intero Continente e nell'area del Mediterraneo;

- al fine di ottenere una stabilità di lungo periodo, l'UE deve sviluppare politiche in grado di esportare e consolidare nel resto del Continente e nell'intera regione euromediterranea le basi di sistemi politico-istituzionali democratici che assicurino il rispetto dei diritti dell'uomo e contribuiscano ad estendere l'area di crescita economica e benessere economico e sociale;

- ma allo stesso tempo è necessario che l'Unione si doti di meccanismi in grado di contrastare le situazioni di crisi che possono mettere a rischio lo sviluppo della stabilità in Europa. L'obiettivo è quello di assicurare sia la prevenzione che la risoluzione dei conflitti prima che si estendano oltre l'ambito locale;

- fra gli altri strumenti, debbono quindi essere considerati anche quelli militari previsti dall'art. 17 del Trattato di Amsterdam (missioni Petersberg) e definiti al Consiglio Europeo di Helsinki (dic. 1999). Si tratta, come è noto, di forze di rapido impiego (50-60 mila uomini) per interventi di risoluzione dei conflitti e di mantenimento della pace. Occorre anche che l'UE intervenga con strumenti più incisivi per assicurare la componente civile del peace-keeping e l'amministrazione temporanea di territori;

- ma perché l'uso di questi strumenti sia effettivamente possibile e si inquadri in una più ampia strategia di prevenzione dei conflitti e di costruzione della pace e della stabilità, è necessario che l'Unione rafforzi le proprie istituzioni comuni. Esse debbono divenire insieme più efficienti e più democratiche, capaci di assicurare la guida e il controllo delle operazioni di pace e gestione delle crisi;

- va creata inoltre un'ampia base di consenso politico, sia interno che internazionale, per l'utilizzo degli strumenti a disposizione dell'UE. Per questa ragione, tra l'altro, è opportuno coinvolgere fin dall'inizio nelle decisioni anche i Paesi candidati all'adesione sia dal punto di vista politico che da quello più strettamente operativo in funzione di supporto a iniziative dell'Unione. E' opportuno a tal fine far riferimento all'esperienza di altre istituzioni (ad es. la PFP della Nato);

- l'Unione, se paragonata alle altre istituzioni di sicurezza europee - con l'eccezione delle istituzioni transatlantiche (Nato) - ha il compito di maggiore responsabilità e peso. Essa assomma in sé sia le politiche e i meccanismi di prevenzione dei conflitti (aiuti economici, Patto di stabilità, ecc.) che quelli per la loro risoluzione (diplomatici ed economici e in un prossimo futuro anche militari). Si tratta di dare una coerente e adeguata base istituzionale a queste crescenti responsabilità dell'Unione;

- l'assunzione di maggiore responsabilità da parte dell'Unione nel campo della sicurezza richiede una chiarificazione della complementarietà Nato/UE, accettata in teoria, ma ancora da esplicitare nella pratica, specialmente per quanto riguarda le missioni "fuori area";

- sul fronte della Russia invece il problema è il suo grado di coinvolgimento in quadro europeo di cooperazione economica e di sicurezza, come abbozzato nella prima strategia comune dell'Unione, dedicata appunto alla Russia;

- le Nazioni Unite si sono rivelate incapaci ad effettuare con successo operazioni di peace-keeping nel continente europeo. Anche ciò richiede che l'UE si attrezzi per svolgere un ruolo autonomo in relazione alla sicurezza collettiva, nel quadro del capitolo VIII della Carta delle Nazioni Unite, facendo leva su più sistematici rapporti con la Nato.


 

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II. Al di là di Nizza

- al prossimo Consiglio europeo di Nizza, il tema della sicurezza e della difesa non sarà direttamente trattato;

- rimarranno quindi irrisolti numerosi problemi di funzionamento istituzionale, fra cui quello fondamentale della coesistenza di diverse procedure ed organismi nel campo economico, della politica estera e militare;

- in particolare vanno chiariti i rapporti fra strategie comuni e azioni comuni, anche in relazione alla procedura di voto, nonché le varie categorie di azioni umanitarie e gli organismi competenti per la loro attuazione;

- inoltre va chiarito se sia necessario mantenere la regola dell'unanimità ( e quindi il diritto di veto) per le azioni nel campo della difesa o se non sia opportuno estendere il meccanismo della astensione costruttiva e/o del voto a maggioranza anche alle decisioni nel campo della difesa;

- infine se a Nizza dovesse essere decisa l'estensione del meccanismo della cooperazione rafforzata anche al secondo pilastro e cioè alla politica estera e di sicurezza comune (PESC), bisognerà esaminare l'opportunità di applicare lo stesso principio anche alla politica di sicurezza e difesa comune (PESDC);

- rimangono poi sullo sfondo importanti problemi procedurali, quali il ruolo dell'Alto Rappresentante, la sua Presidenza sul Comitato Politico e di Sicurezza (Cops), i suoi rapporti con il Comitato Politico, nonché con la Presidenza di turno da una parte e con la Commissione dall'altra, l'ampiezza dei mandati da attribuirgli nei negoziati, il bilancio a sua disposizione, ecc. Tutti problemi che non richiedono necessariamente revisioni del Trattato UE, ma che devono essere rapidamente risolti se si vuole rendere più efficace e trasparente il processo decisionale nel campo della sicurezza e difesa;

- da ultimo rimane aperto il tema potenzialmente dirompente del contesto istituzionale nel quale collocare l'art. 5 del Trattato dell'Ueo (clausola di difesa collettiva), se inserirlo cioè nel Trattato UE oppure in un protocollo ad hoc. Va chiarita a tal fine la posizione dei membri (ad es. Austria) e candidati (Malta) neutrali. Se la proiezione dell'UE verso l'esterno richiede che l'Unione accentui e accresca il ruolo di istituzione per la sicurezza collettiva, la sua progressiva trasformazione in un'entità confederale postula che essa assicuri la difesa collettiva dei suoi membri.


 

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III. Ruolo e interessi dell'Italia

- il nostro Paese è nella scomoda situazione di essere frontiera di un ampio arco di crisi Sud e Sud/Est ed ha quindi tutto l'interesse a trasformare questa posizione geostrategica in un fattore condiviso di politica europea;

- è anche nostro interesse che questi problemi di sicurezza siano affrontati in un quadro di regole comunitarie (cioè all'interno della cornice dei Trattati) e non sulla base di iniziative caso per caso da affrontare sulla base di interessi nazionali contingenti;

- la nostra forte dipendenza dal quadro di sicurezza garantito dalla Nato, in particolare nei Balcani e nel Mediterraneo, è garantita dalla continuità e dalla portata dell'impegno americano nell'area. In prospettiva, tuttavia, dobbiamo scontare la forte probabilità di un mutamento della strategia degli Stati Uniti, volta a diminuire la qualità e la quantità del loro impegno in Europa, in particolare in termini di forze stanziali e di forze impegnate nelle operazioni di gestione delle crisi. A maggior ragione quindi siamo fortemente interessati ad un consolidamento della posizione strategica e delle capacità operative europee;

- ed infine va sottolineato che una estensione e comunitarizzazione delle politiche di sicurezza e di difesa è in linea con la nostra tradizionale volontà volta ad approfondire il processo di integrazione politica dell'Unione.


 

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Nel campo della sicurezza e difesa europea, l'Italia dovrebbe quindi proporre che l'Unione:

- adotti a Nizza il principio della cooperazione rafforzata nel secondo pilastro (PESC);

- avvii subito dopo i necessari adattamenti procedurali per permettere la chiarificazione del quadro politico-istituzionale entro cui verrà ad operare dopo il 2003 la Forza di rapido intervento decisa ad Helsinki;

- avvii già subito dopo Nizza una riflessione sull'estensione delle regole della PESC anche alla PESDC (cooperazioni rafforzate, astensione costruttiva, ecc.);

- includa i temi della difesa nell'agenda della nuova Conferenza intergovernativa da tenersi alla vigilia del prossimo allargamento;

- coinvolga i paesi candidati all'adesione nelle riflessioni per la futura riforma;

- mantenga un dialogo aperto con Stati Uniti e Russia sulle finalità e gli strumenti della PESDC;

- acceleri il consolidarsi del processo di consultazione e cooperazione tra Nato e UE;

- approfondisca l'iniziativa della difesa europea anche con la individuazione di "obiettivi di convergenza" (sia qualitativi che quantitativi) volti ad accrescere l'interoperabilità delle forze europee. Tale iniziativa dovrà andare di pari passo con lo sviluppo di un mercato interno europeo della difesa e di un sistema comune di acquisizione degli armamenti, a partire dalle iniziative già in corso quali in particolare l'Occar (Organismo congiunto per la cooperazione in materia di armamento);

- adotti, al Vertice di Nizza, una dichiarazione, da allegare all'Atto Finale della Conferenza, che riprenda i punti che dovranno essere oggetto di riflessione nel dopo Nizza.

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